sabato 31 marzo 2012

Torta Tapina


Troppe cose in ballo, un conto che finalmente si chiude, una porta che sbatte, altre che si apriranno... Sì, la vita non inizia a quarant'anni: semplicemente, non si ferma mai... Se solo potessi stare un po' calmo...
E che faccio allora per sedare le mie ansie? Cucino, no? Questi giorni sono preso dal furore culinario...
Il mio vicino mi ha suonato dicendomi: "Sei tu che spandi questo profuno per le scale del palazzo?"
Beh, sì, cucinare, e i dolci soprattutto, mi rilassa, mi impegna.
Specie in periodi come questo...
Qui ci vuole una bella torta, bella cremosa, una di quelle che fanno dire: mmmmhhhh....sì... sì... ancora... di più... di più... Un po' come Meg Ryan in Harry ti presento Sally... Avete presente? Ecco, una cosa del genere.
Allora, qui ci vuole qualcosa di nuovo, di fresco...  Magari frutti di bosco... Magari limone...
E che è una coppa gelato? Ma no, è Lei:

 
Poverina, non ha nemmeno un nome, tapina... Tapina?
Ma sì: torta Tapina!



Servono:
Un pandispagna al cacao da due uova, per uno stampo da 15 cm di diametro. Nella fattispecie:
2  uova
60 g zucchero
40 g farina
20 g cacao
Per la lavorazione del pandispagna vi riporto qui.
Ora, mentre il pupo si fredda sulla gratella prepariamo le farciture...
Mhh... È una prova, un esperimento, una sfida, come sempre.
Montare 250 ml di panna e tenetela in frigo, in attesa che venga il suo turno.

Farcia ai frutti di bosco.
Servono 250 g di frutti di bosco, anche surgelati.

2  fogli di colla di pesce
Preparare una Crema al latte.
Aggiungere i frutti di bosco e mettere in frigo, in attesa.

Farcia al limone.
125 g  zucchero
50 g   farina
Succo di 3 limoni, filtrato bene, e la scorza grattugiata di due di loro...
2  fogli di colla di pesce
In una pentolina stemperare la farina e lo zucchero col succo dei limoni, far addensare a fuoco basso per qualche minuto.
Quindi, come sopra, aggiungete la colla di pesce fatta ammollare in acqua fredda. Strizzatela, versatela nella nostra crema e mescolate bene.

Preparate anche una bagna per la nostra Tapina:
mezzo bicchiere d'acqua
due cucchiai di zucchero
un dito di Strega
Fate bollire per qualche minuto e poi far raffreddare.

Ora prendete il pandispagna, tagliatelo in tre fette e preparate un ambaradam del genere:


E che d'è? Il mio anello per dolci non arriva a 15 cm quindi ho dovuto usare lo stampo a cerniera (senza il fondo), nel quale ho messo un bel foglio di acetato (sì, ce l'hanno in cartoleria, ma io me lo faccio dare dal fruttivendolo, che se lo ritrova nella cassetta della frutta...). Lo fisso con due attaches e metto il primo disco di pandispagna alla base.
Lo bagno con un pennello da cucina imbevuto di bagna e...
Alla crema di frutti di bosco unisco, delicatamente, metà della panna, piano piano, dal basso verso l'alto, così, bravi.
Ora verso 'sto ben di dio sul primo disco di torta, vi posiziono il secondo disco e lo bagno come sopra.
Prendo la crema al limone, vi unisco l'altra metà della panna e via, lo schiaffo sopra alla torta.
Uff... ci siamo quasi.
Ora vi rimane un ultimo disco e che ci fate? No, non un cappellino, scemotte.
Ci coprite la crema al limone, no?
Bene, ora fate rassodare in frigo per almeno un paio d'ore.


Nel frattempo preparate il topping.
Io ho usato il succo di scongelamento dei frutti di bosco, ma voi potete usare anche dell'arancia spremuta, della purea di fragole, quello che volete.
Fate uno sciroppino con questo bicchiere di liquido, due cucchiai di zucchero e, indovinate un po'...
Sì, altri due fogli di colla pesce messi precedentemente ad ammollare in acqua fredda.
Quando saranno passate le due canoniche orette, prendete la nostra bimba, controllate che il disco di acetato sia bello aderente alla torta e verserete il liquido che avrete preparato.
Io ho spennellato la superficie del dolce con della marmellata ai frutti di bosco, ho aggiunto per decorare una spirale di fette di fragole e ho ricoperto con il liquido gelatinoso.
Bene, ora rimettete in frigo per un'altra oretta almeno.
Non avete fretta, vero? E direi...
Sentite col vostro ditino santo se la superficie del dolce sia bella gelatinosa.
Bene, togliete dal frigo, via il disco, con un coltellino affilato girate intorno alla superficie del dolce per farlo staccare senza fare danni  e togliete anche il foglio d'acetato.
Avrete una Tapina nuda, pronta ad essere vestita non da Yves Saint-Laurent ma da un bel velo di marmellata di more (o frutti di bosco fate voi) alla quale farete aderire delle codette di zucchero.


Bene, sedete e ammiratela, Tapinella nostra... Non è un amore? Ma sarà anche buona?
Facciamocene una fetta, allora, e tagliamo la testa al toro.


 
Detto romano del giorno:
Quanno ciài prescia er diavolo ce se mette.

Quando hai fretta accadono gli imprevisti peggiori.

Oggi ascoltiamo:
Mercedes Sosa-Todo Cambia

http://www.youtube.com/watch?v=hf2cnIDyKL8&feature=related

Cassandra, la torta alla quale nessuno credeva

Zucchine e cacao? E che c'entra? Me lo sono chiesto anche io, che di solito mischio, invento, provo, con l'unico intento di divertirmi senza troppe coliche  aggiunte.
Questa però m'era nuova.
E veniva anche da una fonte autorevole: l'Enciclopedia dei dolci della Biblioteca di Repubblica.
Ora, voi ve la magnereste? No, eh?...
E se magari fosse bona? Sì, vabbè...
Oh, senti, basta: la provo! Al limite espierò la colpa mangiandomela legata al tavolo di cucina come l'Alfieri a quello dello studio...
E sai che nova c'è? La chiamerò Cassandra, la torta alla quale nessuno credeva...
Certo che Cassandra prediceva le sfighe più terribili... Mah!



Non sono mica un bacchettone coi paraocchi, eh? 
È solo che ho imparato, strada facendo, che la Pasticceria è composta dai quattro elementi: farina, latticini, uova e zuccheri.
Qui, in torte tipo questa almeno due elementi si perdono per strada, mentre altri li ritroviamo trasformati in strutture già formate e che utilizziamo già pronte e fatte, come vedremo.
Allora, servono:

3        zucchine medie (300 g circa)
75 g   cacao
3        uova
75 g   biscotti tipo Novellini
150 g amaretti
50 ml rhum (altri 50 ve li bevete in corso d'opera, per dimenticare il danno che state facendo...)
50 g  zucchero

Basta così? Ebbene sì.
Allora: in primis lessare in acqua bollente e salata le zucchine fin quando diventeranno cedevoli alla forchetta. Quindi le farete raffreddare e le frullerete.
Nel frattempo avrete triturato i biscotti, separatamente, così da non avere granulosità dovute alla differente consistenza, e li porrete in una terrina.
Qui aggiungerete il cacao, lo zucchero, le uova, che sbatterete con una forchetta, e il rhum.
Ah, certo, anche le nostre belle zucchine, ridotte in purea...
Orbene: mescolate tutto, respirate forte e credete in quello che fate.
Se non ci credete voi, chi lo farà al vostro posto?
Bene, imburrate una teglia da 18, 20 cm di diametro.
La ricetta originale riportava la dose doppia ma non ho voluto rischiare.
Che faccio dopo, invito gli Achei a cena e gliela propino dopo l'arrosto di capretto?
No, no, facciamo una provina tra noi, alla buona.


Mentre la torta cuoce in forno a 180°, dove starà per un'oretta, che faccio?
E se mi caramello delle fettine di zucchina per decorare la mostriciattola?
In una padella metto il succo di un'arancia, due cucchiai di zucchero e faccio sciogliere bene, poi vi immergo le fettine di zucchina e le faccio caramellare, ossia cuocere finché lo sciroppo si ritiri quasi del tutto e le fettine diventino quasi trasparenti...
Quindi le faccio asciugare su un foglio di carta forno.
E se fossi il discendente di Lucrezia dei Borgia? Mi sa tanto...

La torta è cotta, lo stecchino lo conferma, la faccio freddare, la rovescio e la cospargo con le fettine di zucchina e un riso malefico mi storce il viso, pipistrelli impazziti si aggirano terrorizzati per la cucina e io con il coltello in mano mi accingo alla prova...
Ah, ah... E certo, dovevo pensarci: la consistenza è simile alla torta di pane (la posterò prima o poi), quindi non vi aspettate una  torta spugnosa, un ciambellone, per capirci. Niente di tutto questo
È una torta compatta, che lasci in bocca il sapore del cacao, delle zucchine e degli amaretti in un connubio che direi quasi interessante...
Se non fosse che nessuno ci crede la farei assaggiare in giro ma rischio di essere preso per il solito rompiscatole petulante che vuole ammollare una fregatura..
Pazienza... Vieni qui, Cassandra mia, sei tutta mia e me te magno io!...


Detto romano del giorno:
L’uccello ammaliziato nun dà retta a la ciovetta.

L’uccello smaliziato non dà retta alla civetta.


Avete mai sentito cantare in lingua bretone? No?  Beh, ecco un'altra cosa nuova da fare.
Il brano è accompagnato dalla voce fatata di Lisa Gerrard.

Oggi ascoltiamo:
Denez Prigent & Lisa Gerrard Gortoz A Ran - J'attends

http://www.youtube.com/watch?v=b7HKktNbUCQ&feature=related


Ah, non cercate di comprendere in che lingua canti la nostra Lisa: è idioglossia, un insieme di suoni senza senso che danno però una suggestione profonda al suo canto.
Un po' come le zucchine col cacao: non c'entrano niente insieme tra loro... però...

mercoledì 28 marzo 2012

Che magnifica presenza!

Ovvero: Biscottini speziati.

Fior de vurcanooo,
so tutti belli i fiori der giardino
ma più bello de tutti è Elio Germanooo
fior de vurcano...


A parte gli scherzi e gli stornelli: ma quant'è bravo Elio Germano!
L'avevamo visto nei film di Lucchetti, in parti da fascistello de borgata (Mio fratello è figlio unico) o del giovane padre che si ritrova precocemente vedovo (La nostra vita). Personaggi nella loro virilità anche un po' rudi, un po' paraculi, adatti insomma a quella sua bella faccetta da sgrinfio. 

Qui Özpetek lo propone come un giovane aspirante attore della periferia catanese, che piomba a Roma per inseguire il suo sogno e un amore che... No, non ve lo dico.
Dico solo che la tenerezza e il candore che Elio è riuscito a mettere nel sorriso di Pietro Ponti, le sue espressioni, i suoi gesti, le sue manie: già tutto questo rende questo film indimenticabile.
Di quel sorriso anche un eterosessuale si potrebbe innamorare.
Nel film, infatti... Oh, basta, e andatevelo a vedere... Questo film è una gioia per gli occhi.
E poi ci sono le presenze altrettanto magnifiche di Mauro Coruzzi nei panni (pochi) della Badessa (e uno stuolo di fatate trans-sartine), della gelida e ardente Lucrezia Valia, del fiorentino Gianluca Gori, alias Drusilla Foer (non sapete chi è?... Un'icona di stile e ironia che ci regala una delle frasi più memorabili del film: "Tesoro, se riesco ancora a credere in me stessa figurati se non credo nei tuoi fantasmi!").
E per un food-blogger è da segnalare la presenza della mitica pasticceria Andreotti all'Ostiense. Ricordate la "Finestra di fronte?": "Oggi i dolci non mi riescono bene" diceva il vecchio pasticcere Veroli (Massimo Girotti) di fronte a una tavola imbandita di mille meraviglie. Ecco: molti di quei dolci venivano da là...

Beh, per andare al cinema dopo tanto tempo (chi non ha occupazione fissa deve centellinare le sue uscite, mica si può scialaquare qui, eh!), visto che non sopporto i pop-corn, mi sono fatto un bel cartoccio di biscottini da sgranocchiare nel buio della sala, tra una risata e una lacrima.
Sì, lo so, i biscotti speziati si mangiano a Natale... Sai che novità.
E qui la mia povera mamma, vedendomi fare una delle mie solite cose fuori luogo, avrebbe detto che io, come sempre, vado in c.... alla stagione. Che avrà voluto dire? Boh...


Questa la dose:
350 g  farina
150 g  miele
150 g  burro
150 g zucchero
1     uovo
1   cucchiaino di cannella in polvere
1/2 cucchiaino di chiodi di garofano tritati finemente.
1   cucchiaino di bicarbonato.
Lavorare farina e burro ben freddo a pezzetti, facendo le sabbiature.
Unire lo zucchero, il miele, le spezie e il resto degli ingredienti.
Lavorare bene per rendere omogenea la pasta e poi, avvolta in un velo di pellicola, fatela riposare in frigo per almeno un'oretta.
Quindi stendetela non troppo sottile, metti un 5 mm almeno, dategli le forme che preferite e via in forno caldo a 180° per 5, 6 minuti. Non devono scurire troppo ma raggiungere un colore ocra scuro...

Appena freddi li potete chiudere nella classica scatola di latta e farvi un tè con le amiche, premurandovi di invitare anche la sora Drusilia.
Non si sa mai che si degni di venire...


Nella vita di ognuno c'è, prima o poi, una magnifica presenza...

Detto romano del giorno:
La luna nun abbada si j’abbaja er cane.

La luna non dà peso all’abbaiar dei cani.

Oggi ascoltiamo:
Paola Turci e Paolo Fresu - Dio come ti amo

martedì 27 marzo 2012

Crostata al mirto.

È più forte di me...
Lei mi guarda curiosa e altera, in silenzio, lontana, oltre il mare.
Io la guardo come un figlio ritrovato, come un fiore portato in un'altra terra in un tempo remoto ma che ancora sente il profumo del posto dov'è nato; la guardo come se quest'amore possa ricongiungermi in un altrove mitico che, lo so, non esiste: non so nulla del mio DNA, e per celia mi fingo una nonna sarda, una di quelle invincibili donne isolane dallo sguardo fermo e dal cuore ardente.
Come posso spiegarmi sennó l'amore che mi lega a questa terra a me, romano e cosmopolita, così poco avezzo alle radici?
Sarà il profumo dell'aria, il suono delle voci che la vivono, i colori così mutevoli della sua natura.
Deo so sardu in su coro...
E dopo tutte 'ste emozioni facciamoci un dolcetto, va...
Una bella crostata, sì, ma al mirto.



Preparare una frolla come da manuale, e fatela riposare la canonica mezz'ora.
Bene, ora al via con una crema bella soda, che regga la cottura in forno.
Servono:
200 ml   latte
75 g     zucchero
40 g     farina
1        uovo intero
50 ml    liquore a piacere (indovinate quale? Bravi, quello).
Ah, io di solito metto anche due gocce di colorante rosso perché il colore bluastro delle bacche (blu di mitilene? Sbaglio?) tende ad far assumere alla crema un colore grigiastro, poco invitante. Ma è bona lo stesso, eh!
Battere l'uovo con lo zucchero, quindi aggiungere la farina.
Versare il latte mescolando bene. Unire poi il liquore.
Far rapprendere a fuoco bassissimo mescolando sempre...
Cantatevi una canzone, mentre girate il cucchiaio di legno o col frustino, senza posa.
Una che preferite, la crema tanto vien bene lo stesso.
Farla bollire per 5, 6' e farla raffreddare.
Giratela ogni tanto per evitare che formi la pellicola.

Passata la mezz'oretta? Bene, prendiamo la pasta e stendiamola sulla spianatoia, non troppo sottile (4 mm circa , ma non siate fiscali...) e trasferiamola nello stampo.
Solita trafila delle crostate: una bella aderenza allo stampo, un pareggiamento del bordo, il riempimento con la farcia e la decorazione del bordino di pasta.
In forno a 180° per una mezz'oretta, almeno fino a doratura.
Ah, se vedete la crema gonfiarsi come un pallone non vi allarmate, una volta fredda tornerà nei ranghi. L'importante è che non riempiate troppo il fondo di pasta sennó rischiate di far fuoriuscire la crema.
Io ci stavo quasi... Vabbè, mica sono pasticcere, io...
 


Detto sardo del giorno:
Prestu et bene, non andant mai bene.

Presto e bene, non vanno mai insieme.

Oggi ascoltiamo:
Tazenda - Frore in su nie

http://www.youtube.com/watch?v=ro0D3kfo80Q 

A proposito di questo brano, sentite il testo. 

Vi allego la versione in italiano della parte cantata in limba:

Sono come una foglia al vento,
Come fiore nella neve,
Come nuvola in questi cieli
Gravidi di pioggia e di affanni.
Io senza una strada e con molti pensieri
Io senza rispetto e senza “me”.
Cento desideri così,
Cento inquietudini,
Cento volte, ogni giorno.
Mille e un giorno così,
Mille testamenti,
Mille e uno pentimenti.
La notte scorre fuggendo,
Correndo come i sogni miei,
La notte scorre facendo
Uccidere i miei nemici.
Io dentro i silenzi di dio
dentro al mio cuore,
Le mani ancora unite così,
Che sembrano in preghiera.
Io contro il tempo, il tempo contro di me,
Io come fiore nella neve.
Cento desideri miei,
cento pentimenti,
cento volte insieme a te.
Mille e un giorno ancora qui,
mille testamenti,
mille volte insieme a te....
e non ci lasceremo mai
in questo o all’altro mondo...
e non ci stancheremo mai
nel cielo più profondo.
e non ci perderemo mai
nel buio dentro il sogno...
e non ci lasceremo mai
insieme fino in fondo.

Sentito la voce di Andrea Parodi? Magica, carnale, forte e dolce... 

Dà i brividi ogni volta che la si sente. Questa è la MIA canzone di sempre.

sabato 24 marzo 2012

Brendi una Dorda... Una torta al Brandy.

No, non sto facendo dello spirito facile scherzando sulle razze umane.
È cosa da stupidi, si sa, come ridere di chi cade su una buccia di banana.
Questo, davvero, non sta bene.
E poi le razze umane non esistono, ne esiste una sola, almeno finché potremo continuare a incrociare allegramente tra di noi i nostri geni, mescolando colori e fogge, e dandoci nuove abitudini.
In realtà parlo col naso solo perché sono raffreddato, mannaggia la pupazza...
Stare così in primavera è davvero fastidioso: l'aria calda istiga a uscire, a sentire il suo sussurro sulla pelle e invece... invece... inveceee.... etciùùùù! Uffa...
Quasi quasi mi faccio un dolcetto, anzi lo invento e poi lo propino alla mia cavia, il mio amico e vicino di casa Elio.
Alzi la mano chi, amando cucinare, non ha mai avuto una "cavia".
Quella che avevo di solito ha preso il via qualche tempo fa (e non a causa della mia cucina, maligni che non siete altro...) e quindi per avere dei pareri spassionati occorre trovare altri amici e altre papille disponibili.
Beh, vedremo che dirà l'assaggiatore ufficiale.



Torta al Brandy.
150 g   farina
100 g   burro
100 g   zucchero
1       uovo
2 cucchiai di miele
(e non fate i tirchi, per queste cose usate quello buono... Il miele è come l'olio e il caffè: dev'esse bbono)
40 ml   Brandy (anche qui: aprite la bottiglia di zio Aristide, non usate quello della fiaschetta ascellare di zia Cleope...)
1 cucchiaio di scorze d'arancia candite tritate
1/2 bustina di lievito in polvere
1 pizzico al braccio per restare svegli e uno di sale per la torta...

Lasciare a macerare per un'ora le scorzette d'arancia nel Brandy.
Lavorare il burro pomata (basta lasciarlo a temperatura ambiente per una mezz'ora, o per un minutino al microonde in fase scongelamento) con lo zucchero.
Unire l'uovo e mescolare bene con la frusta.
Aggiungere il miele, il Brandy e le scorzette e, pian piano, la farina bella setacciata.
Questa dose basta per due mini-teglie da 14cm oppure uno stampo unico da 20cm.
Ah, se siete single compratevi teglie di piccole dimensioni, sennó ogni volta occorre sbafarsi un tortolone gigante da 24 cm di diametro almeno... e poi chi vi sente? 
Non mi entrano i pantaloni!!! Come faccio col costume???
Cuocere a 180° per una mezz'ora, prova stecchino (o spaghetto) permettendo.
Fare raffreddare bene su una gratella e preparare una farcia.
Mhhh... quale faccio? E se provassi una Fudge al cioccolato?...

Crema Fuggi-e-vai (nel senso che poi occorre fuggire e farsi dodici giri di palazzo in corsa per smaltirne le calorie...)
150 ml   latte condensato
100 g    cioccolato fondente
40 g     burro.

Ora, se non volete comprare il latte condensato siete padronissimi di farvelo a casa... 
E come? Ma così, no?:
125 g   zucchero a velo
90 g    latte
15 g    burro
Mescolate bene lo zucchero al velo col latte, scogliendo tutti i grumi che si formeranno, unire il burro e mettete sul fuoco. Fate bollire per 8, 10' a fuoco bassissimissimo... deve solo sobbollire, placidamente, senza attaccarsi.

Ora unite al nostro latte condensato fatto in casa il cioccolato a pezzetti e il burro e mescolate bene bene.
Fate raffreddare a temperatura ambiente prima di utilizzare.
La crema Fuggi-e-vai rimessa in frigo si rapprende e assume una consistenza... mhhhhhh deliziosa....
Una volta farcita la nostra creatura con uno o due strati di crema Fuggi la poniamo a riposare un quarto d'ora in frigo.
Eh sì, è stanca, ne ha passate di cotte e di crude, povera stella...

Intanto pensiamo a er sopra. Che ci metto?... Boh...
E se provassi a fare una glassa al cioccolato bianco, visto che non ci ho provato mai?
Magari, chissà, ci sta pure bene.
Tanto, 15876 Kcalorie per mg in più o in meno, che volete che sia...

Glassa al cioccolato bianco.
100 g   cioccolato bianco
100 g   zucchero a velo
45 g    burro
50 ml   panna liquida.
Mascolare in una pentola la panna con lo zucchero e il burro. Fate cuocere per qualche minuto.
Aggiungere il cioccolato bianco a fuoco spento e farlo sciogliere bene, mescolando continuamente.
Far freddare un poco (almeno a 35°) per utilizzarla.
Una bomba...

Poniamo la creatura su una gratella (io uso quella del microonde), mettendoci sotto una scodella per far colare la glassa in eccesso e così, piano piano, versare la glassa uniformemente sul dolce.
Se occorre fate riposare qualche minuto in frigo e ripetere l'operazione.
Far rapprendere in frigo la copertura e poi... aprite le danze!

Ah, ora che ci penso, una volta rappresa la farcia e la glassa il dolce va tenuto a temperatura ambiente, come la Sacher (lo sapevate, no?, che non va MAI messa in frigo?... Bene!)
Cosa? Avete paura che si guasti con 'sto caldo? Che scateni orde botuliniche mortali?
Abbiate fiducia durerà così poco (da Natale a Santo Stefano, diciamo qui) che non ne avrà materialmente il tempo.
Me ne prendo una fetta e ad occhi chiusi l'assaporo sentendo la voce di Lisa Gerrard...


Ah, cos'ha detto la "cavia"? "Aho, bbona... pare una merendina!"
Sì, una di quelle che ti tentano tre volte tanto.
Riuscendoci senza fatica.

Detto romano del giorno:
Nun sempre ride la moje der ladro.


Oggi ascoltiamo:
Dead Can Dance - Sanvean

http://www.youtube.com/watch?v=Ttt1ks991Dk

Pasta del cavolo alla siciliana

Sto rileggendo per l'ennesima volta "L'arte della gioia" di Goliarda Sapienza.
Attrice e scrittrice, Goliarda era un personaggio straordinario, a detta di chi ha avuto il privilegio di conoscerla. 

Libera , curiosa della vita, con un carattere bello tosto, come solo le nostre isolane sanno avere.
Il suo libro più famoso rimase per anni nel cassetto, rifiutato da tutte le più note case editrici, le stesse che ora, dopo la sua morte, si litigano quel prezioso baule di manoscritti, e solo con l'impegno del suo compagno è stato pubblicato e si è imposto all'attenzione dei lettori.
Il romanzo racconta di Modesta, una donna che costruisce giorno per giorno la sua vita, che lotta contro pregiudizi secolari che la vogliono relegare a un ruolo che non sente suo, che vive il suo presente con l'obiettivo di imparare l'"arte della gioia".
Perché la gioia è un'arte, è uno strumento che si può imparare a suonare, sbagliando, stonando mille volte, perdendo treni importanti ma che sta là, in attesa soltanto che abbiamo il coraggio di metterci sopra le mostre mani e provare.
Senza cedere mai.
Un libro meraviglioso, come la terra di Sicilia.
Che potevo fare per celebrare la sicilianità che mi sento rivivere dentro girando tra le pagine di questo romanzo?
Ora che l'inverno è passato e ancora qualche cavolo bianco si aggira  triste e solo sui banchi del mercato bisogna fare in fretta, non perdere nessuna occasione, e farci una bella pasta...
Me la insegnò la sora Vincenza, detta Maria, mia vicina di un tempo; una donna che dopo svariati decenni manteneva ancora la sua bella carnagione e il suo marcato accento siculo.

Lessare un cavolfiore bianco e sminuzzarlo con la forchetta.
Preparate un soffritto di cipolla, un cucchiaio di passata di pomodoro, pinoli, uvetta, zafferano e un paio d’alici sminuzzate.
Aggiungere il cavolo e del peperoncino e cuocere per 5'.
E con questo ben di dio ci condiamo
ziti, bucatini, rigatoni, qualsiasi cosa...

Detto siciliano del giorno:
Dissi ' u vermi a nuci: dammi tempu cca' ti spirtusu.

Disse il verme alla noce: dammi tempo che ti buco.

Oggi ascoltiamo:
Giuni Russo e Franco Battiato - "Strade parallele (Aria siciliana)"

http://www.youtube.com/watch?v=RtUS1s-cJqc



Duminica jurnata di sciroccu
Fora nan si pò stari
Pi ffari un pocu ‘i friscu
Mettu ‘a finestra a vanedduzza
E mi vaju a ripusari
Ah! Ah! ‘A stissa aria ca so putenza strogghi ‘u mo pinzeri
Ah! Ah! ‘U cori vola s’all’umbra pigghi forma e ti prisenti
nan pozzu ripusari.
‘U suli ora trasi dintr’o mari
e fannu l’amuri
‘un c’è cosa cchiù granni
tu si la vera surgenti
chi sazia i sentimenti
Ah! Ah! ‘A stissa aria ca so calura crisci e mi turmenta
Ah! Ah! ‘U cori vola sintennu sbrizzi d’acqua di funtana
‘ndo mo’ jardineddu mi piaci stari sula.
Ah! Ah! ‘A stissa aria ca so calura crisci e mi tormenta
Ah! Ah! ‘U cori vola sintennu sbrizzi d’acqua di funtana
‘ndo mo jardineddu mi piaci stari sulu
mi piaci stari sula 


Le sentite le cicale, il caldo opprimente, la frescura e la quiete del giardinetto?


Grazie Giuni...

giovedì 22 marzo 2012

No la giamedas Panada...

Voglia di Sardegna, a tutti i costi...
Sì, anche quello di profanare qualche tabù culinario, che so, quello delle Panadas.
Ma la cucina, in fondo, ha tabù? Non mi pare proprio. Alla fine è solo una questione di nomi.
Vuoi fare il Pandispagna col burro? Bene, chiamalo Torta Margherita, che è il suo nome.
Vuoi fare la Sacher col mascarpone? Bene, chiamala pure Sacherpone, visto che è un'altra cosa...
Vuoi fare l'Amatriciana con la cipolla? Bene, chiamala Crognaleta, che sta là vicino...
Tanto i nomi sono etichette e, alla fine, basta capirsi sulla sostanza.

Quindi, torno con una gran voglia di provare a fare le Panadas.
Ma qualcosa non torna: in definitiva non tollero molto lo strutto, e l'agnello come ripieno? O, peggio l'anguilla?...
Mhhh... Cambio ricetta?... 
Leggo, studio, mi informo e scopro che, in fin dei conti, la pasta è una simil-pasta brisée, che il ripieno è adattato alla realtà locale e che, soprattutto, bisogna fare un bel po' di prove...
La Spagna dominò in Sardegna per quasi quattrocento anni (ecco perché nella lingua sarda si sono aperte ventanas, sono entrate le mariposas posandosi sulle caras delle muzeres... e con loro tante altre belle parole ispaniche) e ovviamente le panadas sono frutto della commistione culturale. Come quella che s'è verificata in Sicilia, dove insieme alla carne di manzo si uniscono le mandorle, il cioccolato di Modica e si chiamano mpanatigghi.

Come faccio? Come faccio? Come faccio?
Intanto preparo una simil-brisée.
Simil, perché sembra vada lavorata fino ad ottenere un impasto elastico e questo mi ricorda che, a differenza della frolla e della sorella glucolesa, la brisée, qui la presenza del glutine non inficia nulla. Anzi...
Quindi:
500 g  farina
200 g  burro
(di strutto ce ne vanno 150g ma il burro contiene il 20% in più acqua rispetto all'olio e allo strutto, quindi bisogna tenerne conto)
Un pizzico di sale, acqua q.b.
Bene, impasto il tutto e faccio riposare per la classica mezz'ora.
E il ripieno?
Beh, l'ideale sarebbe un bel misto bovino-ovino a pezzetti e ben condito.
Ma se usassi quel bel pacchetto di macinato di manzo che mi guarda dal frigo?
Se ne avrà a male l'ERPPP (Ente Regionale per la Protezione della Purezza delle Panadas)? Spero proprio di no... 

Signori, qualora vogliate rigarmi la macchina fate pure: tanto non la possiedo...
Proviamo, proviamo...
Mh, guarda qua: ho anche un bel carciofo lessato e pronto all'uso...
Prendo:
350 g  polpa di manzo macinata
1      scalogno tritato
2      spicchi d'aglio tritati

(dovete baciare qualcuno stasera? No? Procedete pure, sennò costringete il partner a mangiare la stessa cosa...).
Sale e pepe q.b.
Mescolo bene il tutto, divido l'impasto in tre e...
In uno vi mescolo il mio bel carciofetto sminuzzato.
In un altro vi do una grattatina di zenzero e una punta di noce moscata (l'effetto dei bao-zi ancora è nell'aria...).
Nell'ultimo... lo lascio così com'è.
Ah, a parte, furtivamente, pelo una patata media, la faccio a fettine sottili e la lascio in acqua fredda per non farla annerire. Poi gratto due cucchiaiate di buon pecorino romano e sminuzzo con la mezzaluna delle foglie di rosmarino...
E qui si compie il misfatto...
Passata la mezz'ora canonica per la pasta? Sì? Bene, stendiamola e ricaviamo due serie di dischi, uno con una tazza e l'altro con un bicchiere, tanto per capirsi sulle proporzioni.
Nel mio caso li ho fatti abbastanza piccini, perché volevo provare diversi sapori.
Il sovracitato ERPPP consente diverse misure...
Prendiamo il disco grande, lo poggiamo nel palmo della mano a conca e lo riempiamo con un generoso cucchiaino d'impasto; quindi lo copriamo col disco più piccolo. E ora viene il bello: si devono far aderire i lembi dei due dischi pigiandoli tra le dita e poi, una volta creato un bel bordino, lo si può attorcigliare per formare un bel cordoncino.
Sì, io dovò fare un bel po' d'esercizio... 

Guardate qua come lavorano queste artiste di Cuglieri...
E le patate?...
Prendo il disco grande, metto una fettina di patata, un pizzico di pecorino, un alito di rosmarino e chiudo. Così, facendo finta di niente...

Dispongo sas panadeddas su una teglia rivestita di carta forno, e tuffo in forno medio (i soliti 180°) per una mezz'oretta, quaranta minuti. Ovviamente il tempo dipende da quanto grandi sono i nostri pargoletti e, in ogni caso, fa fede la doratura della pasta.



Non sono le Panadas di Oschiri (http://www.youtube.com/watch?v=6e7L8RZ71PE ) né quelle di Assemini...
Sono le Panadeddas di Torpignattara.
Bone lo stesso...

Detto sardo del giorno:
S’homine in su chi cheret resessit.

L’uomo riesce in ciò che crede.

Oggi ascoltiamo:
Soleandro - Terra mia

http://www.youtube.com/watch?v=HOu01iNDlAA
 

venerdì 16 marzo 2012

Alliiivedeeelci Luooomaaa...

Tutto pronto, domani si parte.

Ho il biglietto? Sì. ho già controllato trecento volte...
E in frigo ci sono cose che possono riprendere vita in mia assenza?
No, tranne le arance e uno yogurt. Bene.
Certo che stasera avrei proprio voglia di cibo cinese...
Che faccio, che non faccio, eccomi al supermercato a comprare qualcosa che mi ispiri.
Dunque: macinato di maiale, va bene; cavolo cinese? no, e non mi va di andare a cercarlo altrove, vedo una bella verza nostrale e me la prendo; zenzero? lo trovo fresco dai miei amici bengalesi...
E mo'? Senza nemmeno accorgermene (sì, vabbè...) mi trovo sulla strada dei ravioli al vapore.
Certo, non ho il cestello di bambù dove cucinarli, mannaggia, e ci penso proprio mentre con la busta degli acquisti mi avvicino a casa.
E se provassi al microonde?... Chiedo perdono agli amici cinesi, lo so che non è cosa da farsi, ma sono le cinque del pomeriggio e già ho fame...
Allora intanto preparo due impasti. Sì due, uno di carne e l'altro... vedremo.
Primo impasto:
350 g               macinato di maiale
300 g               verza lessata (bastano cinque minuti)
1                      scalogno grattugiato
1 cucchiaio     salsa di soia
1 cucchiaio     olio di semi
1 cucchiaio     farina
1 cucchiaino   zenzero fresco grattugiato
Sale, pepe, e basta così.
Per la pasta le dosi sono:
500 g   farina
250 ml acqua
1 presa di sale, 1 cucchiaio d'olio di semi.
Impastare ben bene e far riposare almeno mezz'ora.

E con quei cento grammi di code di mazzancolle che mi ritrovo in frigo?...
Mhhh... Intanto le scotto al microonde per tre minuti (temperatura di cottura media)
E quel bel broccolo romanesco che mi guarda timido timido?
Lo faccio a pezzi, lo annego nell'acqua e lo faccio bollire fino a che i gambi diventano cedevoli alle punzecchiaure da forchetta. 

Mamma mia, paio Monsieur Landru...
Bene, sminuzzo le mazzancolle, il broccolo romanesco e li unisco per sempre nella ciotola dove si aggiungeranno, per associazione:
1 cucchiaio            salsa di soia
1 cucchiaio            olio di semi
1 cucchiaio             farina
1 cucchiaino            zenzero fresco grattugiato
Sale e pepe.
E questo sarà il secondo impasto.
 
Orbene, stendere la pasta bella sottile (con la macchinetta regolata al numero 3), ricavarne dei cerchietti (o dei pezzi maneggevoli) dove in ognuno di questi andrà un cucchiaino di impasto.
Richiudere unendo i bordi, pizzicando per farli aderire.
Vediamo come li confeziona la sora Tang Hua:
Su un piatto leggermente unto d'olio disporre i raviolini, badando a non farli toccare tra loro.
Poi dare una bella infornata di cinque minuti di microonde, con temperatura di cottura media.
Appena sfornati coprire il piatto con un coperchio, per non far evaporare subito i liquidi e non farli asciugare troppo.
Com'è andato l'esperimento?
Mi verrebbe da dire( hǎo), bene, ma molto ho ancora da imparare.
In primis le dosi, che se fosse stato per me ora passerei il resto della settimana a mangiare ravioli...
Con quella dose di farina ne escono una trentina di piccole dimensioni...
E l'impasto di carne va dimezzato senz'altro, oppure no: lo si può lasciare bello preparato in freezer in attesa di farci qualche polpettina all'aroma di Guandong...
E se non ci andrà di fare ancora l'impasto... beh, potremo fare   i… 裸体 (luǒ tǐ) ossia gli gnudi

 
Certo, non saranno i classici 包子 (bāozi), ma per essere la prima volta ci posso proprio stare.

Detto cinese e romano del giorno:
雾里看花 Wu li kan hua (Dentro nebbia guarda il fiore).
Guardare il fiore attraverso la nebbia.
Difficoltà a vedere le cose che si vorrebbe realizzare.
Vedé e nun toccà è 'na cosa da crepà.

Oggi ascoltiamo:
Bene, dopo sta magnata ci sentiamo qualcosa, magari un classico, una canzone di Teresa Teng ricantata da Wong Fei, dove si parla di una amore lontano e dello spasimante che beve al chiaro di luna…

Brindo alla luna che splende.
Quando verranno giorni migliori?
Che anno è stanotte? Quale il volere degli dei?
Catturerei il vento per tornare,
ma qui solo stanze gelide
Danzo con la mia ombra,
che passa  per la porta e il davanzale,
riflette la mia insonnia uno  scontento
senza risposta alcuna, la separazione,
la gioia e la malinconia.
Anche la luna cambia faccia,
non v’è alcuna perfezione da raggiungere,
possano allora vivere a lungo gli amanti,
appaiati come uccelli in volo
insieme per mille e mille miglia.

王菲 - 但願人長久 (Wong Fei  - Dan yuan ren chang jiu)
http://www.youtube.com/watch?v=wIdDASnirbY

再见!    (zàijiàn!)  Arrivederci !

martedì 13 marzo 2012

Gli amici...

Gli amici
gli amici di una volta,
gli amici senza soldi,
gli amici che se chiudo gli occhi li rivedo ancora,
gli amici del pallone che fugge per le scale...
"stavolta vacci tu!"...

La strada ci ha uniti e ci ha divisi,
ci ha persi e conquistati,
trovati e abbandonati su altre strade sconosciute,
chi è uscito senza ombrello,
costretto a camminare, non si è fermato più...

Gli amici, gli amici spettinati,
gli amici col sudore,
gli amici della prima volta che si fa l'amore,
le angosce solitarie,
il primo bacio è idiota però... però non dirlo mai...

Gli amici, gli amici della strada,
gli amici di una lunga salita di mimose
e quasi in cima una fontana...
un po' come la vita...
chi è uscito senza ombrello...
non si è fermato più...


Mario Castelnuovo
http://www.youtube.com/watch?v=_KS_ZaFjo7A

Colesterina


Oggi al mercato c'era un cestino di fragole a prezzo abbordabile.
Mi sono detto: Tiè, è arrivata la primavera e nemmeno te ne sei accorto...
Sai che faccio? Una torta, anzi una tortina, visto che i pantaloni lanciano alte strida al momento che me li infilo...
Eh, sì, mi dovrò dare proprio una regolata, non per l'estetica, che è quella che è, quanto per la salute, visto che il colesterolo... 
Allora, bene, diamo un degno arrivederci alle creme e ai pandispagna. 
D'altronde non si salutano con una festa grandiosa anche gli amici che partono (e che qualche volta non ritornano?...).
Allora raduniamo tutti gli ammenicoli e facciamo una bella festicciola.
Per me solo? Sì, perché io valgo...
Il nome Colesterina è nato così, per gioco e per sfottò verso queste farciture burrose che piacciono tanto ai nostri amici anglosassoni.
Inoltre, se avete un nemico da eliminare senza farvi scoprire, invitatelo pure per un tè e, invece del solito arsenico disciolto, offritegli una fetta di questo dolce. Lo troveranno stecchito dopo qualche giorno col sangue coagulato, i globuli rossi galleggianti su panetti di burro e il fegato imploso come una stella morta nella panza…
Vabbè, esagero…
La torta è un PdS
a massa pesante (tanto per restare in tema) da due uova, ossia:
2          uova
100 g   zucchero
100 g   farina
Questa proporzione (1:50:50) dà un impasto con una struttura meno vaporosa e un po' più compatta di quella che solitamente si ottiene con il rapporto (1:30:30). L'ideale per una Colesterina... Il procedimento è il solito per il PdS, quindi è inutile ripeterci.
E come la farcisco?... E qui la questione lascia poche alterantive. L'unica praticabile è: fàmose male!
Una volta osai una farcia composta da due strati di mascarpone e nutella, ma certi sbagli nella vita non vanno ripetuti... 
Piuttosto, facciamone di nuovi!
Quindi, all'interno metteremo una semplice, leggerissima, dietetica, crema al burro vanigliata.
Volendo la si può anche colorare a piacere ma io volevo una cosa semplice semplice...

Bene, la torta è fredda? Togliamo la calottina superiore, tagliamola in due, e diamo una bagnatina con poco latte, così, tanto per ammorbidirla un po'. Farcirla con la crema al burro vanigliata, distribuendola uniformemente, e coprire con l'altro disco di PdS.

E sopra? Cioè er frosting? Mhh... Abbiamo fatto trenta, facciamo pure trentuno!
Una bella copertura al mascarpone e philadelphia e passa la paura!
Quindi:
250 g   mascarpone
200 g   Philadelphia
150 g   zucchero a velo
Lavorare i due formaggi in una ciotola, senza usare le fruste.
Il mascarpone, infatti, è un tipetto permaloso e se lo si frusta lui... si separa, si aggruma, si arriccia. 
È il suo modo di fare un pernacchione a chi sta cucinando...
Perciò mescolare energicamente ma solo con il cucchiaio di legno.
Unire a mano a mano lo zucchero e amalgamare il tutto.
Ora ricoprire i bordi e la superficie del dolce aiutandovi con una spatola per pareggiare la farcitura, che verserete con un cucchiaio (e non con la stessa spatola con cui la distribuirete, perché questa potrebbe imbriociolarsi e rovinare l'effetto).
Bene, passate leggermente lungo i bordi e sulla superficie con la spatola. Se avete un piatto girevole siete a cavallo...
Ah, che bellezza...
E le fragole? Oddio... Ho fatto tutto 'sto macello e me le stavo dimenticando in un angoletto!
Eh no, eh: sono le prime dell'anno che assaggio, quindi le metto tutte belle in fila sulla tortina e una me la mangio subito, esprimendo un desiderio...


Deliziosamente impegnativa…

Detto romano del giorno:
Nun so' ppe' l'asini li confetti.
I confetti non sono roba per gli asini. E, anche:
A volè lavà la testa ar somaro se spreca tempo e sapone.

Oggi ascoltiamo:
Rocky Horror Show - Don't dream it

http://www.youtube.com/watch?v=_T9gYbrarYY

In fondo in fondo c'è sempre un Pan di Spagna…

Una canzone in sassarese ha un ritornello che fa:
    T’hai magnaddu lu pani d’Ilpagna,
    mala solti chi t’accumpagna...

Siccome a noi la malasorte la accompagniamo gentilmente alla porta, ci piace allora pensare di poter utilizzare questa deliziosa base per creare come dal nulla o quasi, un’infinità di dolci, giocare sulle varianti, sperimentare sugli ingredienti; insomma: divertirsi.
Il Pandispagna (e se lo abbreviassimo in PdS?…) è di fattura semplice, se si seguono a dovere alcuni accorgimenti.
In primis, non va usato il lievito. Lo so, c’è chi lo usa, come la cipolla e/o l’aglio nell’Amatriciana, ma non serve, fidatevi. 

Quello che infatti fa lievitare questo dolce spugnoso è la forza delle uova che, nel calore del forno sono in grado di aumentare di volume anche di 5 (sì, cinque!) volte.
Armarsi quindi di santa pazienza e… accendere le fruste elettriche. 

Immagino cosa dev’essere stato lavorare il PdS in epoche nemmeno tanto lontane: una fatica improba… Almeno mezz'ora di sbattimento...
Il fatto è che non usando il lievito di deve far assorbire alle uova, montandole, più aria possibile, così che in cottura si possa sviluppare quella struttura soffice e spugnosa.
Quindi lavorare il composto con le fruste per almeno 10 minuti, fino a quando, sollevandole dall’impasto si noti che “fanno il nastro”, ossia hanno assunto una consistenza pastellata. 



In secundis, metterlo in forno il prima possibile e non strapazzarlo; se telefona l’amica del cuore ditele che la richiamerete voi dopo due minuti: più aspetterete e più la fragile architettura… si sgonfia.
Così se lo smaneggerete troppo…
In cucina certi impasti richiedono forza altri una soave delicatezza. 

E il PdS è un tipino delicato, tanto delicato, signora mia…

Ecco dunque le proporzioni per un buon PdS:
1        uovo
30 g   zucchero
30 g   farina (oppure: 2/3 farina + 1/3 di fecola)
Un pizzico di sale, vaniglina, scorza di limone grattugiata, come al solito.
E come faccio a sapere quante uova usare a seconda della mia ricetta e delle mie esigenze? Beh… Considerate che, a seconda della teglia, si ha (ah, il simbolo
Ø sta per "diametro"):

15 cm    Ø    2 uova
20 cm    Ø    3 uova
24 cm    Ø    5 uova
26 cm    Ø    6 uova

Certo, se lo voleste bello aaalto (il Pds, non il fidanzato; quello, tenetevi il tarabozzolo di cui vi siete invaghiti…) non dovete fare altro che aumentare di un uovo le dosi.
Di solito è un escamotage che funziona.


Oh, bene, allora: nella ciotolona porre le uova, lo zucchero e il sale, insieme agli eventuali aromi (buccia grattugiata di un limone, estratto di mandorla e qualunque altra cosa vi aggradi) e… via di frusta!
Pensate al da farsi e frustate, frustate e frustate senza pietà…
Quando sollevando le fruste il composto farà un filo che, ricadendo nella ciotola, aspetterà un paio di secondi per essere riassorbito, tirate un sospiro di sollievo: siete a metà dell’opera.
Adesso viene il bello: siccome l’amichetto nostro teme le strapazzate, nell’incorporare gli elementi secchi (le farine e/o il cacao) occorre usare molta delicatezza; lasciate da parte le fruste e con un bel cucchiaio di legno far assorbire le farine
(che avrete setacciato a pioggia, per evitare i grumi) pian piano, come una carezza, dal basso verso l’alto… come un massaggino lieve lieve…
E ora pàffete…versare il tutto nella teglia imburrata e infarinata (o direttamente in quella di silicone) e via in forno caldo a 180° per 30' almeno…



Lo devo dire che nei dolci lievitati non bisogna mai, e dico MAI, aprire il forno prima di mezz’ora? La differenza di temperatura tra l’interno del forno e la vostra cucina avrebbe un effetto deleterio: il dolce si affloscerebbe miseramente.
Per dare un’idea: fate vedere un paio di belle bollette salate al vostro partner nel momento di più rovente intimità... Ecco, l’effetto indesiderato è proprio quello…


Passato il tempo minimo di cottura fate la prova stecchino, o spaghetto che sia, e quando uscirà asciutto… beh, farete respirare alla Creatura un po’ d’aria fresca.
Una volta bello freddo potrete sformarlo e utilizzarlo per altre ricette, o magnarvelo così…
Qualora lo voleste tagliare per farcirlo a piacere potreste metterlo un paio d’ore in frigo (c’è anche chi lo mette in freezer ma non ho mai provato) per farlo compattare un pochino e rendere l’operazione un poco più agevole.
Il PdS si mantiene bello morbido anche per qualche giorno, avvolto in un canovaccio pulito e messo a riposare in frigo.
Così lo potrete preparare anche con un certo anticipo… oddio, mica due mesi prima, eh?

Si…può…fareee!!!
E ora che ho questo bello spugnone (sì, in inglese è chiamato proprio Sponge-cake…) che ci posso fare? Mhhh…tagliarlo in due e metterci… di tutto!
Nel PdS può andare davvero di tutto: crema, panna, frutta, marmellata, formaggio cremoso,e tutto questo singolarmente o accoppiato in combinazioni ogni volta gustose.
Un giorno, se vi sentiste coraggiosi, potreste provare anche la versione con delle fette di salame… Tanto la vergogna è un optional!
 
P.S.
Un ottimo articolo sul PdS l'ha scritto Sergio Maria Teutonico qui.

Detto romano del giorno:
Mejo fidasse der ricco impoverito che der povero arricchito.

Quindi:
Mejo un ricco senza quatrini, che un pidocchio arifatto.

Oggi ascoltiamo:
Aldo Donati - Tirollallero - da "Rugantino"

http://www.youtube.com/watch?v=t7zIn0jN9m0 

Ce la farò, lo so...

Mica a trovare un lavoro decente a 46 anni suonati...
Mica a crearmi un equilibrio mentale e una decente indipendenza nei miei rapporti affettivi...
Mica a imparare finalmente a stirare...
No: riuscirò, e lo so, prima o poi, a fare questa roba qui...
Per ora mi ritrovo con le prove che mi dovrò magnà...


Ah, ah, adesso mi viene da ridere, ma una volta avrei detto: basta! non ci riesco! non sono capace a fare 'sta cosa, anzi: non sono capace a fare niente!... E così via in una china depressiva brutta brutta brutta...
Oggi dico: ci riprovo, finché posso, e se ci riesco bene, sennó... ciccia!
Dicono che crescere sia anche questo.

Detto romano del giorno:
Daje daje le cipólle diventeno aje, daje eddaje pure li piccioni se fanno quaje.
Dài e dài anche le cipolle si fanno agli e i piccioni quaglie.
Cioè: chi l'ha dura la vince. Che, in cinese, sarebbe:
水滴石穿 (Shui di shi chuan)
La goccia scava la pietra
(Beh? Pensate ancora che siamo davvero così diversi?… )


Oggi ascoltiamo:
Queen - Don't Stop Me Now 

Grande Freddie, quanto ci manchi...

domenica 11 marzo 2012

Ilona e Leppagorre: che crostate...

Sì, lo so, ti invitano a pranzo e non porti niente? Pare brutto...
Che ciò a casa? Mh... Banane,... cioccolato...
Mi viene da ridere pensando al titolo di un famoso film di Ilona Staller, che da qualche anno fa tutti nominavano ma pochi avevano davvero visto. Ma torniamo pure a noi...
Ho un vasetto di marmellata d'arance regalatomi da un amico, che faccio, lo uso?
Allora, banane o marmelade? Ah, sul cioccolato però non transigo, a costo di farne due!
E se facessi davvero due crostate? Così, per provare come vengono?
Ah ah ah, tanto occi ho le mie cafie, ja... E poi le analisi del colesterolo sono così lontane...

In primis occorre una pasta frolla come si deve.
Vediamo qui come fare.
Non serve molto impazzimento, solo qualche accorgimento.
Che dose usare però? Mhhh... Ho due stampi da 23 cm...
Tagliamo la testa al toro e aumentiamo le dosi, tanto se avanza non si butta niente!
Quindi:
450 g    farina
225 g    burro
150 g    zucchero
3           tuorli
Un pizzico di sale, scorza di limone grattugiata, acqua q.b.
Allora come, s'è visto nel post precedente: sabbiatura, impasto veloce (inizialmente con forchetta e poi con le gelide manine), impallamento e riposo di mezz'oretta in frigo...
Preparare intanto una dose di crema al cioccolato per crostata, come da post precedente.
Stendere ora due sfoglie non troppo sottili negli stampi e bucherellarne un po' il fondo.
Ed ora... scateniamo le danze!
In una delle nostre basi distribuire la marmellata d'arance, ripiegare il bordo della crostata e decorarlo a piacere con la forchetta, imprimendo il manico di questa lungo la circonferenza, oppure schiacciando leggermente il bordo con i rebbi, o facendo delle piegoline, dei pizzicotti; insomma: sbizarritevi.
Ora con metà della crema (ben fredda!) che avrete messo in una sac à poche con beccuccio a stella, fate il reticolo di cioccolato, come solitamente viene fatto col resto della pasta.
L'altra metà della crema andrà sul fondo dell'altra base, sulla quale verranno poi disposte in cerchio delle fette di banana (ne serviranno tre) tagliate a rondelle e spruzzate con un po' di succo di limone per non farle annerire subito.
Ci siamo? Bene, via in forno per circa 25', mezz'ora. A doratura della pasta, comunque.
Ecco le due creature...




Quella con l'arancia e il cioccolato sembra quasi un gatto striato... La chiamerò, la chiamerò... Leppagorre. Così, per sfizio.
E l'altra? Beh, che domande, l'altra è Ilona...


Detto romano del giorno:
Sparagna, sparagna, arriva er gatto e se lo magna.
 
Risparmia e metti da parte, che poi … e, infatti:
La robba nun è de chi sse la fa ma de chi sse la gode!


Oggi ascoltiamo:
Cesaria Evora - Rotcha 'scribida

http://www.youtube.com/watch?v=IirlemlcGP0
Madredeus - As cores do sol
http://www.youtube.com/watch?v=crnw9IOc3oc