domenica 27 maggio 2012

Fainè sassaresa


Aggiu visthu una teglia d'affainé e mi n'é giunta la gana...

A parte la facile retorica buonista che vuole la cucina come il collante di un improbabile sereno collage multiculturale o l’indice orgoglioso di una delle specificità locali (ah, “il territorio”... quanto ce piace ‘sta parola...) bisogna dire che, alla fine, il cibo unisce sempre, più che dividere.
Intorno a una tavola si mischiano i sapori, i colori e ci si dimentica di essere poi così diversi.
Si impara, soprattutto, ad essere curiosi.
Bisogna proprio essere "balcanici" per rivendicare con smisurato orgoglio la paternità di un piatto (provate a chiedere a greci, turchi e macedoni chi ha "inventato" il baklavà... Ah, ah, auguri!).
Come anche per l'essere umano, l'importante non è tanto la paternità ma un interessante meticciato.
Certi piatti poi sono oramai patrimonio comune, e sarebbe da stupidi mettersi a puntigliare su chi è stato il primo a cuocerli.
Chi ha inventato gli spaghetti? I cinesi? o gli italiani? Ma importa davvero?
L'importante non è essere stati i primi a fare qualcosa ma farla bene...
Nel nostro caso, questo è un piatto comune, almeno fin dove i liguri hanno messo piede fin dal medioevo.
È un piatto antico e diffuso in Liguria, Piemonte, Toscana e in Sardegna: è la fainà de seixi, la fainè, la socca, la cecina, la ceciata...
Chiamatela un po’ come vi pare... ma provate a farla.
Anche se i forni di casa, come per la pizza, non sono adatti perché non raggiungono quelle temperature belle alte che ci occorrono, ed i puristi storcerebbero il naso.
Ma a noi i puristi non piacciono, e anche solo pe' tigna, ci proveremo.

Dunque, la dose è: per ogni 100 g di farina di ceci si usano 300 ml d’acqua, una presa di sale e tre cucchiai d’olio.
Stemperare la farina con l’acqua, con una frusta per evitare grumi, aggiungere il sale e far riposare almeno almeno 2 ore.
In realtà tutti dicono 4 ore, con l’accortezza di rimestare ogni tanto l’intruglio per non far sedimentare troppo la farina.
A questo punto, voi che per lavoro cucinate la fainè andate a farvi una sigaretta, anzi, non sentite?... vi chiamano, di là…
Sì, sì, andate, cari... Ecco, siamo soli...
Dunque, dicevamo: adesso prendete una teglia rotonda; per una dose da 100 g di farina va bene quella da 26 cm di diametro, sì anche quella d’alluminio usa e getta va bene, tanto quelli non ci sentono...
Ungetela con l’olio d’oliva, versarvi la pozione magica, date una leggera mescolatina con il cucchiaio per diffondere bene l’olio e sciùffete! Tuffate in forno a 180° per 20, 30 minuti o, almeno, finché risulti bella dorata in superficie.


La morte sua è una bella grattatona di pepe sopra e via. E passa la viola.
Ah, ovviamente va mangiata bella calda, appena sfornata.
Non pensate neppure per un microsecondo di tenervene un po’ e di riscaldarla.
Lì, davvero, verreste denunciati per crimini contro l’umana decenza.
Perché per la fainè vale la stessa regola del caffè: è bono appena fatto, e riscallato è come un carcio alli zebbedei.
Devo tradurre? No, vero?


Ovviamente, essendo un impasto neutro lo si può arricchire con tutto quello che ci aggrada.
A Sassari, per esempio, oltre che “liscia” la troviamo con le cipolle (tagliate belle sottili e mescolate all’impasto), con cipolle e salsiccia, e anche con le verdurine (zucchine, melanzane, carote a pezzettini piccoli piccoli piccoli).
Mhhh, fammi vedere: che è avanzato in frigo?... 

Detto sardo del giorno
Axina cotta e mur'è arrù, dogna cosa a su tempus suu.
Uva matura e more, ogni cosa a suo tempo.

Oggi ascoltiamo
Duo Poddighe - Drommi Drommi

http://www.youtube.com/watch?v=aWyVje1saqw

martedì 15 maggio 2012

Crema suscettibile all'arancia

- Ah, suscettibile è la crema, eh?.... Boh...
Leppagorre, smettila dài, che già vado per uno... 
Non è che debba partire per la Patagonia, però lo sai che ho sempre l'impressione di dimenticare qualcosa.
Quante volte mi accerterò che il gas sia ben chiuso? Che le finestre abbiano tutte le tapparelle abbassate? Che qualche pianta non mi muoia di fame? E, beh, figlio di tanta madre...
C'è poco da ridere... Ti lascio a Roma da solo, eh?
Va bene... la crema è suscettibile solo perché è... suscettibile d'essere aromatizzata a nostro piacimento. 
Magari con una puntina di cannella in polvere, o con del cardamomo...
No, Leppagorre, con la curcuma no, non mi prendere in giro, eh?
Sì, la metterei ovunque, ma c'è un limite a tutto, no?... 
- No... 
Lo sapevo che mi rispondevi così, demonietto infame.
Insomma, volevo solo un accompagno per una merenda veloce veloce e, visto che avevo qualche arancia in frigo che rischiava la rianimazione, ho pensato di farmici una cremina.
Quindi:
2          uova
200 ml succo d'arancia (con 4 arance ci possiamo stare...)
70 g     zucchero
25 g     farina.
Orbene, in primis lavoriamo in una casseruola le uova (intere, sì...) con lo zucchero.
No, Leppagorre. il guscio no... Con te farò una brutta fine, lo so...
Aggiungiamo la farina e stemperiamo il composto con il succo d'arancia.
Mettere sul fuoco a fiamma bassa e, sempre mescolando, far addensare la crema.
Le uova non sopportano temperature troppo alte, a 84° si rischia il collasso.
- Poverine...
Dicevo... È importante quindi lavorare le creme a fiamma bassa, e magari a bagno maria, per andare sul sicuro.
Comunque mescolare sempre, cucchiaio alla mano di santa pazienza.
Quando sarà addensata trasferirla in una ciotola (la pentola continua a cuocere, signora mia...) e farla raffreddare, agitandola di tanto in tanto per evitare che formi la pellicola.


Quindi prendere una fetta di Zingiberella, disporla sul piattino e sposarla con un abbondante cucchiaiata di crema. Pure due, va...
- Io ci volevo la lavanda, uffa...
Con te, Leppagorre mio, ho partita persa, lo so. Al nostro ritorno si va in quel negozietto del rione Monti che ha lavanda in tutte le salse e ti ci faccio il bagno, giuro...

Detto sardo del giorno:
Sa cosa cocta non tornat mai crua.
La cosa cotta non torna mai cruda.


Oggi ascoltiamo:
Piero Marras - Mere manna (Rondinedda)

http://www.youtube.com/watch?v=ORLdSguZTjg&feature=related

...mere manna, mere mea
fala commo dae su kelu
gai ti fakes un'idea
si su mundu est maccu a beru
mere manna mere mea...


Eh sì, su mundu est maccu a beru...

lunedì 14 maggio 2012

Sa Cavalcata Sarda!

Eh, lo so, mi manca... 
Magari ai Sardi non fa più tutto 'st'effetto, ma questa non è soltanto una manifestazione folkloristica, una facciata di cartapesta.
Quando si parla di radici lo si fa sempre a sproposito, come ad affermare una specificità che, a conti fatti, poco vale se non a nascondere la profonda insicurezza identitaria di fondo.
Che gliene sarebbe importato sennó a tanti piccoli popoli sparsi per il mondo affermare con fermezza, e certe volte anche con violenza, la loro differenza rispetto ai loro vicini?
Il problema non è imporsi di essere diversi dagli altri ma non essere, semplicemente, o scimmiottare un'idea di sé che non ha sostanza.
Diceva, in due parole il nostro poeta Sandro Penna:

Felice chi è diverso
Essendo egli diverso
Ma guai a chi è diverso
Essendo egli comune.

Essere Sardi non è solo ballu tundu, cantadores, caso marzu, mirtu et fil'e ferru...
Questi sono solo gli ammenicoli dell'identità, le palline luccicanti che adornano l'albero e gli elementi a cui, guarda caso, si appigliano e si accapigliano quelli che non hanno mai avuto una chiara idea di sé e della storia da cui provengono.
Grazia Deledda scriveva: 

Siamo sardi
Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d'oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell'immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.
 

Essere e avere percezone di sé, della propria specificità fatta di mille spunti, un albero dai mille innesti che è vivo non solo perché affonda le radici nel terreno ma, soprattutto, perché eleva i suoi cento rami verso il sole.
Quindi non solo cantende e ballende (e magnende...) ma anche gesti, versi, modi di esprimere la propria voce, che per tutti è diversa, solo nostra ma ci viene da chi ci ha preceduto...

E poi avrò finalmente l'occasione di incontare dal vivo LUI:


Mi hanno già avvertito che qualora dovessi avere gesti inconsulti potrei essere per questo preso a colpi di campanaccio in sa conca ma si sa: all'amor non si comanda....

Per maggiori info vedete un po' qui.

Detto sardo del giorno
A nos bidere, avvidezzi, avvidecci, a si (torrai a) biri...
in logudorese, sassarese, gallurese e campidanese, le quattro lingue de sa Limba Sarda.

domenica 13 maggio 2012

Torta Zingiberella

Il mio amore per la curcuma è ormai conclamato.
E non solo per tutte le qualità di cui si fregia la preziosa radice, ma anche per il suo sapore delicato, mai troppo invadente, leggermente terroso, e agrumato, come piace a me.
Sì, il suo parente prossimo, lo zenzero, è più chiassoso, piccante, capace di evocare posti lontani ma anche la tranquillità di una cucina domestica ma è, appunto, troppo. E il troppo, si sa, storpia.
Che si può fare con la gialla polvere che non sia già stato fatto?
I nostri amici indiani potrebbero dire: "लेकिन क्या आप यह सम३ाते हैं कि हम गोली मारना ?", ossia: "E che dormimo da piedi ?"
E, lo so, in fondo non si inventa mai nulla di nuovo: spesso la creatività è solo la rielaborazione in combinazioni e forme diverse di cose preesistenti, è un cambio di prospettiva, lo отстранение o straniamento, come dicono Šklovskij e  i formalisti russi.
Sai che nova c'è? Io provo a fare un tortino, piccino piccino, giusto un 14 cm di diametro, giusto per provare.



Quindi:
120 g farina
60 g   burro pomata
60 g   zucchero
1       uovo
1      arancia, il succo e la scorza grattugiata
2 cucchiaini di  curcuma in polvere
1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato
1 cucchiaino di lievito in polvere e un pizzichino di sale
Ecco, io non sono uno molto fiscale nelle prescrizioni, ci mancherebbe, pecione come sono...
Però, credetemi, lo zenzero in polvere NON È la stessa cosa...
Procedimento della pasta morbida: lavoro a crema il burro pomata con lo zucchero, unisco l'uovo e gli aromi, stempero con il succo e incorporo la farina setacciata.
Ultimo venne il lievito...
Nello stampo imburrato e infarinato (o impanato di pangrattatato) verso il composto e lo faccio cuocere a 180° per la canonica mezz'oretta.
Per una torta di dimensioni famiglia, una 24 cm per intenderci, basterà che triplichiate le dosi.


E... com'è?... com'è?... Beh, a me questo sapore insolito mi ha incuriosito, accarezzato le papille, titillato il velupendulo (o, visto che siamo a Roma, il velo Palatino...).
Provate ad accompagnarlo con un bel tè. Vi accorgerete che il sapore lieve ma persistente della curcuma rimarrà vagante nella vostra bocca per un'oretta almeno, rendendo più sopportabile il clima opprimente della domenica pomeriggio...

Detto indiano del giorno:
È più facile proteggersi i piedi con i sandali che ricoprire di tappeti tutta la terra.

Oggi ascoltiamo:
Asha Puthli - The devil is loose

http://www.youtube.com/watch?v=Y1Teg5eA2-g&feature=related

giovedì 10 maggio 2012

Torta Zencanammèla

No, non è un nome proprio, tipo Zenca Carmela o Guantanamera per capirci...
Sì, lo so da me, grazie: è da malati mentali dare nomi assurdi alle cose, ma
in fondo nulla è assurdo, ossia fuori dalla logica: anche la pazzia (se si può usare ancora questo nome, così poco scientifico) ha la sua, di logica.
Qui sta nel fatto che dentro ci sono zenzero, cannella, amaretti e mela... Più logico di così... 

È un acronimo, come ONU, NATO, ABBA, PIRIPANZOLONE (no, questo forse no, Leppagorre...).
Qualcuno dirà: ma ti sei già scofonato tutto quello che t'eri preparato per il compleanno?...
No, certo che no, ma stamani Leppagorre mi fa, lagnoso come sempre: uffa... è finito il dolcino della colazione...
(Usa sempre i diminutivi o i vezzeggiativi quando vuole blandirmi, oramai lo conosco).
- Beh, meglio. Così ci limitiamo, almeno a colazione...
- Certo però che quegli amaretti, buttati là, mi sa che faranno una brutta fine...
Maledetto, lo sa che odio gettare via il cibo, pure se col tempo ha ripreso nuova vita nella quale però non è più previsto l'essere commestibile... 
Mi colpisce sul vivo, lui, sa come ottenere quello che vuole. Che demone sarebbe, sennó? 
Pur con tutte le sue peterpanesche incongruenze ha, come la nostra parte bambina, quella libera e non ancora educata, notevoli slanci e inventiva.
Senza il suo entusiasmo e la sua creatività, i suoi gesti istintivi e la carica nei sentimenti non sarei me stesso.
Senza di lui sarei magari uno di quei fissati innocui che camminano all'interno delle mattonelle del pavimento o che toccano sette volte una maniglia prima di aprirla. Mi tengo il mio, allora, grazie tante...
Vabbè, dài, c'è pure quello yogurt che ha i fermenti che premono sul sigillo di chiusura del vasetto... 
Non vorrei che domani, aprendo il frigo, mi invada il blob assassino: una candida cascata mortale di brulicanti lattobacilli assetati della mia sugna (e ne avrebbero da magnarsene, eh? eccome!...) che dopo avremi spolpato s'aggirasse come Godzilla per la città, seminando il panico tra la gente.
Non vorrei essere cagione di tali amare sventure e rovinosi cataclismi...
Giammai! Mi sacrificherò per l'umanità tutta!
Brandendo il mio cucchiaio di legno con una mano e il frustino con l'altra partirò a petto e parannanza avanti verso la perigliosa impresa. 
Come Ercole, come Giasone, come Teseo...
O, piuttosto, a ben vedere, come Sisifo... 
Prigioniero dell'impresa più astrusa che si possa immaginare, quella che nel reiterarsi d'una fatica quotidiana senz'alcun senso deve trovare, da sé e senz'alcun cielo sopra di lui, il coraggio e sorriso di chi è appagato di esserci, solo di esserci..
Nella fatica assurda del vivere sentire la gioia, comunque e sempre, di vivere...


E ora usciamo pure dall'imbuto cosmico e prendiamo la via dei fornelli...
Per una tortina del genere, servono.

300 g  farina
180 g  zucchero
100 g  burro
125 g  yogurt (un vasetto)
150 g  amaretti sbriciolati
3      uova
1      bustina di lievito
1      mela un po' grossotta (250 g ca.)
1      limone
10 g   zenzero fresco
1 pizzico di sale, uno di cannella in polvere 1 bustina di vaniglina
e passa la paura

Tagliare la mela a pezzetti e irrorarla col succo del limone per non farla annerire.Tenere da parte la buccia, eh? ci servirà.
Lavorare le uova con lo zucchero, al quale avrete unito il lievito, il sale, la cannella e la vaniglina.
Aggiungere la scorza del limone e lo zenzero grattugiati, quindi il burro e lo yogurt e mescolare bene con la frusta.
Setacciare la farina e unirla al composto; dopo aver mescolato bene per evitare che si formino grumi si uniscono gli amaretti e la mela. Indi il lievito.

Mettere in uno stampo dai bordi un pochino alti (il mio è 24 cm e alto 8 cm) e cuocere a 180° per 45, 50 minuti.


Se proprio volete provare l'ebrezza della stucchevoilezza estrema allora aggiungete pure 100 g  cioccolato bianco a pezzetti. Tanto il costume non vi entrerà mai più, e a 'sto punto quintale più, quintale meno...
Scherzo, scherzo, non fate 'sta faccia da erinni furiose.. 

E poi, secondo me, le donne stanno meglio con qualche chiletto in più, senza esagerare ovviamente.
Ve li ricordate i corpaccioni belli polposi e rubicondi delle modelle di Rubens? 

Ecco, qulla è una bellezza che non mi dispiace...

Come l'amore vero, questa torta dà il meglio di sé il giorno dopo, quando nel consolidarsi del raffreddamento le spezie l'avranno permeata, quando i fuochi del forno (e della passione) si saranno quietati e resterà solo lei, ad aspettarci silenziosa ma eloquente sul tavolino.. 
Allora la si potrà apprezzare in tutta la sua magnifica semplicità. 
Lo sentite lo zenzero? No? Aspettate... è invaso dal chiacchiericcio chiassoso degli amaretti e pare non ci sia. 
Poi, a bocca chiusa, passa nel palato l'ombra del pizzicorino speziato che gli è proprio e l'agrumata piccantezza inizia a farsi delicatamente sentire.
È come un ricordo che prende mentre si fa qualcos'altro, la consapevolezza di qualcosa che c'era e di cui non ci accorgevamo subito. 
- Ancora...
- Va bene, un'altra fetta...

Detto romano del giorno:
Chi nun cia bbóna testa, cia bbone gamme.

Chi non ha buona testa ha buone gambe. 

(E lo dite a me che faccio mille chilometri al giorno perché mi dimentico di tutto?...)

Oggi ascoltiamo:
Cocteau Twins - Carolyn's fingers 

http://www.youtube.com/watch?v=Qh83z5vIP0w 
Avete sentito? La grande Elizabeth Fraser per cantare la gioia usa la stessa lingua di Lisa Gerrard: l'idioglossia... 
Qui le emozioni arrivano dirette, precise e senza la mediazione delle parole che, una volta tanto, non servono...

mercoledì 9 maggio 2012

La notte...

Tra le pieghe del buio
mi trovo a dipanare
la matassa dell'io,
e bendato tessere
la trama di me stesso.

Amico delle stelle,
che ognuma ben conosco,
del gelo dell'inverno
o di cicale estive.

Non è l'amore scorso
che opprime ancora il cuore
o il cumulo d'errori
che sciocco ho accumulato:

ansia di non scorgere
per quanto ora mi sforzi
oltre la siepe fitta
un lupinare o fiamma

o una scintilla sola
di quello che prometto
ogni giorno a me stesso
e ancora non mantengo.



Stanotte ascolto:
Arisa - La notte 
Salvatore Adamo - La notte 
http://www.youtube.com/watch?v=VTFki5FdTzk

martedì 8 maggio 2012

La Zingiberacea dai mille nomi

Curcuma longa il suo nome scientifico, ma è detta anche zafferano delle indie (azafrán de la India e açafrão-da-India in Iberia), turmeric per i britannici (e turmerik per gli islandesi), haldee, haridra, haldi, huldee, huldie nele numerose lingue del paese dov'è nata e si sviluppa, l'India.
Ma per gli amici è solo curcuma, così, semplicemente.


Da noi non è molto conosciuta, ma in India la polvere di curcuma è alla base del masala, una sorta di curry, a cui dà quel bel colore giallo che conosciamo.
Anzi, se vi capita di cucinare il pollo al curry e vedete che resta stranamente incupito e di un colore troppo scuro è perché la miscela che avete usato è povera di curcuma. Se ne aggiungerete una punta al vostro curry avrete sempre un polletto bello giallo (scusate la cacofonia, cioè la curcumofonia...).
E quando leggete sull'etichetta del vostro gelato alla crema che questo contiene il colorante alimentare E100 non allarmatevi: si tratta della nostra amica curcuma che lavora per noi dando un bel colore invitante a un dolcetto altrimenti pallido e smunto.
Ah, ho anche letto che nel Bangladesh si usa come colorante per il corpo nella cerimonia di matrimonio detta gaee holud.
Una spezia importante quindi...
Per la medicina ayurvedica, la curcuma è dotata di molte proprietà medicinali e in India è molto usata come antisettico per tagli, scottature e contusioni.
Ma, a parte le etnocuriosità un po' new-agesche, pare che la zingiberacea possieda proprietà coleretiche (stimolanti la produzione di bile da parte del fegato), colagoghe (stimolanti la contrazione della cistifellea favorendo lo svuotamento della bile in essa contenuta), è un epatoprotettore, stimolante delle vie biliari, antiossidante, fluidificante del sangue.
(da Wikipedia. Credete forse che abbia una così profonda proprietà di linguaggio medico-scientifico? Maddeché...)
La  curcumina, oltre a darle il caratteristico colore giallo, è anche un potente antiossidante, quindi ha notevoli virtù antinvecchiamento.E per chi ha superato i quaranta questa è sempre una bella notizia...
Dal sito http://www.lifegate.it/ si legge, tra l'altro, che:
"Recentemente, è stata oggetto di studi in relazione alle sue virtù antinvecchiamento:
gli esami di laboratorio condotti da ricercatori italiani del Cnr di Catania, Università di Catania e Università di Pavia e ricercatori statunitensi del New York Chemical College hanno confermato la capacità dei suoi antiossidanti nel contrastare lo sviluppo di disordini neurodegenerativi legati all'invecchiamento del cervello, quali il cancro e l'Alzheimer!"
Quindi, in sostanza, è un  antinfiammatorio, purificante del sangue, epatoprotettore (antiepatotossico), ipocolesterolomizzante con potenziali effetti antitumorali e antimicrobico. E recentemente si è scoperto ha anche proprietà antiretrivirali, cioè cherallenta il progresso del virus Hiv.  Ammazzala, aho!
- Ma fa anche ricrescere i capelli?...
- Leppagorre, sei in castigo da ieri. Taci, per favore, eh? Pare anzi che potrebbe farli cadere, e questo già mi fa girare gli zebbedei...
- Cattivo...

Dicevamo delle proprietà della curcuma... Date pure una scorsa qui, se volete.
Certo, se si avesse la fortuna di possederne una radice fresca, la si potrebbe grattugiare sulle nostre pietanze per fare il pieno di principi attivi benefici. È liposolubile, quindi si scioglie più facilmente negli oli.
Ora, a leggere tutte queste belle cose a me è venuta voglia di farmici impacchi caldi giorno e notte.
Ma per non esagerare mi ci farò una pasta arancione, che è il colore che preferisco. Una volta mi pareva troppo chiassoso e sfacciato (si vede che da piccolo ero anche bacchettone...) ma oggi è un colore che avvolge e carezza.
Allora:
1/4     cipolla
1        noce di burro
2        cucchiai di panna
1/2     cucchiaino di curcuma
1        bustina di zafferano
salsa concentrata di pomodoro, sale e pepe q.b.
Ah, se aveste, tra le vostre mille boccettine da strega Nocciola , anche della Harissa (peperoncino arabo) beh, non vi trattenete e usatelo a volontà. Basta che poi non vi sbagliate con la polvere di rospo di Sonora, altimenti otterreste gli Spaghetti Allucinogeni...
Mentre l'acqua bolle far appassire la cipolla, tagliata fiiina fina fina, nel poco burro.
Lo devo ripetere ancora? Badate di tenere il fuoco al minimo, che la cipolla bruciata è come er caffè riscallato o un carcio alli zebbedei...
È amara, semplicemente.
Aggiungere quindi la panna, le spezie, e la salsa concentrata quanto basta per ottenere l'arancione che più vi aggradi. A me piaceva così:
 

Fate sobbollire la salsina per qualche minuto, il tempo di cuocere la pasta.E via con le danze...

Detto indiano del giorno:
Non temere di avanzare lentamente, abbi solo paura di fermarti.


Aforisma del giorno
Sii te stesso. Tutti gli altri sono già occupati (Oscar Wilde)

Oggi ascoltiamo:
Ravi Shankar & Chatur - Lal Raga Mishra Piloo

http://www.youtube.com/watch?v=LXXBfL5lRqE

lunedì 7 maggio 2012

Gorgognoni, Gurguglioni e Gurgugnao

Cos'è un compleanno? Solo una convenzione di noi umani, certo, che non resistiamo alla tentazione di catalogare tutto... Adamo di fronte al creato iniziò a dargli dei nomi e dio, con gli occhi al cielo, credette di averlo creato già tarato...
Vabbè, si sa, ai nostri cugini di Alpha Centauri non gliene può fregà di meno che oggi uno a quattro anni luce da loro compie un altro giro di Terra attorno a quel piccolo sole ai margini della galassia. 
Figuriamoci a quelli di Betelgeuse. Sono così spocchiosi, loro...
Le cose hanno l'importanza che gli vogliamo dare ma, in sé, checché ne dicano gli amanti dei grandi Assoluti, non ne hanno alcuna.
Altri anni non ho festeggiato, non mi importava un gran che, ma stavolta no, stavolta voglio fare qualcosa solo per me.
Stamani ho girato per tutti i fiorai del quartiere per regalarmi un bel mazzo di fresie gialle, i fiori che preferisco. 
Perché? Ma come: perché io valgo, no? 


E poi?
Buttarmi col parapendio da Monte Guadagnolo? No, con le vertigini che mi ritrovo rischio un infarto in volo.
Affittarmi un escort e gozzovigliare alla faccia del mondo intero? No, non sono il tipo...
Riempirmi gli zebedei di buoni propositi che avrò già dimenticato una volta spenta la luce dell'abat-jour? Suvvia, siamo seri...
No, voglio fare una cosa semplice: dedicarmi una giornata e cucinare solo per me.
- Ma lo fai tutti i giorni...
- Zitto, Leppagorre, se apri bocca oggi ti faccio bere un bicchiere d'aceto! Ti fulmino, guarda!
- Cattivo...

Sì, certo, cucino tutti i giorni, se non lo facessi io chi lo farebbe? Mica ciò Marietta dentro casa, io...
Intendevo fare qualcosa di diverso, di nuovo, di mai assaggiato...
Magari un trittico: che so, magari di Gorgognoni, Gurguglioni e Gurgugnao.
No, non ho sniffato il solito smacchiatore. Costa troppo pure quello...
Per il mio compleanno volevo farmi qualcosa di speciale.
Perché quest'anno sono successe tante cose.
Ieri ho finalmente ricomprato un lampadario nuovo, visto che il vecchio se l'è portato via l'ex assieme a tutti gli scatoloni con le sue cose...
Quel soffitto, con quelle vene strappate lasciate a penzoloni mi faceva ancora una spiacevole sensazione.
Inoltre, lo devo dire?, ogni volta che di sera entravo in sala cercavo di accendere la luce, senza pensare che manacava proprio la fonte di luce. Quei poveri elettroni, richiamati dall'interruttore si affollavano verso la lampadina inesistente per trovare il crepaccio del filo scollegato e piombavano a terra come tanti lemming dalla scogliera... Che tristezza...
Oggi invece voglio farmi del bene, finalmente, e la cosa principale che mi viene in mente è il cibo, quindi... 
Oggi a pranzo ho riesumato una porzione (in lingua umana: per due persone almeno) di fettuccine al cacao. Che facevo, le facevo muffire così, povere care?
No: ho preso e preparato un condimentino così, alla vergognosa:
1/4 cipolla
30 g gorgonzola
50 g formaggio tipo Philadelphia (la ricetta prevederebbe il mascarpone, ma visto che stasera avrei fatto i bagordi, ho deciso di sostituirlo con qualcosa di meno... impegnativo)
poco burro.
Far appassire la cipolla nel burro, aggiungere i formaggi e, se occorre, del latte per diluire.
Quando la pasta sarà cotta vestirla con la candida salsina e ringraziare la natura per la sua varietà.


Vediamo un po':

Gorgognoni è un nome inventato in onore dell'isola di Muflonia (indovinate un po' qual'è?...) di cui sono grande amatore e che ha regalato alla cucina nazionale i Culurgiones...
La nebbia si dirada... Ahhh, e lo potevi dire che ti facevi i soliti ravioloni, no?
I soliti?  Belli mia, qui de solito nun ce stà gnente.
Tanto per cominciare i miei non hanno il ripieno di patate e menta o di formaggio.
Beh sì, le patate ci sono ma ho aggiunto delle cose inedite.Gorgonzola e vongole...
IIIiiiIIIiiiIIIiiiIIIiiiIII....
Ok, prima che arrivi l'ambulanza della neuro finisco di scrivere percome e perché.
Dovete saper che esiste un utilissimo sito, che conobbi grazie al blog di Dario Bressanini, qualcosa che è alla base della cucina molecolare... E che d'è, la cucina atomica?...
No, si tratta di foodpairing, un sito dove ogni ingrediente commestibile è posto al centro di un grafo (sì, una una rete, và...) che indica l'affinità molecolare di questo con tutta una serie di altri cibi, divisi per categoria: erbaggi, carni, dolci, spezie...
E più due cibi sono vicini più la loro affinità è forte: provate il cioccolato con la menta. Lo si sapeva, anche per intuito, no?
Qui tutto è scientifico, è la fucina di Adrià ma anche la fonte di ispirazione per gli amanti del cibo e dei nuovi accostamenti di sapori.
Quando ho visto che il gorgonzola (è stato il primo cibo che ho cercato, di pari passo col cioccolato...) si avvicinava alle vongole mi sono detto: devo provare.
Già in passato ho sperimentato delle cozze gratinate con del pecorino 'ncoppa... Una delizia.
Quindi unire due prove: i culurgiones con la loro bella forma di spiga e questa strana coppia. I ravioli, o la pasta ripiena sono presenti in molte cucine internazionali. I baozi cinesi, ripieni di carne di amiale bella speziata, i I varényki (варе́никі) ucraini, simili ai culurgiones per ripieno e cugini dei pel'meni russi (), che però hanno il ripieno di carne.

Con questa dose mi sono venuti circa 55 Gorgognoni. 
Quindi:
Per la pasta:
300 g farina di grano duro
3        uova
acqua e sale q.b.
In una terrina ho mescolato la farina alle uova col sale, ho amalgamato un po' e poi ho trasferito sulla spianatoia doive gliene ho date di santa ragione.
Poi, una volta che la pasta sia bella omogenea si mette a riposare nella terrina, coperta da un canovaccio umido per una mezz'oretta.
Intanto prepariamo il ripieno:
500 g patate lessate in acqua sciocca (per i non toscani: non salata)
150 g gorgonzola piccante
100 g vongole già sgusciate.
1     uovo
1 spicchio d'aglio, 1 cucchiaio di latte, sale e pepe q.b
Si schiacciano le patate lessate in una terrina, dove aggiungeremo 100 g del gorgonzola sciolto in un po' di latte. Se dovesse sembrare troppo liquido (ve le taglio quelle mani! Ho detto poco...) date una sploveratina di farina (un cucchiaino basta) e fate ribollire un poco per far rassodare.
In su mentre... Nel frattempo, in una padella farete dorare lo spicchio d'aglio, che poi toglierete, per non ritrovarvelo, da solo, in qualche gorgognone...
Se usate quelle fresche calcolate il doppio del peso (sui 300 g, ca.) e fatele aprire in padella e poi sgusciatele; se, invece, volete utilizzare quelle surgelate già sgusciate liberissimi (mica siamo talebani della cucina qui...) ma tenete comunque da parte 50 ml di succo.
Fate insaporire le vongole nell'ajo e ojo, poi trasferitele nella terrina e fate loro conoscere il gorgonzola. Sarà colpo di fulmine!...
Ah, non gettate l'olietto di cottura con il sughino delle vongole, eh? Ci servirà...
Quando il composto sarà freddo unite un uovo e mescolate bene. Aggiustate di sale e pepe e via: all'opera!
Stendete la pasta (se siete dei virtuosi usate il matterello, sennó va benissimo anche la nostra amica manovella...) e ricavatene dei cerchi non troppo piccoli. Un bicchiere svasato come coppapasta può andar bene: circa 8, 10 cm.
Disporre un cucchiaino abbondante (o mezzo cucchiaio, fate voi) di impasto nel cerchietto, piegarlo leggermente a metà e poi, dal basso verso l'alto, pizzicare i bordi del raviolo creando uno smerlo a salire. Il composto in eccedenza uscirà dalla parte superiore, che sigillerete premendola leggermente.



Lo so, è difficile da spiegare, ma guardate qui...
Una volta formati i nostri culurgiones-gorgognoni, disporli belli infarinati sulla spianatoia, in attesa che si compia la loro sorte.


Va bene, d'accordo, ma che salsa ci metto?...
Beh, col gorgonzola non ci vedo molto il sugo di pomodoro, ma a chi piace...
Io ho preferito tenere 50 g di formaggio sciolto, come abbiamo detto all'inizio, unirlo all'ajo e ojo e spatapùnfete! Scatafrombolare (ovverossia rovesciare rovinosamente) la salsina ottenuta sui Gorgognoni lessati.



Gurguglioni.
Dal sito Vivere la Toscana ho letto quest'articolo.
Era un'occasione troppo ghiotta. Sia per associare questo nome delizioso con gli altri sia per mangiare, finalmente, un po' di verdure, visto che da solo stento a farlo.
Riporto questa nota dell'articolo:
"Il nome “Gurguglione” è davvero singolare, probabilmente deriva dalla lingua spagnola parlata dai pirati che più di una volta occuparono le coste dell'Isola d'Elba. A base di verdure fresche, il piatto estivo può essere servito come contorno a un secondo di carne o pesce, oppure come piatto unico ottimo da gustare anche la sera. Una ricetta vegetariana facile da preparare che coniuga semplicità e genuinità, ingredienti essenziali della cucina toscana. Qualcuno ama consumare il Gurguglione come piatto freddo, alcune donne elbane lo presentano in tavola con fette di pane toscano abbrustolito e agliato."
Sì, lo so sembra una caponata, ma proviamo comunque:

½       cipolla
1        peperone verde
1        melanzana
1        zucchina
2        patate grandi
300 g pomodori maturi (io ho usato dei ciliegino che avevo già)
basilico e prezzemolo fresco, sale e pepe q.b
Rispetto alla ricetta riportata nel sito citato, che prevede la cottura in primis delle patate e poi delle altre verdure a seguire, io mi sono regolato in un'altra maniera, visto che mi occorrevano delle papate lessate per i gorgognoni.
Quindi, due grosse patate quasi cotte le ho messe da parte, in una padellona (ho usato un wok, lo so non è la stessa cosa, ma questo avevo) ho messo a cuocere a fuoco vivo la melanzana, il peperone e la zucchina tagliate a pezzi un po' grossotti (come dicono in Toscana) in olio d'oliva, tenendo il coperchio e girando di frequente.
Poi ho aggiunto i pomodorini tagliati a spicchi e ho abbassato la fiamma e, quando le verdure hanno quasi raggiunto la cottura, ho unito le patate tagliate a dadoni, quindi sale e pepe.

 
Gurgugnao.
Gira voce che sia la parola che i venditori ambulanti senegalesi rivolgono a chi si rifiuta di acquistare qualche loro articolo...
Sarà vero? C'è chi dice voglia dire brutto, chi dice significhi gay.
Si sa, da quelle parti non è che siano molto rispettosi delle minoranze in genere, figuriamoci quelle sessuali.
Se fosse così, sarei lieto di poter riabilitare una parola usata in senso dispregiativo per darle una connotazione migliore.
In passato i gay tedeschi hanno adottato proprio la parola Schwule (frocio) per descrivere se stessi, cercando di depurarne il senso dispregiativo e volgare che aveva con un nuovo contesto, ripulendo così il significante con altri significati.
Il mio Gurgugnao non è comunque un budino buttato dal 7° piano, ma quasi...
Zucchiddu mi verrebbe da chiamarlo, ma non ha altro che la forma di uno zuccotto...
Si prepara un Pandispagna da 20 cm, quindi tre uova.
Io volevo darmi una regolata, almeno nelle intenzioni e ne ho fatti due piccini da 14 cm da un uovo ciascuno.
Messi a raffreddare ho pensato alla farcitura e alla decorazione:
Crema al latte, crema al cioccolato e ganache profumate al basilico...
Quindi:
400 ml latte
100 g   zucchero
40 g     farina
8 g       colla di pesce in fogli (4 fogli)
500 ml panna
180 g   cioccolato fondente
30 g     foglie di basilico
Mettere ad ammollare la colla di pesce in acqua fredda.
Far bollire il latte insieme alle foglie di basilico.
Lasciarvele in infusione per cinque minuti, poi filtrare e aggiungere al latte lo zucchero e la farina.
Mescolare bene e portare ad ebollizione sempre mescolando.
Quando la crema si sarà addensata sciogliervi la colla di pesce strizzata, dividerla in due ciotole, e in una di esse far sciogliere 80 g di cioccolato fondente a pezzetti, mescolando bene.
Montate 400 ml di panna e dividetela tra le due creme (e che siano ben fredde, mi raccomando!) amalgamandola con movimenti delicati, dal basso verso l'alto per non farla smontare.
Fate bollire un bicchier d'acqua con due cucchiai di zucchero e un dito di rhum.
Rivestite uno stampo da zuccotto (io ho usato una boule) con della pellicola per alimenti, quindi foderare lo stampo con il Pandispagna che avrete tagliato a fette.
Bagnate i bisquit con lo sciroppo e quindi versare la crema di latte e basilico.
Mettere a rassodare in frigo per un'oretta, quindi aggiungere la crema al cioccolato e basilico e via in frigo, per almeno tre orette.
Il tempo di farsi belli per la cena...


Ah, per decorare il Gurgugnao ho pensato a dei ciuffi di crema ganache.
La crema ganache (o cretina, che non è l’epiteto tipico che i cuochi gay si urlano tra loro in cucina ma l’esclamazione che uno chef rivolse al suo aiutante quando questi, da cretino, appunto, mischiò senza volerlo della panna calda a del cioccolato… creando però qualcosa di sublime) si fa in genere con le dosi 1:1 di panna liquida e cioccolato.
A noi ne basta anche poca, giusto un assaggio.
Quindi:
100 g    cioccolato fondente a pezzetti
100 ml   panna liquida.
Per aromatizzare la panna, nel nostro caso col basilico, questa va fatta prima bollire con l'aroma scelto (menta, tè, arancia: le possibilità sono limitate solo dalla decenza...), lasciata in infusione per una decina di minuti e poi filtata.
Va portata quindi di nuovo a bollore e, stavolta, fuori fuoco, gli si unisce il cioccolato a pezzetti, mescolando con una frusta per amalgamare il tutto.Una volta raffreddata la ganache assume una consistenza più solida e la si potrà rilavorare,spalmare in uno strato di torta, distribuirla con la sac à poche o, presi da un raptus di quelli feroci, mandarsela direttamente giù per il gargarozzo, senza ritegno alcuno, così: alla maniera dei pellicani...
Noi, che siamo sobri di natura, metteremo la nostra ganache in una sac à poche e faremo tanti bei fiocchetti lungo tutto il bordo della nostra torta e, se ve n'è d'avanzo, anche sulla superficie.



Ecco, l'ora di cena è arrivata. 
- Ma, quanti siete stasera? - Mi chiede mia cugina al telefono.
- Io solo! - Le rispondo con una serenità che da tempo avevo dimenticato.
- Io, io, ci sono pure io! 
- Zitto, Leppagorre, che ti taglio i viveri, sai?
Ma finalmente il mio momento è arrivato: apparecchio per bene, apro un buon vino siciliano, accendo una candela, avvicino i fiori sul tavolo e porto in tavola le prime pietanze.


- Auguri, vecchia ciabatta - Mi dico con un mezzo sorriso - Tanti auguri davvero, vecchio mio...

Detto romano del giorno:
Oggi ce semo, domani puro, e chi ce vò male se la pija ‘n der ...
Indove se cominciano li canestri... sempre llà...

Oggi ascoltiamo:
Sigur Rós - Vaka

http://www.youtube.com/watch?v=yw77ecgjrVM
Sergej Rachmaninov - Piano Concerto n. 2 - 2° Movimento (Adagio sostenuto) - Op. 18 

sabato 5 maggio 2012

Biscotti alle nocciole

Che ci posso fare:  suonano i versi nella mente come il tempo battuto con un piede... 
Mi rincorrono, a volte, e ogni tanto riescono a prendermi alle spalle, quando penso di averli seminati nella soffitta delle beghe quotidiane. 
Non dico gli ottonari o i prevedibili parisillabici, alcuni pallosi come una marcetta militare, scuri e alteri come i monumenti ai caduti di un secolo fa e stretti al collo come gli abiti di quella borghesia cafona affascinata da sempre dall'ordine e dal decoro.
Dico quei Si sta, come d'autunno,... o quel meriggiare pallido e assorto d'una vita che è camminare lungo un muro che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia e dà  lo smarrimento dell'inarrivabile ricerca di un senso... 
O quella sera balaustrata di brezza... O quell'Una sera mi dissi: se morissi in un caffè...
È l'anima che batte il tempo, che cerca di fronte al caos dei giorni che ha davanti il conforto nella regolarità della musica, del suono, anche tutto mentale, delle parole in successione...
Mi sforzo di comporre un'abitudine...
E intanto per non soccombere all'inevitabile ondata di malinconia farci canzone, sberleffo o maldestra parodia.
Quando come un coperchio il cielo pesa,
lesto lesto me me esco a far la spesa…
Ecco che l’animaccia di Baudelaire, bella splendente di sole nero e fetida d'oppio, mi verrà a ringhiare dietro la notte, mannaggia a me… 
È solo il tentativo di sopravvivere allo sgomento dell'incombere dei giorni senza nome.
Così, godersi quando c'è quel poco sole e non prendere sul serio nulla che non sia definitivo.
Ché di definitivo, si sa, c'è una sola cosa... La panza dopo i quarant'anni!...
Eh già... Tutto passa, tutto scorre...
Come diceva il grande Puškin:

Se la vita ti tradisce
non crucciarti né dolerti,
trova pace nell'affanno,
l'allegria, credi, verrà.


Vive il cuore nel futuro,
il presente è desolato:
tutto è effimero, fugace;
ciò che passa sarà amato
.
Если жизнь тебя обманет,
Не печалься, не сердись! В день уныния смирись: День веселья, верь, настанет.

Сердце в будущем живет; Настоящее уныло: Все мгновенно, все пройдет; Что пройдет, то будет мило

Che a Roma potremmo tradurre con:  

Core mio sventurato e poveretto,
'sta bbono in pace e pijetela in dove 
se sa che se 'ncominciano i canestri  
e ariconsolate pure co l'ajetto... 

Oppure...  Visto che ancora mi dolgono le mani per aver capato quella montagna di nocciole che rischiava di camminare da sola per casa... Rincuoriamoci con questi bei biscottini:

100 g   nocciole
200 g   farina
80 g     zucchero
30 g     burro
1          uovo
1 cucchiaino di lievito, latte    q.b       
Lavorare il burro e lo zucchero a crema, unire i tuorli, la farina, le nocciole amalgamando, se occorre, con un po' di latte.
Stendere a poco meno di un centimetro e tagliare nella forma che preferite.
Cuocere a 180° per 20 minuti, a doratura.


Detto russo del giorno:
С волками жить - по волчьи выть
.
(Chi vive con i lupi ulula come i lupi)
Chi va con lo zoppo...

Oggi ascoltiamo:
Владимир Высоцкий - "Я несла свою беду"
.
Vladimir Vysotskij - Ho portato la mia pena
http://www.youtube.com/watch?v=reGje92wym8
Marina Vlady - Ho portato la mia pena 
http://www.youtube.com/watch?v=kaUTKDhI8Hk

Strano destino, quello dei poeti... Volodja Vysotskij era attore, poeta, cantautore. Qualcosa che da noi si sarebbe potuto avere solo unendo Gian Maria Volontè e Fabrizio De André... Troppo, in una Russia imbalsamata qual'era quella del periodo brezhneviano. Osteggiato dal regime ma amato dal popolo: il poeta del magnetofono era chiamato, visto che le sue canzoni e le sue poesie viaggiavano da una parte all'altra dello sterminato paese a bordo di musicassette pirata...
Quando morì, per un arresto cardiaco, nel 1980, la stampa lo ignorò completamente ma la folla di moscoviti che vollero salutarlo l'ultima volta era lunga chilometri e chilometri: centinaia e centinaia di migliaia di persone...

venerdì 4 maggio 2012

Ricordando una voce perduta...

Un'altra, l'ennesima.
Le voci che finora ho amato di più si sono spente nel nulla lasciando solo qualche traccia del loro passaggio.
La loro musica, le loro interpretazioni, i loro divertissements.
Lei è stata la una delle voci più belle, forti, espressive e virtuose degli anni '80 e '90.
La voglio ricordare con un brano che canta in duetto con la madre Cissy.
Un brano che ha la nota del rammarico per non aver capito bene in tempo l'uomo che l'avrebbe resa infelice...
Cara, Whitney....

Ora ascoltiamo
Whitney Houston - I Know Him So Well ( Feat. Cissy Houston )

Janssons frestelse?... No: Fältskogs frestelse.

Se dico Svezia che mi rispondete? Aringhe, Volvo e ABBA... 

Eh, già... Da ragazzo ero innamorato di lei...
Innamorato perso dei suoi occhi azzurri a mandorla, dei suoi capelli d'oro, delle sue labbra voluttuose, della sua espressione spesse volte volutamente malinconica...
Agnetha Fältskog [aŋˈne:ta ˈfɛltsku:g] oggi ha superato i sessant'anni ma allora, con la sua voce, angelica e sensuale come solo lei sapeva essere, ha contribuito al successo della pop band più famosa (e ricca...) dell'epoca.
In tuo onore, regina Agnetha, ho voluto provare questo piatto tipico svedese.
Talmente tipico che si chiama Janssons frestelse, ossia "La tentazione di Jansson", come a dire: "la tentazione del signor Rossi". Un piatto al quale lo svedese medio pare non sappia resistere. E noi alle tentazioni cediamo volentieri, Oscar Wilde docet.


La cucina svedese comincia ad affacciarsi timidamente grazie alla spinta dell'Ikea: chi non ha mai comprato nel reparto vicino all'uscita qualche cibo Made in Sweden? Dài, su! Almeno una marmellatina di mirtilli rossi...
Beh, non che ci sia molto da dire, in effetti, a prima vista almeno...
Conosciamo gli Smörgåsbord [ˈsmœrɡosˌbuːɖ], cugini dei danesi Smørrebrød, ossia "Pane burro e tutto" (sì, davvero di tutto...).  E chi ha visitato la Svezia ne ha assaggiato almeno uno.
Ma noi mica non stiamo qui a farci un tramezzino. Aaah 'mbè!...
Il piatto in sé non è difficile: Spratti (o sarde, o aringhe...), patate, cipolle e panna...
Ecco che Leppagorre, il demonietto, ci mette bocca: Ma non abbiamo gli spratti, o le sarde... Che si fa? Abbiamo solo delle aringhe. E affumicate, per giunta!

Che guastafeste, 'sto Leppagorre...
In effetti su un vecchio libro di cucina della collana i Jolly della cucina Curcio la Tentazione era riportata così:

4           patate (lessate per 10' in acqua salata)
800 g    aringhe
30 g      burro
2           cipolle trifolate in 40 g di burro
250 ml  panna
In una pirofila comporre uno strato di papate, salare e pepare, poi uno di aringhe, poi di cipolle. 

E così via ad esaurimento scorte. Ah, l'ultimo strato dev'essere di patate.
Poi si versa il burro fuso e metà della panna in superficie e si cuoce in forno a fuoco medio per 40 minuti. Alla fine si versa la panna restante e si fa cuocere per un altro quarto d'ora.
Su un altro libro, invece, le patate erano lasciate crude, tagliate a striscioline e fatte poi cuocere direttamente in forno nella ghiotta catasta assieme alle cipolle e alle aringhe...
Nel blog di Alberto Acerbi, antropologo in trasferta svedese con la passione per la cucina locale, il procedimento è riportato ottimamente, anche per quanto riguarda gli ingredienti, un po' difficili da trovare qui in Italia. 

Andate dal droghiere e chiedete: Gervasio, vorrei una scatoletta di spratti ma, mi raccomando, ansjovis originali ben marinate, eh? E subito dopo prendete la fuga, come quando, da bambini, suonavate per scherzo i citofoni a caso...
Ho il sospetto però di trovarmi di fronte a una di quelle ricette tipo il pesto che, lasciando fisso il basilico, ognuno fa un po' come vuole... 

Mhhh, allora posso provare una mia versione, se nessuno svedese se ne adonta... 
E se magari Alberto non glielo racconta...
Ah, già che ci sono vi presento un amico svedese. Si chiama Alcide...


Proviamo allora 'sta tentazione, va... E magari la chiamiamo Fältskogs frestelse!
Ho fatto, come sempre, un po' a modo mio, e sicuramente è uscito qualcosa di molto diverso dalle intenzioni della signora Pernilla Jansson, che la prepara il venerdì sera prima di andarsi a inciuccare col ragazzo in un locale di Göteborg (non lo sapevo nemmeno io che si dicesse [jœtəˈbɔrj], fino a Bergman che suona ['bærjman] c'ero arrivato...).
Insomma, le mie dosi sono:
1,3 kg patate
3         cipolle medie
75 g    burro
200 g  filetti di aringa affumicata
200 ml panna da cucina
un cucchiaino di farina
e per finire, altri 200 ml di panna... Na cosa dietetica...
Lessare per dieci minuti le patate in acqua leggermente salata, farle freddare e tagliatele a fettine non troppo spesse. 
Nel frattempo preparate la pseudo-besciamella al profumo di aringa: Sminuzzate i filetti e fateli soffiggere per due minuti in una noce di burro, unire 200 ml di panna e fate bollire per altri 5 minuti. In un dito d'acqua fredda fate sciogliere la poca farina e aggiungetela alla crema. Continuare l'ebollizione finché non inizi a addensarsi.
In un tegame, dove avrete messo a sciogliere il burro, farete appassire le cipolle, tagliate a fettine sottili. Non fatele annerire, per carità: la cipolla bruciata diventa irrimediabilmente amara, quello che mai vorremmo.
Ora prendete una pirofila. Con le mie dosi ho dovuto inaugurare quella che io chiamo la "cielo stellato"...




Ungete il fondo della pirofila e iniziate, come ogni timballo che si rispetti, a formare la composizione: strato di patate, sale e pepe; strato di cipolle (due cucchiai circa) e due cucchiaiate di crema all'aringa che spargerete in modo uniforme.
E aridàie: patate, cipolle, aringa... Fino a che avrete lo strato finale di patate...
Alla fine dei giochi spargetevi sopra 100 ml di panna e via, in forno caldo (180° vanno bene) per 40, 45 minuti circa.
Quando i bordi inizieranno a bollire e la superficie a indorarsi prendiamo la panna restante, distribuiamola sul tortone e facciamola cuocere per altri 15 minuti.
A questo punto la casa, che gia odorava di cipolle stufate inizierà a riempirsi del profumo dell'aringa, smorzato e reso delicato dalla panna...
Gli uccelli busseranno col becco sui vetri delle vostre finestre, tutta una sorta di bestie di cui non sospettavate l'esistenza si affaccerà alla vostra vista per annusare quest'inedita delizia, i vostri vicini di condominio aspetteranno col piatto in mano fuori dalla porta che vi degniate di far loro dono di anche solo una molecola del prezioso bene...
Sì, come sempre esagero. Come diciamo qua: nun me regolo...
Questo l'effetto che fa appena sfornato; non propriamente elegante, certo, ma si sa gli sformati avranno pure questo nome per una ragione, no?


Ci ho messo vicino dei cetrioli in salamoia tagliati a fettine. Un connubio incantevole. 
Ecco, con quella cofana (recipiente dei muratori per contenere la calce...) de robba, credevate forse che mi sarei salvato per le successive due sere? Pagerò caro il non sapermi regolare con le dosi, mannaggia la pupazza...
Stasera, fresca di frigo, già s'era rassodata e aveva assunto un aspetto già più umano:


Ah, ma sono l'unico folle a cui piace mangiare i timballi e gli sformati anche belli freddi di frigorifero? No? Meno male...

Detto svedese del giorno:
En bit bröd i fickan är bättre än en fjäder i hatten.

Un pezzo di pane in tasca è meglio di una piuma sul cappello.

Oggi ascoltiamo:
Agnetha Faltskog - Vart ska min kärlek föra - da "Jesus Christ Superstar" (versione svedese del 1972)

http://www.youtube.com/watch?v=X_nX8xFfPn4 


Ah, non lo sapevate che la regina Agnetha, prima di diventare una A degli ABBA, era già abbastanza famosa in terra di Svezia? Nel 1972 prese parte anche al musical Jesus Christ Superstar in lingua locale... Una chicca.

P.S. A proposito di cibi svedesi. Ricordo ancora la faccia di Jamie Oliver quando, in una puntata dedicata alla cucina in giro per l'Europa, assaggiò presso amici svedesi lo Surströmming...
Non sapete cos'è? Qualcosa di allucinante.
Guardate come ce lo descrive il simpatico Alberto in un suo post.
Ah, scusate... Leppagorre è andato a vomitare...

Lama trishana


Ciavete creduto, eh? Che ve facevo quarche piattino indiano pieno de spezie murticolori e dar profumo che se sarebbe sentito fino a du' chilometri de distanza, eh? Manco pe' gnente
Oggi pasta, visto che ne mangio così poca...



L'Amatriciana o Matriciana, che dir si voglia, è uno di quei piatti che uniscono e dividono.
Dicono sia arrivato a Roma da Amatrice, e guai a metterlo in discussione con i nostri cugini sabini! 

È l'unico vanto culinario che abbiano mai avuto a livello nazionale...
È un piatto importato, come tutto a Roma, del resto. Ma è stato fatto suo, come romano diventa chi a Roma vive o anche solo soggiorna. Roma accoglie, abbraccia e fa sua ogni cosa, anche la più distante...
La gente qui ha il suo tranquillo savoir faire che le consente di accettare tutto, o quasi, con serena e placida rassegnazione. D'altronde, 'sti quasi duemila anni di potere papalino ci hanno fatto digerire un bel po' di magagne... 

Quanno succede quarcosa er romano arza le spalle e fà: "Embè?".
E oggi aggiunge pure un "M'arimbarza!" (Ossia: quello che accade mi rimbalza, non mi fa nulla...).
Vabbè, va, torniamo al nostro piattino.
I puristi affermano, scritto su tavole di bronzo: “NO AGLIO! E NO CIPOLLA!”.
E sotto, a caratteri più piccoli: "Pena la scomunica!".
Si sa, i puristi hanno sempre quella sorta di alone austero un po' patetico perché slegato del tutto alla mobilità della vita, come l'Arcadia nel Settecento, dove si scriveva venerando il passato o come pure in alcuni circoli odierni dove si pretende di scrivere sonetti nel romanesco dell'epoca del Belli, che nessuno oramai parla più...
Sull'aglio e la cipolla, comunque, come dar loro torto? In effetti non servono.
Ma, il mondo è vario. Una volta, sull’autobus, mentre parlavo di amatriciana con un mio amico al telefono e gli dicevo, scherzando sul quel dogma  culinario, che "assolutamente" non ci vuole né aglio e né cipolla, una donna che non conoscevo girandosi piccata, come se le avessi detto: ”Signora, lo sa che suo marito le mette un cesto di corna così e fa anche la trans sulla tangenziale col nome di Lola la ghiotta?”, mi rimbrottò severa: “No! Ci vuole la cipolla. La cipolla ci vuoleee!”... Aho! E carma, signó!... Mah.. Sicuramente non era romana...



Un nostro caro e indimenticato concittadino, Aldo Fabrizi, oltre ad essere un grande attore era anche un rinomato amatore della buona cucina: i colleghi della compagnia  del "Rugantino" di Garinei e Giovannini, dove recitava la parte del boia Mastro Titta, ricordavano con un sorriso come lui, durante il tour americano dello spettacolo, si fosse portato tutto l'occorrente da casa per cucinare la "sua" pasta che, si sa, in America, non è proprio il piatto nazionale.
Bene, il Nostro è stato anche poeta, non lo sapevate? 

Cercate in qualche biblioteca qualcuno dei  suoi libri più famosi: "La pastasciutta", "Nonno pane" e "Nonna minestra".
Chi saprebbe raccontare come lui in un sonetto in romanesco una ricetta, ben condita di "considerazioni in versi", come riporta lui stesso nei sottotitoli? Questo è quanto scrive sulla Matriciana:

“La Matriciana mia”
Soffriggete in padella staggionata,
cipolla, ojo, zenzero infocato,
mezz’etto de guanciale affumicato
e mezzo de pancetta arotolata.

Ar punto che ‘sta robba è rosolata,
schizzatela d’aceto profumato
e a fiamma viva, quanno è svaporato,
mettete la conserva concentrata.

Appresso er dado che jè dà sapore,
li pommidori freschi San Marzano,
co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.

E ammalappena er sugo fa l’occhietti,
assieme a pecorino e parmigiano,
conditece de prescia li spaghetti.


Che splendore! Splendore dei versi che scorrono nell'anima come vinello ner gargarozzo!
E ora che l'anima è bella sazia di parole, emozioni e sensazioni, facciamoci pure la nostra bella pasta.
Soffriggere del guanciale a pezzetti; i soliti puristi dicono: 3 x 1 cm e 0,8 cm di altezza... E che palle 'sti puristi!

Unitevi una grattatina di zenzero. Non siete convinti sullo zenzero? Fidatevi, se non di me almeno di Aldo Fabrizi!
Mica sarete dei puristi, vero? "Si deve! Non si deve!". Macché, qui siamo appassionati: si prova e si riprova!
Aggiungere del vino bianco secco (io avevo un bell'aceto bianco profumato e ho usato quello), far svaporare e poi versarvi il pomodoro. Bollire per una ventina di minuti e poi aggiungere, a piacere, del peperoncino a pezzi.
Nel frattempo fate cuocere i bucatini, o una qualsiasi altra pasta che vi risulti più "maneggevole".
I bucatini, si sa, sono ribelli: schizzano sugo e fischiano senza riguardo come dei maschiacci, come i borgatari che Pasolini amava tanto per la loro immediatezza e la loro freschezza d'animo.
Fate così: oggi fatevi degli spaghetti, poi domani passate ai vermicelli, e il giorno dopo, puntate sui bucatini. 

A certe cose si arriva piano piano...
Io che non sono né un purista né un maschiaccio ho optato per i vermicelli, belli paccuti e solidi, ma discreti...
Quando la pasta è cotta, scolarla e mantecarla in padella "vestita" con un po’ di pecorino.
Far insaporire col condimento e... chiss'è visto s'è visto!



Detto romano del giorno:
Se pijeno più mosche co 'n pizzico de méle che co 'n barile d'aceto.

Si catturano più mosche con un pizzico di miele che con un barile d’aceto.

Oggi ascoltiamo:
Aldo Fabrizi - Na donna dentro casa - da "Rugantino" (edizione del 1978)

http://www.youtube.com/watch?v=wS0q870ne94


P.S. Vi fa tristezza la mia tovaglietta di plastica, vero? Ma così è. Qui cucino, qui mangio, qui vivo. 
Da "Chez Momó" a Paris ci si arrangia così. Ah, ah....