venerdì 30 novembre 2012

Torta Porella... anzi, Modesta

- Uh, uh, uh... sigh! Porella!... Povera tortina mia bella!...
- Ma che piangi, Leppagorre? Che t'è successo?
- Lei, l..lei... poverella...
- Ma lei chi?
- La..l...la tortina che...c..che abbiamo fatto... Uh, uh, uuuh... Si crede una Sacher ma non lo è, poverella...
- Ed io che perdo tempo ad ascoltarti! Ancora non mi sono imparato che, in fondo, sei un demone, e hai la vocazione all'inganno e allo sfottó. La volevi o no una tortina, piccola, con la crema di clementine?
- Sì, ma lei non è...
- Non è, lo so che non è. Su, smettila, datti pace, che non possiamo pretendere mica di più. Siamo sul tandem, noi...
- Tandem? E che vor dì?...
- Siamo entrambi sullo stesso triciclo... Quindi non m'istigare e becca quello che è venuto!
- Brrr... che freddo... certo che 'ste battute pessime te le potresti pure risparmiare...
- Certo, quello delle battute brillanti sei tu... Ma la vogliamo assaggiare?
- No, aspetta, che la glassa non s'è ancora asciuttata.
- Asciugata, vorrai dire.
- Sì, vabbè, è ancora un po' morbidella.
- Ah, ricordiamoci dell'anatema della pasticcera.
- Quale antanema?
- Anatema, Leppagorre... Mamma mia quanto sei cafone!... Anni e anni fa, quando ancora acquistavo i dolci, mentre stavo comprando una Sacher chiesi alla pasticcera se andasse messa in frigo...
- E lei?
- Lei, con gli occhi fuori dalla testa, come un dragone da capodanno cinese mi urla, a mo' di maledizione: "La Sacher non va in frigooo! Assolutissimamente non ci va!!!"
Se le avessi chiesto le chiavi della cassa non avrebbe reagito allo stesso modo...
- Ma questa ha una crema con l'uovo dentro...
- Hai ragione, e infatti: via, in frigo!

 
Per la torta
(Diametro da 14 cm,  solito stampo ipo-non-so-che. Per una teglia da 24 cm fate 5 uova e triplicare le dosi degli altri ingredienti)
Un uovo (peso orientativo, col guscio,  di 60 g)
40 g farina
60 g zucchero
60 g burro morbido
20 g cacao
poco latte, q.b.
la scorza tritata di una clementina.

Montate a neve l'albume dell'uovo.
Lavorare il burro a crema.
Tritare la scorza dell'agrume con lo zucchero e unirla al burro.
Mescolare e aggiungere il tuorlo dell'uovo, facendolo assorbire bene dall'impasto.
Setacciare la farina assieme al cacao e unirla a cucchiaiate nel composto.
Se questo dovesse risultare troppo sostenuto aggiungere un cucchiaio, o q.b., di latte.
Unire la chiara a neve, mescolando il composto dal basso verso l'alto, per non farla smontare.
Versare nella teglia imburrata e infarinata e cuocere a 180° per 40 minuti circa.
Di rigore, come l'abito scuro in una serata di gala, la prova stecchino.

Mentre la tortina raffredda sulla gratella prepariamo la crema.
Il principio è quello della Crema suscettibile all'arancia, solo che qui metteremo le clementine.
O mandaranci, come li chiamavamo quelli della mia generazione.
C'est à dire i mandarini incrociati con le arance.
E noi amiamo molto il meticciato, che è la salvezza di ogni cosa che vive.

Per la farcia:
1 uovo
150 ml succo di clementine (circa 4 o 5 di media grandezza)
40 g     zucchero
15 g     farina.
Si lavora in una casseruola l'uovo intero con lo zucchero.
Aggiungiamo la farina e stemperiamo il composto con il succo di clementine.
Mettere sul fuoco a fiamma bassa e, sempre mescolando, far addensare la crema.
Ricordo che le uova non sopportano temperature troppo alte, e a 84° si sbrindellano, addensandosi senza pietà.
È importante quindi lavorare le creme a fiamma bassa, o magari a bagno maria, per andare sul sicuro.
Comunque mescolare sempre, con tanta, tanta pazienza.

Potreste approfittarne per ricordare, se avete più di quarant'anni, le calze della befana della vostra infanzia.
A meno che non foste di famiglia agiata le calze dell'epoca (si parla della metà degli anni Sessanta) non erano quello strabordio di dolciumi confezionati che ognuno può avere in ogni periodo dell'anno.
Nelle calze di quel periodo, alla faccia del boom economico, c'erano povere cose, ma preziose.
C'erano noci, caramelle, nocciole, qualche raro e sparuto cioccolatino, liquirizie e del carbone dolce, che serviva a ricordare le marachelle fatte durante l'anno.
E ogni tanto, per dare un tocco di colore e per riempire la calza, qualche bel mandarino profumato.
Le clementine non erano così diffuse (sono state ottenute negli anni Quaranta...) e allora giù a mandarini, che allora costavano anche cari ma che facevano scena, chiusi nella calza di lana.
Ricordi di un benessere agli albori, di quella che non era povertà ma, piuttosto, una condizione modesta.

- Allora la chiamiamo Porella-Modesta!
- Sì, così ci ricorda il meraviglioso personaggio de "L'arte della gioia" di Goliarda Sapienza.
- E chi era?...
- Lascia perder, tanto tu non sai leggere...

Quando la crema sarà addensata trasferirla in una ciotola per farla raffreddare, agitandola di tanto in tanto per evitare che formi la pellicola.
Preparare una bagna facendo bollire per qualche minuto mezzo bicchiere d'acqua con un cucchiaio di zucchero, la scorza di una clementina e, se ne avete, poco Cointreau.
Far raffreddare e passare alla glassa:

Glassa al cioccolato pro-Sacher-e-non
100 g cioccolato fondente
70 g   zucchero
1 bicchiere d'acqua.
Portare ad ebollizione l''acqua con lo zucchero, e cuocere lo sciroppo per cinque minuti.
Aggiungere il cioccolato a pezzetti e mescolare bene per farlo sciogliere.
Rimettere sul fuoco, a fiamma moderata, per far addensare la glassa, sempre mescolando.
È pronta quando, immergendovi il cucchiaio, questo sarà velato.

- Ossia, quando nasconderà il suo orientamento sessuale?...
- Che cretino che sei, Leppagorre... No, quando rimarrà una patina di glassa che formerà un velo sul cucchiaio, hai capito?
- Avevi capito anche prima, mica sono scemo!
- Certo, lo immagino...

Quando la torta...
- Tortina!.. Guarda, com'è piccola e indifesa, poverella...
... quando la tortina sarà ben fredda, tagliarla in tre strati con un coltello seghettato.
Distribuire la bagna nel primo strato in basso, versare metà della crema, coprire col secondo strato di torta e ripetere l'operazione.
Ora non resta che spennellarne la superficie con della gelatina o della marmellata sciolta in pochissima acqua.
Questa operazione appianerà le asperità della superficie della torta ed aiuterà la glassa ad aderirvi sopra.

Versare ora la glassa intiepidita sulla torta.
La temperatura di lavoro ottimale è di circa 40°, oltre è troppo fluida, mentre se troppo fredda risulta troppo soda e non riesce a coprire agevolmente la torta.



 
Ripetere l'operazione più volte, per ricoprire il dolce omogeneamente, e ad ogni colata di glassa la vedrete diventare sempre più bella lucida ed invitante..



- Porella...
- Ancora? Che c'è stavolta?
- Guarda: una povera, piccola, minuscola fetta indifesa. Così piccina e sola... Uh, uuuh....
- Leppagò, e basta con 'sta sceneggiata napoletana, prendi e falla fuori.
- OK... Glom!... Ta-dààà... Si'iori e si'iore, la Porella nun c'è più!
- E nemmeno la modestia, a quanto vedo...

Aforisma del giorno
Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la sensazione d'aver torto.
(Oscar Wilde)

Oggi ascoltiamo
Etta James - At Last
http://www.youtube.com/watch?v=KhSWM_CK94M

giovedì 29 novembre 2012

Bambacioni di ricotta (al forno)

- Ecco, lo sapevo, faccio lo sbrasone (1) e poi, a testa china devo tornare sui miei passi...
- E perché?...
- Leppagorre, caro, lo so cosa vuol dire quello sguardo, non fare lo gnorri!
- Ma come, se dici sempre che la ricotta è uno dei formaggi più magri, che te la dava pure il dietrologo, che qui e che lì... Insomma, che vuoi da me?
- Che non mi faccia quella faccia da derelitto solo perché l'unico dolce che mangi è lo yogurt con un cucchiaino di miele... E poi era il dietologo, ignorante!
- Ah ma io mi accontento anche...
- Falso! Sei come una banconota da sette euro e cinquanta!
- No, no, è la verità!
- E allora perché quando hai visto in frigo la ricotta avanzata da ieri hai preso il barattolo dello zucchero e te lo sei stretto al petto come cicciobello?
- Così... Noi siamo affettuosi, sai, mica come...
- Senti, ti avverto: niente strafoghi e niente bagordi. E, soprattutto, niente fritti!
- Capirai, con due etti di ricotta mi ci spolvero il molare sinistro!...
- Allora dì al tuo dente sinistro di trovare il modo di venir fuori con un sorriso, sennó niente dolce!
- Ci facciamo i Bambacioni?...
- E che sono?
- I bambacioni sono persone rotondette e pacioccone, che non fanno mai niente di male a nessuno...
- Lo so cosa sono i bambacioni in romanesco, non capisco cosa intenda tu.
- Sono dei raviolotti alla ricotta. Ce li facciamo?... In forno, tranquillo, non fare quella faccia! Sono Bambacioni, e non fanno male a nessuno!
- Devo crederti?...
- Ti ho mai detto una bugia, io?
- Sempre! Inizio a conoscerti da come agiti la coda...
- Allora, ci vuole....

Per la pasta:
150 g farina
50 g   burro fuso
30 g   zucchero
1 uovo
1 cucchiaio di rhum bianco
Mescolare gli ingredienti fino a formare un impasto omogeneo ed elastico.
Metterlo a riposo la classica mezz'ora.
Dopo tutto 'sto strapazzo, ve ne sarà grato...

Intanto preparate il ripieno:
200 g ricotta
30 g   noci
50 g   uvetta
2 cucchiai di miele
1 cucchiaio di zucchero di canna
1 cucchiaino di zenzero fresco grattugiato
la scorza di mezza arancia grattugiata
un'ombra lieve di cannella in polvere.

Mettete l'uvetta a rinvenire in acqua fredda. Tritate grossolanamente le noci.
Lavorare la ricotta con un cucchiaio, unire lo zucchero, il miele e le noci.
Asciugare l'uvetta in un panno pulito e unirla al composto.

Passata la mezz'ora canonica prendete la pasta, stendetela con un mattarello e, con una tazza ricavatene dei cerchi, che riempirete con un cucchiaino d'impasto.
Pennellate con dell'albume il bordo dei cerchi di pasta e chiudeteli a mezzaluna.
Premete i bordi dei bambacioni, cercando di non far fuoriuscire il ripieno.
Disporli su una teglia ricoperta di carta forno. (2)
Cuocerli per 20 minuti a 180°
Appena usciti spolverarli di zucchero al velo.


Ah, aspettare un paio d'ore prima di divorarli...

Detto romano del giorno
S'impara ppiù cor fa che cor dì.


Oggi ascoltiamo
Nina Simone - I put a spell on you

http://www.youtube.com/watch?v=UGvI3dXldPI

1) Lo strafottente, quello troppo sicuro di sé.
2) La carta forno dà il meglio di sé se la si bagna un po' in acqua fredda e poi si strizza. Et voilà! Si stende anche meglio...

mercoledì 28 novembre 2012

Bombolini di ricotta in brodo (Bom-bo-lin alle Cinque Spezie)

Chi non mai ha visto "Delitto al ristorante cinese"?...


Alla fine degli anni '70 Tomas Milian incarnò in una decina di film l'ispettore Nico Giraldi, un ex ladro in seguito arruolatosi in Polizia, un personaggio divenuto icona di quel periodo, con la sua tuta azzurra, i lunghi capelli neri e ricci tenuti sotto una bandana e gli occhi scuri che sembravano fulminare il malcapitato di turno. Un tipo trucido e dalle maniere spicce ma anche verace e di buon cuore, che grazie alla sua abilità riusciva a risolvere con arguzia anche i casi più intricati.
In ogni film Giraldi aveva come degna compagna la scorbutica Angela, ossia Olimpia Di Nardo (una grande attice, scomparsa troppo presto...)
Ma la vera spalla di Milian in tutta la serie di film era Franco Lechner, nella parte dil'indimenticabile Bombolo, un ladruncolo amico dell'ispettore che, volente o nolente, riusciva sempre ad aiutarlo ad arrestare il criminale di turno ...
Sì, perché Bombolo rappresentava il ladro un po' guitto e ingenuo, con un suo codice etico che non prevedeva l'assassinio o la prepotenza verso i più deboli.
Era il romano un po' fregnone e molto Rugantino, e sempre con la battuta pronta (Mejo perde n'amico che na risposta pronta, dice un proverbio romanesco...):



Le battute di Bombolo sono state il tormentone di un'intera generazione, ed anche oggi conservano la loro capacità di farci divertire:
"Metti giù le mano che te tajo come na cipolla, e manco me metto a piagne!"
"Tsé, tsé... - Piagnucolava, dopo l'ennesimo schiaffone di Giraldi - Si te riconosco me meni, si nun te riconosco me meni uguale!... Dimme che me voi menà!"
La coppia Milian-Bombolo funzionava alla perfezione: l'attore e la sua spalla intercalavano battute salaci, quasi da avanspettacolo, con un turpiloquio spudorato, quasi candido ma funzionale ai personaggi, che li rese subito popolari.

Nel "Delitto al ristorante cinese" Milian impersona sia l'ispettore Giraldi che Ciu Ci Ciao, un cinese immigrato de straforo (1) in Italia per lavorare nel ristorante dove, fatalmente, si svolgerà il delitto.
Con i denti sporgenti, una pettinatura improbabile e i suoi modi garbati resta un personaggio indimenticabile.


Memorabile la battuta rivolta a Bombolo, che non capiva mai al volo i suoi giochetti o i suoi ragionamenti:  "Ah...io mongoloide di Mongolia, e tu mongoloide di malattia"

La scena del riso ripieno con folmichina è diventata una scena classica del film, come pure il battibecco "Pocoto, pocoto" ("Presto, presto", nel "cinese" di Ciu Ci Ciao).


Film semplici, di poche pretese, ma quei tempi il cinema offriva i polpettoni di Antonioni o le cialde de "Er Monnezza", nient'altro in mezzo...
Film per ridere, film senza alcuna parvenza di politically-correctness, film di "cassetta" si sarebbe detto poi.
Ma film interpretati da professionisti inaspettati (andate a vedere il curriculum artistico di Tomas Milian...), con dei personaggi al limite della macchietta (come il povero Bombolo) che erano la vera spezia forte della storia.
Personaggi stereotipati ma, in qualche modo, "veri": chi è di Roma ricorda un Franco Lechner  venditore ambulante assieme al fratello, pari pari al Bombolino dei suoi film...
Oggi Tomas Milian è un anziano signore di quasi ottant'anni, che compare poco in tv se non per rievocare il suo personaggio più popolare.
Un uomo d'una mitezza e dai modi così gentili che fa scoppiar dentro guizzo di tenerezza.
Un uomo molto diverso dal Giraldi o Er Monnezza dei film dei tempi d'oro.
Ecco quello che racconta del suo compagno di lavoro di sempre...
Ah, quello schiaffetto sulla bara...

Non bisognerebbe mai rinnegare o dimenticare il proprio background culturale.
Nella mia giovinezza non c'era ancora Pirandello e Kierkegaard... Quelli sono venuti dopo.
Non c'erano  Leopardi, Platone o Shakespeare: c'erano Topolino, Tirammolla, Tomas Milian e Bombolo.
C'era Ciu Ci Ciao, che oggi nessuno si sognerebbe di portare sullo schermo, per non offendere i nostri concittadini cinesi...
Allora le minoranze erano sparute, e Piazza Vittorio era ancora abitata da romani.
Oggi i Ciu Ci Ciao vestono in jeans e non con un improbabile caffettano di seta; hanno i capelli lisci di gel, il telefonino d'ultima generazione e parlano romanesco meglio di me.
In onore del tenero, scaltro e indifeso Ciu Ci Ciao dei primi anni Ottanta (del secolo scorso...) un piatto che unisce Roma a Pechino.

Bombolini di ricotta in brodo o, anche: Bom-bo-lin alle Cinque Spezie.
Per due persone (io e Lǐ Kǎ Ěr Duō)



Versione romana                
500 ml brodo (di carne o, ahimé, di dado)
100 g   ricotta
1         uovo
2 cucchiai di parmigiano
3, 4 cucchiai di farina
sale e pepe q.b

Per la versione cinese, aggiungere:
1/2 cucchiaino di curry
una punta di zenzero fresco grattugiato

Lavorate la ricotta fino a ottenere una crema liscia e omogenea.
Amalgamatevi un uovo intero, il parmigiano, la farina, il sale e il pepe.
Lavorare il composto, che deve essere di consistenza abbastanza sostenuta, come un puré ben sodo.
Se occorre aggiungere un poco di farina e di parmigiano.
Per la versione cinese unire anche le spezie e mescolare bene.

Portare il brodo a ebollizione.
Per la versione cinese, aggiungere un cucchiaino di Polvere di Cinque Spezie.

Aiutandosi con il cucchiaino (un po' come per le quenelles) formare con l'impasto delle palline grandi come nocciole.
Tuffarle, poche alla volta,nel brodo bollente.
Man mano che saranno cotte scolarle con una schiumarola e versarle nelle tazze.
Aggiugere brodo a piacere.

Per la versione cinese-romana-trucida:
Infarinare leggermente le palline di ricotta (alla romana o alla cinese, non importa. Sono entrambe trucide...) e friggerle in olio ben caldo.
Asciugarle su carta da cucina. Mettetele quindi nelle tazze e versarvi il brodo bollente.




Servite, in tutte le versioni scelte, con formaggio grattugiato.

Detto cinese (e romano) del giorno
不做 亏 心 事 ,夜半 不怕 鬼 敲 门

bú zuò  kuī xīn shì , yè bàn  bú pà  guǐ  qiāo mén
Male nun fà, paura nun avé


Oggi ascoltiamo
Chewingum - L'alba di Roma Est

http://www.youtube.com/watch?v=trtHE_ojP9U
Le peggio cose tra i vicoli ciechi di Roma Est, dove tutto può quasi sempre succendere...

1) ossia di nascosto, clandestinamente...

giovedì 22 novembre 2012

La Polvere delle Cinque Spezie

Ovvero: 五 香 粉 (Wǔ xiāng fěn)

Spezie, Amiche spezie! Cosa farei senza il vostro aiuto in questi giorni di dieta così ipo-di-tutto?
Oltre alle abituali cannella, noce moscata e chiodi di garofano, da qualche tempo ho imparato ad aggiungere allo spezzatino bacche di mirto e ginepro, assieme a lauro, pepe e il classico Trittico (carota-sedano-cipolla).
Non da molto ho capito quanto può dare alla carne da hamburger una punta di cumino e una di coriandolo (sì, e anche mezza cipolla tritata nell'impasto, e nient'altro).
Mi sono crogiolato nella curcuma (che tinge ogni cosa, benedetta lei!), usandola nella pasta e negli  impasti dolci o salati.
Ho messo curry in ogni cosa che avesse due ali e che non fosse un aereo, o quattro zampe e che non fosse un tavolo...
Ora sto saggiando il cardamomo... con la stessa prudenza e curiosità che hanno i cani quando si incontrano per strada.
Ma questa delle Cinque Spezie proprio mi mancava.
Eh sì, i cinesi la sanno lunga...
Scrivevano coi loro eleganti logogrammi già 3000 anni fa e oltre, quando Roma ancora non esisteva (verrà, dice Marco Terenzio Varrone, "solo" il 21 aprile del 753 a.C...) e intorno ai villaggi sul Tevere pascolavano serene le pecore.
E da almeno 1300 anni nel Regno di Mezzo (e non c'entrano gli Anelli, casomai i Sigilli...) si usava già un miscuglio di spezie che racchiudesse i 5 gusti della teoria dietetica cinese: dolce, amaro, acido, pungente e salato.
Secondo la filosofia della medicina tradizionale cinese, infatti, l'equilibrio tra questi gusti simboleggiava quello tra lo Yin e lo Yang, essenziale per la buona salute dell'uomo.

Tradizionalmente la polvere è composta da:
Anice stellato              [Gusto amaro]
Pepe di Sichuan (1)    ["         piccante]
Chiodi di garofano     ["         salato]
Cassia (2)                    ["         dolce]
Semi di finocchio (3)  ["         acido]

1) Lo huā jiāo (花椒, ossia "fiore delle spezie").
Non è il pepe che conosciamo noi ma, se si ha difficoltà nel reperirlo, si può anche utilizzare il "normale" pepe nero in grani. Quello che conta, infatti, è la sua piccantezza.
2) che non è la consolare a nord di Roma... Si tratta infatti della cannella cinese (rou gui).
Si usa anche la cannella comunemente reperibile da noi, in mancanza d'altro.
3) oppure semi di anice verde, o anche il gan cao (甘草), ossia la liquirizia cinese, come ho trovato nel preparato in busta che comprato nel negozio dagli amici di Piazza Vittorio.

Questo mix puo’ essere usato in molte preparazioni, dal salato al dolce, e la sua versatilità è per noi occidentali ancora tutta da scoprire.
Nella cucina cinese si usa per gli stracotti e gli stufati di carne grassa (maiale, anatra), secondo le regole della cucina Lu, una delle Quattro Scuole tradizionali. È infatti grazie alla lunga cottura che la carne assorbe tutti gli aromi delle Cinque Spezie. Si usa, per esempio, nell'anatra alla pechinese, ma anche per dare sapore all'insipido tofu, o per aromatizzare zuppe e verdure saltate.
Avete mai provato quelle bustine di zuppa "istantanea" contenenti vermicelli di frumento, bustina di condimento grasso e bustina di spezie? Bene, le spezie della zuppetta sono proprio loro, le magnifiche cinque...
Dalla Cina il suo uso si è poi diffuso in altri paesi dell'Estremo Oriente (nel Vietnam, per esempio, dove si aggiunge al pollo bollito).

Se si vuole prepararla in casa basta munirsi di:
2       pezzi di anice stellato
1       cucchiaino di semi di finocchio
1/2    cucchiaino di pepe di Sichuan (o pepe nero, in grani)
1       cucchiaino di cassia (o cannella)
5       chiodi di garofano
Le quantità sono approssimative, visto che di questa mistura ne esistono numerose e diverse varianti, sia per ingredienti usati che per le dosi. Possiamo infatti modificare secondo il gusto la quantita’ di ogni singola spezia.
L'ideale sarebbe avere le stesse quantità delle diverse spezie, per un corretto bilanciamento.
Dello Yin e dello Yang, ovvio...

Si tostano in un padellino l'anice spezzettato e il pepe nero per 3-4 minuti.
Aggiungere gli altri ingredienti e lasciar tostare per un altro minuto.
Si trita il tutto in un macinino e si conserva la Polvere in un barattolo ben chiuso.
Ah, e se il macinino si impregnasse d'un persistente aroma orientale, basta poi tritavi del riso in grani, che ne assorbirà l'odore.

Proverbio cinese (e romano) del giorno
干柴烈火    Gan chai lie huo (Legno secco, fiamma divampa).
Se i giovani stanno troppo vicini, finiscono per non controllarsi più.
Che in romanesco è:
La paja accant' ar fòco pija subbito. 

Eh sì, alla fine tutta l'umanità dice, da sempre, le stesse cose.
Ricordo le risate che mi feci quando sentii dire, in lingua russa:
Маленькие дети, маленькие проблемы - Большие дети, большие проблемы
Ovvero:
Fiji piccoli, probblemi piccoli. Fiji grossi, probblemi grossi.

Insomma:
A 'sto monno, strigni, strigni semo tutti diversi ma pure tutti uguali...

mercoledì 21 novembre 2012

Cappellacci ripieni con radicchio e noci

Ecco, il radicchio e i carciofi sono una delle ragioni per cui amo l'inverno.
Il loro sapore amarognolo è come il nero: va su tutto. Pasta, riso, pizza, torte salate e quiche d'ogni genere.
Per non parlare poi della pasta ripiena...
Molti pensano che ci voglia chissà quanto lavoro per fare dei ravioli, e quando presenti a tavola la pasta ripiena si sente un ohhh, come a dire: all'anima, che bravo, chissà quanto impegno ci hai messo...
In realtà è più semplice di quanto sembri, e la soddisfazione è assicurata.
In primis preparare la pasta.
Per 3, 4 persone:
300 g farina
3        uova
sale q.b.
Lavorare con energia fino ad avere un impasto omogeneo ed elastico.
Formare una palla e lasciare riposare al coperto almeno mezz'ora.

Nel frattempo preparare il ripieno:
400 g radicchio tondo
100 g ricotta
75 g   noci tritate
30 g   parmigiano
2        uova
1/2     cipolla bianca piccola
Mondare il radicchio e ridurlo a striscioline.
Far appassire la cipolla tritata finemente, quindi unire il radicchio e farlo stufare.
Raccontategli, che ne so, della prima volta in cui vi siete innamorati, con tutta la dovizia di particolari che occorre per stufare ben bene chi vi ascolta.
Se avete un radicchio particolarmente curioso mostrategli le 750 foto che avete scattato durante la vostra ultima vacanza, foto di una noia e di una banalità mortale che stuferebbero qualsiasi verdura...
Insomma, coprite il tegame e fate cuocere a fuoco basso, girando sovente per non far attaccate il radicchio.
Se s'asciuga troppo bagnare con un cucchiaio d'acqua.
Salare moderatamente (vi ricordo che in agguato c'è il parmigiano...) ed aggiungere mezzo cucchiaino di zucchero, per stemperare l'amaro.
Mentre la verdura s'intiepidisce lavorare la ricotta con il parmigiano e le noci (lasciatene da parte due o tre cucchiai per condire poi la pasta) e unire le uova.
Tritare il radicchio col mixer o con la mezzaluna, e unitene una buona metà al composto.
Mescolate bene e passate a stendere la pasta, non troppo sottile.
La mia macchinetta dice: spessore 4.
Con un coppapasta, o un bicchiere ricavatene dei cerchi (circa 7 cm).
Versare un cucchiaino scarso di ripieno su un disco, coprite con un altro disco e premete intorno all'impasto in modo da far uscire l'aria, quindi schiacciate i bordi per sigillare.


Se proprio siete maniaci come me schiacciate bene il bordo per non averlo di spessore doppio rispetto al corpo del raviolo, quindi con coppapasta rifilatene il bordo, che sarà diventato il cappello di Rossella O'Hara in Via col vento o, peggio ancora, quello della famigerata fata Barabattula...
Ne verranno una trentina, circa. Bastano?



Ma... e quei due ? Non sono mica dei cappellacci. Uno è un raviolo e l'altro un tortello...
Beh, in ogni massa che si rispetti c'è sempre qualcosa, o qualcuno, che è differente, che si distingue, anche solo per la forma.
Il contenuto, poi, sia dei ravioli che degli esseri umani, si sa, è in fondo, sempre lo stesso per tutti.
La diversità dell'animo è una grazia o una maledizione.
Lo diceva anche Sandro Penna in una sua famosa poesia:

                                                Felice chi è diverso      
                                                essendo egli diverso.       
                                                Ma guai a chi è diverso      
                                                essendo egli comune.
                                             (da Appunti {1938-1949})

Comunque, mentre la pasta cuoce in acqua bollente e salata, preparare la salsa, rosolando in 50 g di burro il radicchio rimanente.
Scolare i ravioli (cuociono in pochi minuti: da quanto salgono a galla contate un paio di minuti e saranno perfetti) e condirli con la salsa di radicchio e spolverateli con le noci tritate che avevate tenuto da parte (non ve le siete magnate, vero?...)


Sono talmente bboni che si potrebbero vestire solo con burro fuso e parmigiano.

Versi del giorno
Un dì la vita mia era beata.
Tutta tesa all'amore anche un portone
rifugio per la pioggia era una gioia.
Anche la pioggia mi era alleata.


         
                                               Sandro Penna

Oggi ascoltiamo
Elizabeth Frazer - Take me with you

http://www.youtube.com/watch?v=6hUoPQ_BuYA

giovedì 15 novembre 2012

Jurassic-cake: Torta con dinosauri

Si sa, ai bambini piacciono le cose portentose, gli aggeggi meccanici, le bestie più disgustose del regno animale e vegetale.
È uno dei misteri della psicologia (o della genetica, chissà...)
Più una cosa ispira potenza, più è schifosa, grande e "sgraziata" più è loro gradita.

Ma in fondo i dinosauri piacciono anche a me...
Poveri bestioni disgraziati, che un sasso da cielo ha spazzato via per sempre...

Con l'occasione del compleanno del nipotino non ho avuto dubbi sul tema.
"Remo, quale personaggio ti piace?" - Detto con la noncuranza di chi "gatta ci cova".
"Batman... Spiderman... i Dinosari..."
E dino sia! Detto tra me e me con un gesto di vittoria.

Le torte a tema Giurassico, se ci fate caso, hanno quasi tutte una conformazione standard.
È il tropos delle Giurassictorte...
Vi sono:
- Un vulcano;
- Un Tirannosauro;
- Uno o più grandi erbivori (Stegosauro, Brontosauro, Triceratopo, a scelta);
- Piante arcaiche (palme, cicadee, felci giganti, etc...).
- Corso d'acqua con annesso Plesiosauro, tanto per gradire.
Quindi una cosa laboriosa.
La festa era di domenica ed io il mercoledì stavo a questo punto:


Non ce la faccio, non ce la faccio, non ce la faccio...
Il mantra nero mi suonava nella mente, ma tanto si sa che, bene o male, ce la posso sempre fare.
Quindi sabato ho preparato due Pandispagna da 21 cm di diametro (dose da 6 uova, divisa in due teglie identiche).
Occorrevano tre strati di farcitura, almeno. E al cioccolato, su richiesta del festeggiato.
Quindi crema pasticcera soda, dose da due uova, con aggiunta di 150 g di cioccolato fondente a pezzetti da sciogliervi dentro appena tolta dal fuoco.
E tanta, tanta pasta di zucchero, o MMF, di tanti colori, per ottenere questo:


Per la copertura un panetto da 400 g, per le decorazioni, beh, ho perso il conto, come Agrado coi litri di silicone in corpo...


E poi il problema di come rendere il vulcano: mi andava di fare una cosa scenografica, ma senza fumi e petardi, magari usando dello zucchero filato per rendere lo sbuffo di fumo del mostro eruttante.
Ma a Roma, evidentemente, non si mangia più zucchero filato, se non a natale, tra le bancarelle di piazza Navona... Prima, nisba!
Come fare? - Pensavo mentre me ne tornavo a casa coi piedi doloranti per l'infruttuosa ricerca.
Ho pensato a qualcosa che potesse prendere volume e... ma sì!


Gli spaghetti di riso cinesi! Basta prendere un ciuffetto di spaghetti ancora crudo, gettarlo per due secondi nell'olio di semi bollente e da stecchi secchi si trasformano in una simpatica nuvola friabile e insapore, quindi non invadente col resto della ricetta.
Ah, preparatene un bel piatto e decoratevi la superficie della vostra zuppa o vellutata.
Un figurone!...

Per il corpo del vulcano due cialde da gelato a tronco di cono, sovrapposti e ricoperti di cioccolato plastico, con della bella lava rossa che cola e delle fiamme giallo-arancio che guizzano verso l'alto.
Basta fare un cerchio di MMF, tagliarlo a raggiera e lavorare i bordi, quindi metterlo ad asciugare sottosopra sulla testa di una bottiglia, con della carta forno per non farla attaccare.
E il gioco, si fa per dire, è fatto!

Ci sono due piante con tanto di fiori, una libellula gigante, uno Stegosauro che fa la linguaccia al T-Rex (tanto ha gli aculei che lo proteggono, il para...vento!)
Poi anche un Plesiosauro (con un fil di ferro sagomato a sostenere il collo...) che addenta un pesce tutto colorato (a quei tempi tutti quei colori non volevano dire troppi additivi chimici...) e nuota sereno in un laghetto di gelatina colorata di blu:





E Remo ha voluto quindi la sua bella fetta di dolce con annesso T-Rex:


E noi potevamo perdere l'occasione per preparare un "dolcetto" in onore del neoarrivato Babà?
Con due fette di pancarré, tagliate con due coppa-pasta di diametro diverso, farcite con dell'omogeneizzato alla carne, regalo della sorellina del festeggiato (di Remo, non di Babà!)
e il tutto ricoperto con del formaggio cremoso lavorato con una frusta per un paio di minuti e distribuito sulla "torta" con una sac-a-poche con beccuccio a fiore.


Il monello a quattro zampe ha gradito molto

Auguri Remo!
Benvenuto Babà!

Detto romano del giorno
Vino ballerino, pane canterino e cacio pizzichino.


Oggi ascoltiamo
Björk - It's oh so quiet

http://www.youtube.com/watch?v=htobTBlCvUU

sabato 10 novembre 2012

Riso meno triste ai gamberetti e curry...

Personaggi e interpreti: io e Leppagorre...

- Me sventurato! Me tapino! Me misero!  Che sorte ria, funesta e fatale, questa mia!
- Ma che c'è, si può sapere?
- Qui, qui... leggi qui!
- Ma dài, lo sai che non so leggere!...
- Sì, sì, tu sei er sordo der compare, che ce sente quannno je pare! Insomma, guarda: novanta!
- Chili? Ebbè? Io peso tre volte tanto e mica faccio tutta 'sta cagnara... pardon, gattara.
- Ma tu sei compresso e decompresso a piacimento, maledetto demone! Sei tanto piccolo da stare sulla mensola delle spezie e così grosso da sederti sul tavolo da cucina. Io, invece, tra un po' i pantaloni me li infilerò solo col calzante! Poverammé!
- Esagerato! Che vuoi che sia? Basterà fare un po' di d...
- NO! Non dirlo! Non ti sento, non ti sento, tanto non ti sento! Blablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablablabla
- E levati 'ste mani dalle orecchie! Non sarà mica una tragedia fare un po' d'attenzione all'alimentazione, un po' di dieta...
- Ecco, l'hai detto! Gattaccio meledetto! Ma tanto 'ndo scappi? Va male pure a te, lo sai?
- Oddio, è impazzito... Smetti di baciare il barattolo dello zucchero e asciuga quelle lacrime. Su, comportati da uomo.
- È vero, hai ragione! Dammi un pugnale, che la faccio finita qui!
- Ecco a voi Francesca Bertini, appesa alla tenda e con la manina in capo... Ma secondo te siamo a livelli di lacrime e sangue?
- Insomma...
- E secondo te, con me vicino, non si riuscirà a mangiare comunque decentemente?
- È questo che mi preoccupa! Da quando ti vedo sono ingrassato a dismisura, invece dei globuli rossi ho nel sangue panetti di burro, ho i tricicli alti, le patate ai piedi e...
- E basta, su, che è ora di pranzo
_ Sì. e lo so che mi aspetta: la tristezza infinita di una zucchina lessata, il baratro del riso scondito, l'ecatombe dei latticini...
- Ecco, quelli forse sarebbe meglio limitarli. Oggi allora ci facciamo del riso bollito...
- Triste! Triste come poche cose al mondo!
-...e ci mettiamo dentro dei gamberetti e dei piselli e... fa' vedere... dove sono le spezie?
- Dove ti siedi spesso e volentieri, no? Ma...
- Ma?...
- Ma nemmeno un po' d'olio?...
- Poco, massimo un cucchiaio. Ci facciamo andare uno spicchio d'aglio pestato a morte..
- Ma come parli!
- Oh, scusa, sto facendo amicizia coi gatti del quartiere, e mi faccio prendere un po' troppo la mano.
- Un po' troppo, eh? Sì, vabbè... E poi?
- Poi un quarto di cucchiaino di curry, un pugno di gamberetti, due cucchiaiate di piselli già lessati...
- Dalla scatola?
- Sì, basta che risciacqui via la loro acqua di conserva.
- E mentre il riso bolle...
- I gamberetti si insaporiscono. Pochissimi grassi, molte spezie. Metti un po' di sale. Poco!... Te possino... E ora, dopo i 12 minuti di rito, scoli il riso e lo condisci coi gamberetti.
- E poi?
- Ma non avevi fame?...

Detto romano del giorno
Se te'ncazzi e poi te scazzi e tutto n'cazzo che te'ncazzi.

Ecco... E quindi noi, romani e non, a cui non va di fare fatiche inutili, cerchiamo il più possibile, o almeno ci proviamo, di non incazzarci.

Oggi ascoltiamo
Iyeoka Okoawo - Simply Falling

http://www.youtube.com/watch?v=9Pes54J8PVw&feature=g-vrec

mercoledì 7 novembre 2012

Tiramunpò alle castagne, benvenuto autunno e arrivedolci...

Ognuno di noi fa delle scelte o degli sbagli, a volte irrimediabili, dolorosi, fatali.
Del tipo raccontare del blog alla Dottora che, col foglio delle analisi in mano mi guarda in faccia sorridendo come a dire: "A Riccà... magni troppo, tesò!"
Quando vedrà quello che cucino mi urlerà addosso come una frustata o uno schiaffone un : "Maskarpone, kaputt!"
D'altronde...
Quando chiedevo alla povera mamma: "Come stai, mà?" Lei mi rispondeva con il gergo ormai abusato da troppi comici e libri dedicati agli stupidari: "Bene, ciò solo i tricicli arti...."
Al che veniva da risponderle: "E tu non ci salire, no?"... Bella mia...
Ecco, quando non si hanno tricicli alti ma stormi di tricicli, mandrie di tricicli, nugoli di tricicli, invasioni di tricicli mannari...


Bisogna limitare gli zuccheri. Non c'è verso.
Ecco perché, per dare un benvenuto a questo tardivo autunno e un arrivederci, anzi un "arrive-dolci" ai glucidi ho fatto un:
Tiramunpò d'autunno alle castagne

Toc, toc.
Chi è?
È di nuovo l'Autunno.
E che vuole l'Autunno?
Il fresco della tua tempia.
Non voglio dartelo.
E io voglio rubartelo.

Toc, toc.
Chi è?
È di nuovo l'Autunno.

                                             Federico Garcia Lorca, Canzone, 1933

Le dosi sono indicativamente per 4 persone normali, oppure per me, il demone indemoniato e l'assaggiatore di turno...


Sì, lo so. dalla foto non sembra una quattroporzioni, ma di sicuro è colpa della fotocamera digitale che falsa le dimensioni...

Lessare 500 g castagne in acqua leggermente salata, incidendone la buccia esterna legnosa.
Ci vorranno circa 50 minuti, oppure la metà con la pentola a pressione oppure, udite udite, ho provato a cuocerle al microonde  e devo dire che il sistema funziona egregiamente; basta lavarle, inciderle (sennó diventano proiettili mortali...) metterle in una terrina, coprirla con della pellicola adatta al micro che andrà bucherellata con uno stuzzicadenti, poscia farle andare alla massima temperatura per 3 minuti, girarle, darle un altra botta da 3 minuti, girarle ancora una volta (basta scuotere la terrina, eh?...) e, infine, un'ultima passata da 3 minuti. E cotte al microonde si sbucciano anche meglio!
Una volta cotte, pelatele e schiacciatele.
Non avete lo schiacciacastagne? Poco male, usate uno schiacciapatate.
Nemmeno quello? Usate una forchetta.
Nemmeno quella? Aho! E allora.... usate una roccia di selce piatta con cui pesterete violentemente le vostre castagne lessate, al riparo nel vostro boschetto di cicadee mentre gli pterodattili lanceranno in volo i loro striduli richiami...

Per la farcia:
400 g ricotta (che è il latticino più leggero, ma se potete usate pure il mascarpone. Non avrete anche voi i tricicli alti, no?)
40 g   zucchero
1 bustina di vaniglina
2        albumi monati a neve (sì, lo so, con la panna sarebbe stata un'altra cosa ma, sigh, che devo fà?)
50 g   noci tritate non troppo finemente
1 cucchiaio colmo di crema di marroni (circa 50 g, ma è opzionale)
50 g   cioccolato a pezzetti (sarebbe opzionale ma...)
250 g savoiardi (una trentina, circa)
Lavorare la ricotta assieme allo zucchero.
No! Non con la selce piatta! Con quella a punta!... Bene.
Ora aggiungere le castagne di cui sopra, la vaniglina,il cioccolato a pezzetti e, se il composto risultasse troppo consistente, un cucchiaio di latte.
Unire gli abumi a neve, incorporandoli con movimenti dal basso verso l'alto per non smontarli.

Per la bagna:
250 ml  latte
1 cucchiaio e mezzo di cacao
2 cucchiai di amaretto (o altro liquore a piacere)
1 cucchiaio di zucchero
Far sciogliere bene il cacao nel latte caldo, quindi fate freddare fino all'utilizzo.

Il procedimento è il solito di un tiramisù, ma questo non è un tiramisù (ho evitato a bella posta il mascarpone, e il caffé, che mi farebbe innervosire del fatto che non ho usato il mascarpone...) quindi:
Bagnare i biscotti nel latte e cacao, disporli in una terrina (o in una pirofila, fate voi)
Stendere un primo strato di farcia, poi continuare con un altro strato di biscotti bagnati e, infine, la rimanente farcia.
Spolverare con le noci tritate e guarnire con delle foglie di cioccolato plastico (è o non è autunno?...)


oppure con delle scagliette di cioccolato oppure con dei ricci di castagno dagli aculei accuminati.
No, fermi! Scherzo! UeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeeeUeee
Troppo tardi... Addio!
 

Detto romano del giorno
Omo de panza omo de sostanza

Alla faccia dei tricicli, tiè!

Oggi ascoltiamo
Jevetta Steele - Calling you
http://www.youtube.com/watch?v=PFs0s4OR4zY

venerdì 2 novembre 2012

Biscottini per Babà

"Sto per fare una pazzia, lo so... ma tu me lo faresti da dog-sitter?".
Quando Sà (sì, quella nella vasca da bagno nella Torta degli spasimanti...) dice così non è perché al posto della corteccia cerbrale abbia una propaggine uterina...
Sa bene che adottare un cagnetto trovato abbandonato in mezzo a una strada è una responsabilità, una cosa che richiede tempo, disponibilità e spazio.
Ed era quest'ultima cosa a farla tentennare.
La capisco: anch'io, al suo posto avrei dubbi nel misurarmi con un probabile molossoide in meno di 40 mq...
Ma le remore, si sa, sono fatte per essere affrontate o aggirate, proprio come i problemi.
E allora... è arrivato Babà, e tutta la famiglia si è, letteralmente, innamorata di lui, anche chi credevamo fosse diffidente verso i cani.
Uno pupo di 4 mesi che ti guarda con questi occhi non conquisterebbe chiunque?


Certo, tranne chi l'ha lasciato lungo una strada... E anche trafficata...

La scelta del nome poi è stata una comica odissea.
Mentre tornavamo in macchina con lui acciambellato tra le  mie gambe ci palleggiavamo, io e lei, eventuali appellativi con cui chiamare il piccino.
"Avevo pensato a Peppe... "
"Che ne dici di Tano? " (per via dell'amore per Caetano Veloso, certo...)
"E Raiz?...", "E Alano?...", "E Vercingetorige?...", "E Rospo?"
Alla fine, guardandolo così mogio mogio, ancora incerto su cosa l'aspettasse, ci siamo detti: è proprio dolce come un babà.
E sentendo questa parola il piccolo ha alzato il muso verso di noi.
È fatta: ha scelto lui!

L'amore che i cani sono in grado di dare mi è sembre sembrato, agli occhi d'un umano riempito di sovrastrutture, addirittura "imbarazzante".
È sincero, senza remore e senza tentennamenti, costante e totale.
Chi ha la fortuna di vivere in compagnia con un cane sa bene cosa voglio dire.
Il cane non capisce certo la nostra lingua, ma ascolta ogni minimo tono della voce, legge ogni gesto, capisce quei cambiamenti anche impercettibili che ci avvolgono e ci turbano l'anima, e arriva alla nostra verità più intima e profonda per quelle vie sotterranee che cerchiamo continuamente di celare al mondo.
Il cane (come pure il gatto) capisce quando c'è qualcosa di diverso nell'aria, il suo sentire tutto lo fa arrivare a capire tutto e, alla fine, lui SA, più di ogni altro, che in quel momento abbiamo bisogno della sua fedele vicinanza.
L'uomo sa giocare con l'astrazione, comporre musica e inventare storie; l'uomo sa modificare (e stravolgere) l'ambiente che lo circonda e sa fare cose che nessun essere vivente al mondo è in grado di fare.
Ma cose come la lealtà, la fiducia e l'amore incondizionato lo impariamo ogni volta dai nostri cari, meravigliosi, compagni di strada.
In onore di questi preziosi Amici facciamo pure qualche biscottino fatto in casa, da tenere sempre pronto quando lo vediamo comportarsi come si deve.
Ho spulciato decine e decine di ricette sparse per la Rete e letto diversi articoli scritti da persone competenti, e i punti fermi di questa messe di informazioni è:
- L'apparato digerente dei cani è più delicato del nostro e, seppur adatto a digerire carne, richiede sostanze quali vitamine e calcio che spesso non trovano posto in una dieta "in cattività"e quindi aggiungere delle verdure al pasto non può che far bene alla salute dell'animale;
- NON usare il sale, non ce n'è alcun bisogno;
- NON usare zuccheri d'alcun genere, sono dannosi;
- ASSOLUTAMENTE NON usare cioccolato, dato che la teobromina in esso contenuta è addirittura fatale per cani e gatti;

I biscotti (la Vorkwerk li chiama bauscotti... che colpo di genio!) contengono sempre:
- una parte umida: latte, yogurt o anche acqua;
- carne o pesce tritati finemente o anche omogeneizzati;
- una parte secca, quale farina (in parte integrale, per via delle fibre; in parte di riso, o fecola, per limitare il glutine e risultare più leggera);
- una parte, opzionale, ma alla fine importante data da verdure o frutta non troppo dolce (la mela, per esempio);
- aromi naturali dati da erbe aromatiche tritate finemente nell'impasto (aglio, menta, salvia etc)

Forte di tutto qullo che ho imparato in così poco tempo mi metto all'opera e preparo degli originali
Biscotti per Babà:
100 g  farina 00
100 g  farina integrale
50 g    farina di riso (o anche fecola di patate)
80 g    omogeneizzato alla carne (un vasetto)
150 g  yogurt (un vasetto)
100 g  carote grattugiate non troppo finemente
un pizzico di aglio in polvere

Mescolare tra loro gli elementi umidi: sciogliere l'omogeneizzato nello yogurt e aggiungere le carote.
Mescolare quindi tra loro le farine, alle quali si unirà il composto di cui sopra.
Si lavorerà per qualche minuto e si stenderà quindi sul piano da lavoro.
Andrà bene un'altezza di circa mezzo centimetro.
Ora, la cosa più dolorosa per me, che faccio caso drammaticamente alle cose futili e mi faccio scivolare bellamente quelle importanti e fondamentali, è:
Oddio! Non ho uno stampino a forma di osso!... E adesso?...
La dolce bestiola si accorgerà ben presto quanto sia suonato lo zio...
Vabbè, va, usiamo pure il cuoricino.
Disporre i bauscotti su una teglia ricoperta di carta forno...


Cuocere per 25, 30 minuti, fino ad asciugatura completa:


Il nuovo arrivato è ancora timido e frastornato, è naturale.
Ma quando gli ho avvicinato al musetto uno dei biscottini non s'è tirato pe niente indietro, anzi: s'è leccato pure le briciole...
In bocca al lupo, piccolo Babà.

Detto romano del giorno
Quanno piscia er cane, scappa er llepre.

Basta distrarsi un attimo… e, infatti:
Dà n'occhio ar gatto e n'artro ar pesce!


Oggi ascoltiamo
Caetano Veloso - Você é linda

http://www.youtube.com/watch?v=3tcY9rE_Cjs