martedì 25 febbraio 2014

Polpette di trippa

Già sappiamo che la cucina casalinga vive di eventualità, di imprevisti, di cose dimenticate, specialmente nel frigorifero.
Di una serie ininterrotta di "Metti che..." coniugati in ogni funambolica variazione.
Metti che quella bella vaschetta di trippa stia ad aspettare placida che si compia il suo destino.
Che però, tra una cosa e l'altra, non arriva mai...
Due giorni dopo qualcosa fa presagire l'intervento del secchio dell'immondizia e il fagocitamento di questo di tanto (poco) amato bene, a meno che non si corra subito ai ripari. Ma che fare?  
- Che fare?... - Torcendosi le mani come Rossella Falk in un dramma pirandelliano. - E perché, perché mai ho scelto la trippa? Oh, lo so, lo so, tutto ciò mi porterà alla sventura, e sarò perduto! Perduto!
Scavando così un solco tra la sala e la cucina per escogitare qualcosa che non sia la solita "trippa al sugo".
Non che si mangi tutti i giorno, certo, ma perché non provare qualcosa di diverso, già che ci siamo?
Quando i dubbi assalgono in modo così angosciante e tormentoso solo i consigli dei nostri vecchi saggi possono venirci in soccorso.
Non accendo il computer, non faccio surf tra le migliaia di pagine (1.690 mila, mica una) in cui a proposito e a sproposito è nominata la parola "trippa", ma prendo un libro.
Che spesso basta e avanza.
Non è il Liber Juratus Honorii e nemmeno il famigerato Picatrix, o uno dei tanti terribili grimori della tradizione occulta.
È "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene" di sor Pellegrino Artusi, che mai tradisce e che sempre consola.
E questo alla voce "trippa" mi titilla l'orecchio interno con la ricetta 334.
Che recita così:

334. Polpette di trippa
Questo piatto, tolto da un trattato di cucina del 1694, vi parrà strano e il solo nome di trippa vi renderà titubanti a provarlo; ma pure, sebbene di carattere triviale, coi condimenti che lo aiutano, riesce gradito e non grave allo stomaco.
Trippa lessata, grammi 350.
Prosciutto più magro che grasso, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Midollo di bue, grammi 20.
Uova, n. 2.
Un buon pizzico di prezzemolo.
Odore di spezie o di noce moscata.
Pappa non liquida, fatta di pane bagnato col brodo o col latte, due cucchiaiate.
Tritate con la lunetta la trippa quanto più potete finissima. Fate lo stesso del prosciutto, del midollo e del prezzemolo, aggiungete le uova, il resto, un poco di sale e mescolate. Con questo composto formate 12 o 13 polpette, che potranno bastare per quattro persone, infarinatele bene e friggetele nell'olio o nel lardo.
Ora fate un battutino con un quarto scarso di cipolla di mediocre grossezza e mettetelo in una teglia proporzionata con grammi 60 di burro e, colorito che sia, collocateci le polpette, annaffiatele dopo poco con sugo di pomodoro o conserva sciolta nel brodo, copritele e fatele bollire adagio una diecina di minuti, rivoltandole; quindi mandatele in tavola con un po' del loro intinto e spolverizzate di parmigiano. L'autore aggiunge al composto uva passolina e pinoli, ma se ne può fare a meno.


Ora, come si può non accogliere un invito così seducente?
Capirai, la trippa, mica il boscaiuolo dell'Arkansas...
E poi una ricetta del Seicento, mica cotiche.
Pare l'abbia presa dal trattato "Lo scalco alla moderna", di Antonio Latini, gran cuoco del cardinal Barberini e poi della corte napoletana, scritto appunto nel 1694, due anni prima della sua morte.
E così preparo sul tavolo i miei cari ingredienti, tranne il midollo di bue che proprio non ho tempo, modo e voglia di andare a trovare in giro per Roma, e inizio a tritare...
E tritare... e tritare... Non è solo difficile tritare con la lunetta la trippa, è un vero esercizio per braccine informi.
Mi sentivo tanto Andrej Romanovič Čikatilo, la simpatica personcina che tritava le vittime e ne faceva dei deliziosi, a suo dire, pel'meni.
Sì, insomma, dei ravioloni...
E la trippa, pur essendo bovina, qualche scrupolo me lo instilla.
Un altro segno "sì" nella tabella interiore a favore del vegetarianesimo.
Insomma l'impasto è pronto, bello e infarinato.
Non resta che friggere.


E secondo me ci si potrebbe anche fermare qui, senza invischiarsi nell'umido insidioso dell'intingolo.
Ma se Pellegrino dice: "Saltare con un cencio avvolto sul capo e le mani su di esso giunte a guisa di ballerina di danza classica" che si fa?
Si balla, che diamine!
E quindi nel padellone, asciugato alla bell'e meglio dall'olio di frittura, faccio appassire nell'olio mezza cipolla e quindi verso la passata di pomodoro.
Indi, in bella e funzionale disposizione, le polpettine di trippa, che attendeva ansiosa questo momento.
Un  sospiro di sollievo mi arriva come il suono lontano d'un'onda marina.


Bastano pochi minuti.
E senza uvetta e pinoli, mi raccomando.
Se lo dice sor Pellegrino...

Aforisma del giorno
Non é vero che abbiamo poco tempo: la verità é che ne perdiamo molto.

Seneca

Oggi ascoltiamo
Sarah Vaughan - My One And Only Love

http://www.youtube.com/watch?v=cZKd7oAFFm0

2 commenti:

  1. da mi 334 mille, deinde centum,
    dein mille altera, dein secunda centum,
    deinde usque altera mille, deinde centum.
    dein, cum milia multa fecerimus,
    conturbabimus illa, ne sciamus,
    aut ne quis malus invidere possit,
    cum tantum sciat esse.
    Un lampo e un sorriso lau

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    1. O catullau, non son trecento sole
      né trentaquattro in più, ma mille e mille
      e mille e mille ancora e mille
      da ricoprirci intera Roma tutta,
      e alfine strafogà tutta ‘ontenta.
      Se poi, icchellè, 'ome un vascello
      larga mi diventaste, le vorreste
      ancora mille e mille, e ancora mille?
      Se ben ‘onosco l’appetito vostro
      sora ‘atulla mia a cui nulla sfugge
      mi son risposto già, sereno taccio
      e friggo come convienesi, silente.

      Pellegrino

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