sabato 11 gennaio 2014

Carne "levantina"

Cos'è che dà a qualcosa o qualcuno la sua specifica identità?
Cos'è che fa di una cosa qualunque "quella" cosa, e non altre?
Domande peregrine? Eppure vent'anni fa nella nostra civilissima Europa un popolo diviso soltanto da steccati identitari - parlavano addirittura la stessa lingua, seppure in dialetti diversi - prese a scannare i propri simili, grazie anche all'istigazione delle potenze internazionali e delle diverse confessioni religiose.
Se una volta si credeva in certi ideali, utopistici quanto si vuole ma sovraetnici oggi, in questi tempi per certi versi più barbari, sono le appartenenze tribali a far sentire più forte la loro voce.
Ci si riconosce in un'etichetta, o una serie di etichette, sia di natura etnica, religiosa, linguistica, culturale, ma comunque qualcosa che distingua in qualche maniera dall'Altro e che faccia sentire coesi al proprio gruppo.
Siamo tornati al triste rifiorire delle tribù, al rassicurante senso d'appartenenza al proprio clan.
E con la cucina questo cosa c'entra?
In apparenza niente, ma la cucina è una grande semplificatrice ed esemplificatrice delle identità.
Ovvio, anche a costo di grossolane semplificazioni...
In quel piatto c'è molto peperoncino? È "calabrese". C'è l'ananas? È "hawaiano", ovvio.
Una pasta è accompagnata da melanzane? Allora è "siciliana", senza scomodare Bellini e la sua Norma – anche se poi in Sardegna viene chiamata "alla sassarese".
In uno spezzatino ci sono delle spezie poco consuete nella cucina italiana? Allora è "all'indiana", "alla marocchina", "alla cinese" a seconda che a prevalere sia la curcuma (o il curry), il cumino o le cinque spezie.
Se poi ci sono i pomodorini è spesso "alla sorrentina", come se a Bacigalupo non esistano gli stessi pomodorini.
Sono etichette, certo, e andrebbero prese come tali.
Se solo sapessimo usare la stessa disinvoltura con le cose che ci aggregano forzatamente nella vita d'ogni giorno, che ci costringono a schierarci senza appello nei limiti d'un insieme che protegge e soffoca allo stesso tempo.
Certo, ci sono le zone d'origine, e non si nega che alcune cose siano specifiche di un determinato "territorio" – parola di cui amano riempirsi la bocca i localisti d'ogni risma – ma si avrebbe il coraggio di chiamare un piatto di spaghetti con il pomodoro "alla messicana", solo perché la nostra amata solenacea proviene dalle Americhe? O chiamare un gelato al cioccolato "alla Guatemalteca" perché il Theobroma proviene proprio da là?
E basta un ciuffo di basilico in cima per fare un piatto "alla ligure", o di abbondante peperoncino per chiamarlo "alla calabrese"? Oppure, se si vuole essere più interculturali e meno regionalistici, "alla messicana"?
Ecco, questo per dire che non basta mettersi una penna in testa per essere un indiano.
Serve ben altro, certo. E poi e la cosa va fatta seriamente, ma contemporaneamente anche con serena disinvoltura, senza prendersi troppo sul serio, equilibrio che con le identità è sempre difficile da mantenere.
Quello che frega infatti i fanatici – delle identità, delle religioni, del territorio - è l'assoluta mancanza di autoironia, di leggerezza, di spirito critico.
Certo, li capisco, poverini, da quei feticci dipende la stabilità d'un equilibrio oltre il quale c'è il suq, il caos, il meticciato, insomma il magma primordiale e indistinto – appunto, senza identità – senza alcun punto di riferimento e d'orientamento.
La nostra storia d'esseri umani è fatta di innumerevoli stratificazioni, di meticciati continui – checché ne dicano quelli che si sentono autoctoni d'un luogo e "puri" nel dinenneà – e lo dimostrano le cose che ci accomunano (a dispetto delle differenze esteriori), le nostre lingue e i nostri sogni.
Anche a me è successo di chiamare qualcosa "alla russa" solo perché c'era della vodka, e meno male che non m'ha sentito nessun polacco, uno dei tanti popoli che ne rivendicano da sempre la paternità.
E la storia del baklavà? Esemplifica tutto quanto detto finora.
Un dolce di per sé semplicissimo: pasta fillo, frutta secca (quando c'è) e miele (o sciroppo di zucchero) ma provate a dire a un turco che è un dolce greco, o viceversa…
Ai tempi della dissoluzione della Jugoslavia e dell'esponenziale crescita degli sciovinismi regionali, anche la Macedonia  - sì, va bene, la FYROM, sennó si arrabbiano i Greci e i Bulgari… - pretese d'essere la "vera" patria del baklavà.
Di certo quando nascerà la Rodopia anche questa pretenderà d'essere la culla del "vero", unico e originale baklavà…

E noi che amiamo le contaminazioni culturali, i meticciati, e il Bastardesimo, cosa ci facciamo, alla faccia dei fanatici identitari?
Ma, come: una bella e saporita...

Carne "levantina"
300 g    carne di manzo macinata
1/2 cucchiaino di polvere delle cinque spezie
1/2 cucchiaino di preparato per brodo in polvere (o mezzo dado)
un cucchiaino di zenzero fresco grattugiato (oppure 1/2 cucchiaino di quello in polvere)
10-15 g    funghi secchi (una manciatina)
uno scalogno
un mestolo di sugo, oppure di passata di pomodoro o del concentrato di pomodoro
abbondante pepe e/o peperoncino
una piadina di pane arabo (facoltativo) o due (sì) guanciotte,


Lasciare i funghi in ammollo in una tazza d'acqua tiepida.
Far appassire lo scalogno tagliato finemente in un tegame con poco olio, aggiungere la carne e farla rosolare.
Unire le spezie, il dado sciolto in poca acqua calda (o il preparato in polvere, è lo stesso) e i funghi, sgocciolati e sminuzzati.
Quando la carne sarà cotta aggiungere il sugo (o il pomodoro) e far riprendere bollore.
Nel frattempo riscaldare in forno la pita o il pane arabo (o le guanciotte...) e adagiarle su un piatto.
Faranno da letto a quest'orgia di profumi di sapori.
Se poi si hanno delle cipolline borretane stufate nel sugo di pomodoro non bisogna indugiare: via, come se piovessero a far compagnia a quella carne, così triste e sola...


Levantina? Orientale?
O, perché no, Universale?

Detto arabo del giorno 
لا تشرب من البير وترمي فيه حج
Laa tishrab min beer o tirmy feeh Hajar 
Non gettare la pietra nel pozzo dopo averci bevuto

Oggi ascoltiamo
Woodkid - Iron

http://www.youtube.com/watch?v=vSkb0kDacjs&feature=player_embedded

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