lunedì 16 luglio 2012

Pane Moddizzosu

Spesso, chi pensa alla cucina sarda pensa a una cucina "povera", dove la varietà degli ingredienti non è alla pari di altre cucine continentali, e dove la presenza della carne è misurata dall'atavica necessità di non scialare.
Non troveremo mai, nella tradizionale cucina dell'isola spezie troppo profumate, accostamenti troppo arditi, o piatti molto elaborati. Scordatevi quindi il pavone ripieno di pollo, ripieno a sua volta di pernice, ripiena di tordo... che al mercato mio padre comprò!
Ciò non vuol dire, al giorno d'oggi, una cucina scarna e frugale; basterebbe dare un'occhiata ai pranzi conviviali, quelli "importanti", per capire che in gran parte di essi ci si siede in tavola di mattina e si va via, se tutto va bene, di sera, con grande esercizio della muscolatura maxillofacciale.
La cucina sarda è semplice, ma la semplicità non è mai scontata.
La semplicità è la cosa più difficile del mondo, signora mia.
È una cucina che nasce dalla pastorizia, dallo stretto legame con la terra, la propria terra.
L'insularità è approdo per gli stranieri e porto spesso senza ritorno per chi la vive.
La Sicilia in questo è molto più barocca: ha assimilato tutto quello che veniva da fuori e ne ha fatto un quadro di ricchezza incomparabile (siete mai stati in una pasticceria siciliana? No? Ecco...)
Molto della cucina laziale ricorda la cucina sarda: le comuni radici agro-pastorali, la necessità che s'è fatta virtù nel creare da così poche cose una gamma di piatti e di sapori senza fronzoli, che vanno dritti al sodo.
Ne parleremo a proposito della pasta "cacio e pepe"...
E a proposito di semplicità: cosa c'è di più semplice del pane? Farina, acqua, lievito e, spesso, neppure il sale.  Eppure... Quanti tipi di pane italiani conoscete? Avete perso il conto, vero?
Bene, questo vale anche, se non soprattutto, per la Sardegna.
Il librone della casa editrice Ilisso s'intitola "Pani. Tradizione e prospettive della panificazione in Sardegna" (Nuoro, Ilisso, 2005), e pesa quasi cinque chili... Dategli un'occhiata in formato pdf.
Per il companatico, tesori miei, basta la fantasia.
Avete mai visto il pane sardo delle feste? Un pane chiaro e leggero come stoffa, lavorato come un merletto, con fiori e foglie e rami e pampini... Opere d'arte nate dalla scarsità di mezzi e dalla voglia di creare, comunque, qualcosa di bello.
Ah, la forza e il genio delle donne sarde...
Tutto questo per dire che la varietà insita nella semplicità sorprende sempre.
A me hanno sorpreso dei paninetti bassi e anonimi dal nome curioso : il Moddizzoso, ovvero il Morbidoso.
E cos'è che può aiutare il pane a restare così morbido, a mantenersi per giorni e giorni senza seccarsi troppo? Ma le patate, certo! Chi è abbruzzese e fa da sé il pane, sa bene, per abitudine (la piana del Fucino è fucina di patate per tutto il centro italia...) che aggiungere due belle patate lessate e schiacciate al solito chilo di farina rende il pane più morbido e gustoso. Oltre a farlo durare di più.
I panini Moddizzosos hanno la stessa disarmente semplicità di colpire i nostri sensi col profumo, la morbidezza, il sapore.
Un po' come i sardi: ci conquistano con poco...

Pane Moddizzosu
1 Kg   farina di semola di grano duro
1 Kg   patate
200 g  burro (anche se qui si usa molto lo strutto, ma non ce la posso fare...)
22 g   lievito (un cubetto)
1 cucchiaino di sale.
Lessare le patate, sbucciare e schiacciarle, unendole poi alla farina.
Mescolare bene e far raffreddare un poco; le patate devono essere bollenti per legare bene con la farina (chi fa gli gnocchi di patate lo sa bene) ma è anche vero che il lievito di birra non sopporta temperature troppo alte (a temperature superiori ai 65° i saccaromiceti rischiano l'estinzione, quindi...)
Aggiunto il lievito si lavora bene.
Il burro dev'essere morbido, e unito alla fine, come per le brioches.
Lavorare per una decina di minuti affinché la maglia glutinica si formi e renda il pane... un vero pane.
Far lievitare fino al raddoppio in una ciotola, coperto da un panno e al riparo dalle correnti d'aria, grandi nemiche della levitazione.
Formare quindi delle pagnottelle lunghe un palmo e alte un dito.
Nel farlo stendete la pasta e ripiegatela su se stessa, come i lembi di una busta da lettera; le fatidiche pieghe aiuteranno il pane a mantenere una struttura solida.
Far lievitare i panetti per altri venti minuti su una teglia coperta da carta forno, infarinandoli per bene.
Cuocere in forno, a 180° per una mezz'oretta.
Quando assumeranno colore e il loro profumo vi riempirà la casa, sfornarle e lasciarle raffreddare.


Vi guarderanno inutilmente con i loro occhietti pietosi...


Sarà tutto inutile: faranno presto una brutta fine!


Detto sardo del giorno
Ad s'istranzu non l'abbaides sa bertula. 
All'ospite non guardare la bisaccia.

Oggi ascoltiamo 
Andrea Parodi - Umbras

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