sabato 29 novembre 2014

Risotto affumicato

Che altro si può dire del riso che non sia stato già detto?
È il cereale più diffuso al mondo, per consumo, e bisogna capirlo: ha tutti i numeri per esserlo.
A differenza del frumento contiene un minimo quantitativo di proteine e di lipidi.
È, insomma, un pasto completo. O quasi.
Tant'è che mangiando solo frumento non si sopravvive mentre a una dieta di riso sì.
Magari male, è vero, ma almeno non si rischia di morire.
Lo sanno bene le popolazioni che da secoli se ne cibano e lo preparano nelle più svariate maniere.
Dall'Oriente, su per la Via della Seta, fino alle regioni più estreme del nostro continente il riso ha saputo imporsi e adattarsi meravigliosamente a tutte le Cucine che ha incontrato, cosa che è successa del resto anche col pomodoro e la melanzana.
Sia lode all'oro in chicchi, allora, e alla millenaria sapienza che ci permette di gustarlo in mille e più maniere diverse, dal salato al dolce, dal fritto alla minestra, e senza stancare mai.
Il risotto, poi, è un piatto eccezionale.
Magari agli Orientali può sembrare scialbo, senza l'uso di almeno venti delle loro amate spezie ad accompagnarlo.
Ma il riso è così, è dignitosamente semplice e modesto nelle premesse ma principesco nei risultati.
Basti pensare a una teglia di verdure ripiene di riso per averne la prova.
È un primo? un secondo? un piatto unico?
Lasciamo scannare tra loro i gastronomi assatanati di tassonomie, e gustiamoci invece un bel risotto.
Magari affumicato.

Questo piatto è preso pari pari dal libricino di Ugo Tognazzi, "L'abbuffone", che così lo commenta, dopo averlo descritto: "Sia lode a Capogna, lo chef milanese che m'ha insegnato questa delicatissima ricetta".
Come non dargli torto?

Risotto affumicato
Per due (pare vero...)
200 g   riso
50 g    burro
un litro di brodo (anche di dado, tanto nessuno se ne adonterà)
una cipolla piccola o mezza media
una scamorzina affumicata
due bicchieri di champagne (o anche di un buono spumante)
parmigiano grattugiato, pepe
Far appassire lentamente la cipolla nel burro, a fuoco molto, ma molto basso.
Aggiungere un bicchiere di champagne per non far prendere colore alla cipolla, quindi buttare il riso e mescolare.
Versare il resto dello champagne e il brodo, fino a coprire completamente il riso.
Far cuocere una decina di minuti, quindi aggiungere la scamorzina tagliata a dadini piiiicoli piccoli piccoli.
Si fonderà rendendo il risotto cremoso e saporito (oltre che affumicato).
Portare a cottura e un paio di minuti prima aggiungere una noce di burro, il parmigiano e il pepe, mescolare bene e coprire per far mantecare.


E mangiare caldo caldo, pensando serenamente, ad occhi chiusi, che aveva ragione, ragionissima, anzi ragionerrima, notre père Anthelme quando disse che...

Detto del giorno
La scoperta di un piatto nuovo è più preziosa per il genere umano che la scoperta di una nuova stella.
 
Anthelme Brillat-Savarin

Oggi ascoltiamo
Randy Crawford - You Might Need Somebody

https://www.youtube.com/watch?v=XTSXPTaOhM4

6 commenti:

  1. a rieccolo er coco der sabbato...sto facendo un corso intensivo di romanesco. Cche ddisci , , sto a imparà? Certo solo il "sabbato" perchè chi lavora tanto non ha troppo tempo per frivolité. Allora già i maltagliati dello scorso sabato mi hanno fatto deglutire per ore, anche con il singhiozzo, sì! E adesso il "mio" riso. Questo, che gioia, ha il merito della sopravvivenza. Come per fortuna poche altre preparazioni anni 'settanta, come quello alle e con fragole. C'era una presentazione molto di moda in quegli anni che proponeva il risotto con al centro il biberon di champagne solo aperto: arrivato il piatto al tavolo un colpetto sul corpo della bottiglia smuoveva il pérlage e faceva gorgogliare tutta la cascata nel piatto. A mi c'è un ristorante che si chiama proprio 23 risotti: Come? non parlate tutti insieme ...Provati? Chi, io? Beh, quasi tutti. Se vedum

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  2. Tesora de casa,
    devo dire che col romanesco vai forte, anche se hai perso un po' di dimestichezza...
    "CChe", a inizio frase non va raddoppiata, e "disci" è una grafia che usava solo Pasolini, che romano non era...
    Pedante vero? Mi perdoni? Ti prego Ti prego Ti prego!
    Giuro che sono disposto anche a darti a livello amicale lezioni di questa lingua così importante a livello internazionale...
    A parte "i" scherzi, grazie come sempre.
    È una gioia ritrovarsi per caso dove non ci si aspettava...
    Certo che il risotto col biberon al centro credo sia peggio di quello con le fragole, che ha infestato gli anni Ottanta, assieme alle pennette al salmone e/o vodka e l'onnipresente rucola...
    Tempi passati, si spera.
    Magari da recuperare con molta, moltissima, molterrima cautela.
    Se vedum
    (romanesco puro del sottodialetto Pinciano)

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  3. non posso sentire da te di un riso trattato così male, il riso per il risotto non va annegato nel brodo, il brodo va versato un ramaiolo alla volta, vanno fatti conoscere biblicamente riso e brodo, devono comprenetarsi intimamente senza prevaricazioni!

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    1. Certo, Amà, tu parli di risotti normali, di risotti "come si deve".
      Quelli in cui il riso e il brodo si conoscono gradualmente e col tempo, e il calore della passione, imparano ad arrendersi l'uno all'altro.
      Uno cede la sua rigidità amidacea, la sua sobria serietà (il riso, si sa, è tutto d'un pezzo, quasi scialbo nella sua scarna modestia...) e l'altro, a mano a mano, cede le sue umbratili sapidità (e il brodo ha mille sapori e saperi nascosti, tante quante sono le molecole che ne fanno parte, tutte serenamente inanellate dall'acqua) , generosamente, senza remore.
      È davvero un conoscersi "biblico", come hai detto tu, ma anche romantico e passionale ma, allo stesso momento, così "dabbene", come si diceva una volta.
      In questo "risotto" - e lo chiamo così solo perché lo chef Capogna lo chiama così, altrimenti mai mi sarei azzardato a dargli un nome che non merita - invece, la passione è rovinosa e frenetica.
      I due si conoscono e finiscono subito precipitosamente a letto. Pardon, in pentola...
      Si abbandonano al furore della passione, a quella sfrenatezza che solo una divinità sconsiderata può riservare agli esseri (viventi o meno che siano), si aprono completamente l'uno all'altro, si danno totalmente e senza remore, senza misura, senza una vereconda pacatezza.
      Cosa ci si può aspettare da un'unione del genere, la morbida e al contempo solida unione d'un risotto tradizionale? Macché, qui i due si sono "scatafrombolati" l'un nell'altro e si sono cucinati in combutta, dandosi tutto e tutto assieme.
      Può forse dirsi risotto una cosa del genere? Il minimo che può risultare da un rapporto così è un'inevitabile vergognosa "gnucchezza", lo sfinimento nei propri e gli altrui succhi, la completa esplosione del proprio essere senz'alcuna costruzione.
      Un fottìo che solo per pietà Capogna avrà voluto chiamare "risotto".
      E a tale lotta senza quartiere e senza prigionieri chi è che ne gode?
      Ma il terzo, no? Ecco che infatti la provola fa capolino e prende possesso dell'uno e dell'altro fondendoli a sé senza alcun ritegno, con la decisa fermezza dell'affumicatura.
      Che è poi la cosa - l'unica, a ben vedere - che riesce a tenere insieme i due improvvidi ingredienti, che hanno avuto la mal'accortezza di darsi tutto, e tutt'insieme, nel fondo d'un tegame...

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