venerdì 15 novembre 2013

Gnegno, pane di castagne di nonno

Il nostro è un paese che è stato considerato per secoli il Terzo Mondo d'Europa, un coacervo di tribù diverse perennemente smembrato tra le superpotenze di turno e arretrato in tutti i settori, da quello economico a quello culturale (che si è sempre gloriato dei lontani fasti del passato).
L'unità politica ci diede l'occasione di crederci come "gli altri", i "signori del salotto buono", nonostante il dissanguamento degli esodi verso paesi d'oltremare in cerca di migliori condizioni di vita.
Poi il boom economico, quello "sviluppo senza progresso" di pasoliniana memoria, e la scoperta di una vita al di sopra delle possibilità che s'erano avute finora.
E con la scoperta della modernità, i piccoli futili piaceri dello sviluppo è sopraggiunto l'oblio per quel che eravamo stati fino a pochi anni prima.
Da straccioni a parvenu, senza quasi niente in mezzo. 
L'oblio delle nostre valigie di cartone e delle pezze al culo, del pane nero e della carne consumata solo nei giorni di festa comandata, della cultura tramandata per iscritto da pochissimi e per la maggioranza fatta di pura oralità.
E, cosa peggiore di tutte, la vergogna del nostro passato di stenti, della vanga e la zappa che sono lì, appena dietro l'angolo.
La diffusione di elementi fino ad allora elitari ha fatto perdere di vista, fino al ripudio, quelle che erano le nostre abitudini più radicate, che non sempre sono da rigettare come retrograde.
Quello che oggi troviamo senza troppi problemi sul banco di un qualsiasi supermercato, per esempio,  era fino a pochi decenni fa appannaggio di una casta di pochi privilegiati.
Una per tutti la farina bianca, quella di grano.
Nel paese della pasta, di "Nonno pane" (e "Nonna minestra", come scrisse Aldo Fabrizi), la farina di grano era merce pregiata da usare con parsimonia.
E poi erano anche tempi in cui non v'era una così grassa abbondanza di companatico.
Così, per risparmiare sulla farina di grano i nostri avi usavano smezzarla con quella, allora meno cara, di castagne.
La castagna era appunto detta "il pane dei poveri", economica e nutriente (come anche i fagioli), e vista la disonvoltura con cui si presta in preparazioni sia dolci che salate, è stato per secoli l'alimento che spesso ha salvato interi paesi dalla fame.
Oggi la farina di castagne non si usa più, se non tra i devoti del castagnaccio, e ovviamente costa tre volte di più di quella di grano. Ironia della sorte, quello che era un ingrediente povero è divenuto, per le mutate abitudini, un prodotto di nicchia.
Eppure,basta guardarsi dietro e vedere come veniva utilizzato un tempo per avere idea di quanto fosse importante.
Fondamentale, anzi.
Lo si vede dalle diverse proporzioni in cui è presente nella composizione del pane.

Versione Calabra
Rapporto  farina : farina di castagne = 2 : 1   (es. 200 g farina e 100 g farina di castagne)
- Addoloratha, ch' tenimm' p' chjena?
- Pan'e' harin' 'e chastagn', Giuvà.
- Meghj 'e nent'!

Versione Toscana
Rapporto  farina : farina di castagne = 3 (o 4) : 1   (es. 300 g farina e 100 g farina di castagne)
- O Ninni, o icche c'è pe cena?
- V'è pan di 'astagne e cacio.
- Iccheppalle!

Versione moderna, quella ricca, sfacciata e pretenziosa
Rapporto  farina : farina di castagne = 4 (o 5) : 1   (es. 400 g farina e 100 g farina di castagne)
- Oh, Elpidio, oggi pvepaviamo il pane di castagne come lo faceva la nonna?
- Sì, dài, è così cool...
- Anzi, ce lo facciamo fave da Viovica, che non mi va si spovcavmi tutta!

Come cambiano i tempi, eh?
Ah, a proposito, questa è fresca fresca:


Roma, Viale Regina Margherita. Giorno del post, ore 10.08 del mattino

Ora io mi chiedo: ma non c'era neppure un misero garage nelle vicinanze?
No, il coglione ha dovuto pagare tre posti (perchè quelli di fronte al Policlinico sono tutti posti a pagamento).
Eh, signora mia, non ci sono più i ricchi di una volta, quelli che scorrazzavano allegramente tra la masnada dei poveri pezzenti che sbavavano di fronte alle loro manifestazioni di esibita opulenza.
Oggi anche chi ha la limousine ha i problemi di chi ha la Fiat Duna.
Sarà forse la nemesi della povertà che finalmente s'accanisce verso ceti che finora hanno fatto allegramente surf su tutte le ondate di crisi?
O magari, invece, è quella burina di MDN venuta a controllare qualcuna delle sue palestre?
Chissà...
Ma facciamoci anche noi un buon pane di castagne, va.
Come si dice: alla facciazza loro.
Dei ricchi sfacciati (e sfondati), intendo.
Dei Commendatori, Cavalieri, Avv, Prof. e Lupp.Mann.
Dei PierGiorgioMaria, dei Dodi, e delle Lalle (non manca mai una Lalla, nell'ambiente, e di solito è sempre un po' stronza. Per antonomasia è, infatti: "Quella (gran) stronza della Lalla!...")

Pane di castagne di nonno
200 g    farina di castagne
400 g    farina (di cui 150 g Manitoba e 250 g farina 00)
300 ml  acqua ca.
10-12 g lievito di birra (mezzo dado)
due prese di sale  
un cucchiaio d'olio bono
Formare il lievitino sciogliendo il mezzo dado di lievito di birra in poca acqua tiepida e farina q.b. per fare un panetto non troppo sodo. Taglio a croce (o buco al centro) e via a riposare al riparo fino al raddoppio del volume.
Quindi unire alle farine il lievito, l'olio, cominciare ad impastare aggiungendo a poco a poco l'acqua e, dopo aver amalgamato il tutto, unire il sale, sciolto magari in poca acqua tiepida.
Lavorare, lavorare e lavorare.
- Oh Elpidio, che ovvove! Hai sentito?
- Vieni, cara, andiamocene da questo posto!...
Oh, bene, finalmente...
Impastare con calma e veemenza ben calibrate, con forza e costanza.
All'occorrenza unire della farina 00.
Quando l'impasto sarà bello lisco e omogeneo...
(Eh sì, che ci volete fare, ogni attività ha i suoi stereotipi linguistici: nel giornalismo di cronaca c'è il "delitto efferato", nella politica le "larghe intese" e in panificazione gli impasti "lisci e omogenei".)
Insomma, quando dopo quei dieci minuti minimi di smaneggiamento il pupo prende vita, metterlo a lievitare fino al raddoppio.
Stessi accorgimenti: no a correnti d'aria e ben riparato da un canovaccio inumidito (o da una ciotola messa a campana).
- Oh, com'è cresciuto! Che bello! E che bel colorito! Come ti chiami, piccino?
- Gnegno!...
- Ah... sì, certo... Gnegno...
Prendete Gnegno, reimpastatelo quel tanto per farlo sgonfiare dalla boria d'esser lievitato, formare una bella pagnottina e metterla a rilievitare su teglia... fino al raddoppio... Bene.
Riscaldare il formo a 200°, vaporizzare d'acqua con uno spruzzino e lasciare sul fondo un tegamino con dell'acqua che, evaporando, darà al pane la giusta idratazione.
Infornare Gnegno a 200° per i primi dieci minuti, quindi abbassare la temperatura a 180° e proseguire per circa mezz'ora.
Il pane, ormai lo sappiamo, è cotto quando prendendolo e bussando sul fondo si sentirà un suono secco e legnoso.
Se invece è un suono morbido e felpato la massa è ancora umida e la cottura deve proseguire per pochi minuti ancora.


Che si può dire di ciò che è buono sia con il miele (e la ricotta, anche...) sia con un intingolo bello speziato e piccante?
Che merita una deviazione, come dice la famosa guida gastronomica franzosa.


Detto romano del giorno
La povertà nun è vergogna. La vergogna è pe chi ruba e pe chi ruga

Rugà, (dal latino rogare, chiedere) vuol dire diverse cose: è fare l'arrogante e lo sbruffone con prepotenza, oppure protestare con veemenza, minacciando e baccajanno (alzando la voce).
Ma anche brontolare e lamentarsi senza alcun costrutto.
Rugantino, la tipica maschera romana, è il tipico romano iconico: un innocuo fanfarone, tutto fumo e niente arrosto. E infatti il suo candore, il suo essere così fregnone, gli farà, letteralmente, perdere la testa.

Oggi ascoltiamo
Frankie HI-NRG MC - Quelli Che Benpensano
http://www.youtube.com/watch?v=vrpJB7ucC5Y

4 commenti:

  1. mi piace tanto, Ric, il tuo bussare sullo gnegno come alla porta di un amico, che si sa, risponde sempre come ogni amico-amico. E se dovesse rispondere distratto e non "comilfo" basta lasciarlo un po' a cuocere nel suo brod, ops, in forno ancora un pochino, no? Salumi e formaggi a perder...si! Subito tra i preferiti.

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  2. Guarda lau, se provi a fare queso pane rischi di diventare come me.
    No, non bellissima, che dici mai.... Sovrappeso, intendevo. ;-)
    Ecco, sì, il pane come una porta d'un amico è un'immagine bellissima.
    Salumi e form... aaahhh!!!

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  3. sarebbe da conoscere codesto Gnegno

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  4. È bono Amà, fidati. Bonissimo. Anche a detta di alcune delle mie "cavie" ;-)

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