domenica 10 novembre 2013

Pan Muccardo con lievito di birra

Ognuno credo che abbia, tra le proprie ricette, il pezzo forte, quello che mette alla prova ogni volta l'estro e la maestria, che sfida l'ignoto (e la pazienza) come una traversata oceanica.
Ma c'è anche la ricetta assodata, abituale, la solfa che si ripete ogni giorno od ogni settimana e che sfida l'abitudine (e la pazienza) come il solito tragitto da e verso casa.
Questa è la mia ricetta "di sempre" per il pane fatto in casa.
Sono ormai cinque anni che compro il pane del fornaio solo in casi davvero eccezionali, ed è proprio grazie alla panificazione e all'impegno che questa richiede che la curiosità per la cucina è diventata una passione vera.
Veder lievitare, crescere qualcosa a cui si presta amore e cura è un'emozione che si rinnova ogni volta, 
E poi basta imparare poche semplici regole per far sì che diventi un gesto consueto, di quelli che si ripetono con la stessa, compiaciuta meraviglia.
Fare il pane è una magia che ha dalla sua la certezza dei gesti antichi di millenni e l'imponderabilità degli imprevisti (oggi è umido, l'impasto lieviterà male, quest'acqua oggi sa di cloro...) e, a meno di non usare procedimenti e attrezzature "industriali", è qualcosa che non dà mai per scontato lo stesso identico risultato. Come per un artista eseguire centinaia di volte lo stesso brano: qualcosa, seppur minima lo farà essere ogni volta una cosa nuova e irripetibile.
Fare il pane con le proprie mani è sempre e comunque un'esperienza da provare, anche una sola volta nella vita.

Questa poi è la procedura che utilizza il metodo diretto: gli ingredienti vanno uniti tutti insieme nel primo impasto, senza lievitino, biga o poolish preliminari.
Occorrono:
1Kg  farina (00, e meglio ancora una 0, se non una 1 o 2) 
½ l    acqua ca.
25 g  lievito di birra.
due pizzichi di sale,  un cucchiaino di zucchero, due cucchiai d'olio evo.
E basta? No, anche tanto, tanto olio di gomito.
Tunnel carpali o tendititi permettendo, consiglio di utilizzare le proprie manine sante piuttosto che l'impastatrice o, peggio ancora, la macchina del pane, che è un po' come pretendere di far l'amore solo con un vibromassaggiatore...
Procediamo, va, che è meglio...

I fase - Impasto
Allora: unire alla farina a fontana tutti gli ingredienti e amen.
Be'... un attimo!
Partiamo dal fatto che io trovo sia più facile lavorare inizialmente l'impasto in ciotola per poi trasferirlo sulla spianatoia o sul piano di lavoro.
Quindi in una ciotola capiente verso la farina e vi formo un incavo.
Sciolgo il lievito in un bicchiere d'acqua tiepida (tolta dalla dose prevista nella ricetta) e lo verso nella farina, aggiungo l'olio e lo zucchero, do una mescolatina e alla fine, sciolto in poca acqua, metto il sale (che inibisce le proprietà del lievito, e se si evita di mettere subito a contatto i due ingredienti è meglio).

II fase -  Lavorazione
Come si lavora il pane?
Prendi l'impasto, trattalo male, fallo aspettare per ore.
Proprio così, o quasi.
Ogni impasto va stirato, allungato e sbattuto.
Lo si stira con palmo della mano, premendola fino in fondo, e lo si ripiega quindi su se stesso.
Lo si allunga verso l'esterno per poi riavvolgerlo, ripetendo l'operazione più volte.
Senza ferocia, ma con la stessa calma ferma che si ha quando si controbatte a ragione a qualcuno.
Ogni tanto prendere il malloppone e sbatteterlo con forza sul piano di lavoro: sbadabàm!
È quel fermo NO, con diversi punti esclamativi che qualche volta ci vuole, eccome.
All'impasto serve per aiutare la formazione del glutine, la massa di proteine della farina che grazie all'acqua e all'energia meccanica formano una matassa filamentosa.
Sarà lei, la maglia glutinica, a dare struttura al pane, a sostenere l'impasto incottura e a dargli  resistenza e sofficità.
Senza remore, fategli male.
A lui piace. Eh, sì, proprio così.
Ah, non c'è bisogno di indossare imbracature in leather con annesse borchie o altri indumenti fetish: lui non ci fa caso.
Va al sodo, lui.
Insomma, prendete e sbattetelo forte.
Poi reimpastate come già sapete e quindi ripetere lo sbattimento per almeno tre volte.
Se si vuole, accompagnare pure l'operazione con un bel po' di sana incazzatura, immaginando che là sotto ci sia, che so, la faccia dell'ex che se n'è andato per uno più giovane e/o ricco (e magari pure con un meraviglioso labrador), del vicino di casa sempre rumoroso, del parente venale, o anche solo dell'accidioso amministratore di condominio.

Lavorare per almeno 15' , e se ve regge la pompa (1) anche una mezz'oretta.
L'intento è la formazione, come si dice sempre, di una pasta elastica e morbida.
Vedrete infatti che più l'impasto verrà lavorato e più ne guadagnerà in morbidezza ed elasticità, ma non solo: capirete come fare il pane non sia solo un'operazione fatta di gesti nati da millenni.
Impastare è un vero e proprio esercizio terapeutico.
Vuoi mettere? Con quello che costano gli psicologi o gli abbonamenti della palestra…

 
Mettere in una ciotola, fare un bel taglio a croce, coprire con un canovaccio umido e pulito e lasciarlo lievitare fino al raddoppio.
In genere d'estate basta un'ora e mezzo, d'inverno aggiungete un paio d'ore in più ma, se avete il calorifero acceso, mettete il pupo seduto su una seggiolina a mezzo metro dal calore e ve ne sarà molto grato.
Quando avrà strabordato e farà capolino dalla ciotola, segno che vuole uscire, riprendetelo, mettetelo sulla spianatoia e passate al Secondo round.
Sding! Spaf! Colpi su colpi!
Lui si è difeso con onore opponendo la sua maglia glutinica, ed è proprio quello che volevamo. Sciàf! Sdong!
Ecco, è bastato pochissimo ed è di nuovo steso, pronto ad essere formato in un'unica pagnotta o in tante pagnottine, a seconda della necessità.
Adesso lo gnoccolone è pronto a riposare ancora quanto basta fino al raddoppio.
Disporre sulla teglia di cottura infarinata e lasciarlo lievitare, coperto dal fido canovaccio (magari vaporizzato o leggermente inumidito, così da non far seccare la superficie della pasta).

III fase - Cottura
Con un coltello affilato fare dei tagli profondi un dito sulla superficie, per aiutarlo a esprimersi in tutto il suo splendore e buttarlo in castigo a 200° per i primi 10 minuti, poi scendete a 180° per altri 30.
È cotto quando, prendendolo tra le mani e bussando con le nocche sulla base non dirà "avanti!" ma risponderà con un suono legnoso e secco, non felpato.
Raffreddatene i bollori su una gratella e aspettate che sia ben freddo prima di tagliarlo.


Per la conservazione basta metterlo in una busta di carta (quelle da fornaio) e quindi in una busta di chellophane aperta, per non farlo inumidire troppo.
Volendo, si può anche coprire il taglio con un foglio d'alluminio, per evitare che si secchi.
Ottimi i sacchetti di telo appositi per il pane, ma di quelli belli spessi e non plastificati.


Barocco romanesco del giorno
Io ti potrei dare del figlio di madre ignota, di rotto nel posteriore, ti potrei mandare a fare nel medesimo; potrei fare appello anche ai tuoi morti, con l'eventuale partecipazione de' tu' nonno in carriola opzionale... e coinvolgere anche tua sorella, notoriamente incline allo smandrappo e all'uso improprio della bocca... e allargà il discorso a quel grandissimo toro seduto de' tu padre, a sua volta figlio di una città di cinque lettere cantata da Omero, che tu 'n sai manco chi era perchè sei ignorante...

Alberto Sordi 

Oggi ascoltiamo  
Ryuichi Sakamoto - Solitude
http://www.youtube.com/watch?v=zpamxmzgw1w

NOTE
1) Se te regge 'a pompa, ovvero "se ce la fai e ti reggono le forze". Per pompa si intende il cuore. Maliziosi!...

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