sabato 13 dicembre 2014

Koresh, lo stufato sumerico

- Insomma, Leppagorre, no, no e no! Non voglio mettermi a far cose poco chiare o disoneste solo per la tua curiosità!
- Guarda che non c’è niente di male, sai? Abbiamo visto quell’oggetto, nessuno se ne curava da anni, nessuno ne avrebbe mai sentito la mancanza, e invece a noi serve!
- A noi, e perché? Io non conosco la lingua in cui è scritto! E quel poveraccio del libraio adesso ha un volume in meno...
- Non è un volume, è un quaderno d’appunti. Che nessuno gli avrebbe mai comprato, mentre a noi serve.
- A noi serve, dici? Ma allora avremmo potuto comprarlo noi, no? Ragiona...
- Sì, certo, come no! Hai visto il prezzo scritto a matita sulla quarta di copertina? Solo perché è di quasi due secoli fa costa il triplo d’un tuo stipendio. E nessuno, ti ripeto, nessuno, ne sentirà affatto la mancanza.
- Dici?...
- Fidati.
- È questo il punto...


- Io non ci capisco niente. C'è una parte in inglese, e va bene, ma sono solo indicazioni di luoghi e strane diciture. È un diario di viaggio forse? E questi segni, poi? Caratteri cuneiformi?
- Proprio loro.
- Ah, e così conosci anche il sumerico? Magari ti ci cantava le ninne nanne tua zia Bastet, vero?
- Beh, no, io non ero ancora nato, ma da quando so leggere mi sono messo a studiare e...
- Tu... proprio tu, con quel muso da luna piena pieno di baffi e peli, ti sei messo a studiare? E cosa ne avresti ricavato dai tuoi studi “matti e disperatissimi”?
- Né matti né disperatissimi, anzi. Dovevo pur prepararmi a capire quello che ci troviamo davanti.
- Ma perché, fammi capire, questa trascrizione cosa riporta? Qualche archivio di derrate alimentari, qualche enumerazione di quante vacche avesse il signore di Ur?
- Non proprio... Vedi questo segno qui?
- Questo che sembra il cinque di spade?
- Poi il cafone sono io, eh?... Sai che vuol dire?
- Se l’avessi saputo mi sarei forse messo a perder tempo con un gattodemone imbroglione, ghiottone e, da oggi, pure ladro?
- Insomma qui dice:
amĝu\ [lu]-ĝu IM /MA\ [NI TA … šu nu-ri-bar-re] 
dgilgameš /IM\ [MA NI TA … šu nu-ri-bar-re] 
e-an-na-ĝu di [kud-de šu nu-ri-bar-re]...
- Ah, interessante... E che dice?
- Come che dice? parla di Gilgameš, il re di Uruk, quello che...
- So chi è Gilgameš. E di che parlerebbe questo testo?
- È semplicemente la versione più antica del testo conosciuto come quello della Sesta Tavoletta...
- Non ti seguo.
- Allora, Gilgameš è re, un re spocchioso che vessa i suoi sudditi i quali, stufi della sua boria si rivolgono agli dèi...
- Che commissionano Enkidu, l’uomo dei boschi...
- Sì, il quale è l’unico che possa stargli alla pari. I due lottano e quando Gilgameš riconosce di non essere onnipotente i due diventano amici e per siglare il loro sodalizio decidono di andare a sconfiggere il temibile Ḫubaba, guardiano della Foresta dei Cedri, così da conquistarsi una fama immortale.
- Sì, lo ricordo, è il punto che i due tornano a Uruk e Ištar, la dea della voluttà cerca di sedurre Gilgameš, che la rifiuta. Capirai, una donna rifiutata può diventare una belva, pensa una divinità sumerica...
- E infatti la stronza va su tutte le furie e va a lamentarsi da An, il padre degli dèi, e non esita a minacciarlo: "Aprirò le porte dell’inferno e libererò i morti, che siederanno assieme ai vivi!"
- Immagino An mentre alza gli occhi al cielo...
- Insomma, Ištar è potente e riesce a convincere gli dèi a liberare il Toro Celeste e aizzarlo verso Gilgameš.
- Ricordo. E il testo dice, pressappoco così:
                 Enkidu lo tenne fermo con le sue due mani,
                 e Gilgameš come un eroico macellaio
                 colpì il Toro Celeste con mano ferma e sicura;
                 egli immerse la tua spada tra le corna e i tendini della nuca.
All’anima!...
- Parliamo di Gilgameš, mica di Scortichini Guido, eh?
- E quindi?
- Quindi, questo testo, ricopiato con tanta passione da un archeologo inglese e andato poi perduto a metà dell’Ottocento, è una versione antica, la più antica di questa tavoletta. Quella che viene chiamata la Sesta Tavoletta. Che è diventata polvere 157 anni fa, precisamente.
- Ah... E tu che ne sai?
- Ho i miei informa-Tori. Celesti. Ah ah ah!
- Cretino! E che dice di nuovo rispetto agli altre versioni della Setsa Tavoletta?
- Questa non è una versione. Questa è l’originale...
- ...
- E qui, guarda qui, c’è scritto cosa successe dopo l’uccisione del Toro Celeste.
- L’incazzatura di Ištar?
- Quella dopo, con tutti i problemi che ne seguirono: la morte del fido Enkidu e le peripezie di Gilgameš verso i confini del mondo per conquistare il segreto dell’immortalità.
- Insomma, non tenermi sulle spine!
- Qui, vedi questi segni?
- Sai che non conosco il sumerico, mi prendi in giro? A me sembra la caduta di una confezione di spilli!
- Allora, qui dice, come già si sapeva:
                 Quando essi ebbero abbattuto il Toro Celeste, essi estrassero
                 il suo cuore,
                 e lo deposero davanti a Šamaš. 
                 Essi indietreggiarono pieni di timore, inginocchiandosi
                 davanti a Šamaš;
                 quindi i due amici si sedettero.
Ma il bello viene dopo! Guarda questi segni:


- Ti ripeto, a me non dicono niente. Non tenermi sulle spine!
E dopo che ebbero offerto il cuore a Šamaš
i due sedettero in silenzio
guardando le ormai inerti
membra del Toro Celeste.
E su di loro, su Gilgameš ed Enkidu
subitanea scese la fame;
e decisero di tagliargli le zampe e cibarsene.
Enkidu aprì la sua bocca e disse,
così parlò a Gilgamesh:
"Amico mio, abbiamo ucciso il temibile Toro Celeste,
abbiamo offerto il suo cuore a Šamaš,
abbiamo seduto in silenzio pieni di timore
davanti a Šamaš;
Vogliamo forse aspettare che cali la notte
senz’alcun cibo toccare?
Guarda le corna del Toro, esse fendevano l’aria;
guarda la coda del Toro, essa frustava il vento;
guarda le zampe del Toro, che facevano tremare la terra.”
E Gilgameš aprì la sua bocca e disse,
così parlò a Enkidu:
"Amico diletto, quel che dici è verità;
abbiamo ucciso il temibile Toro Celeste,
abbiamo offerto il suo cuore a Šamaš,
abbiamo seduto in silenzio pieni di timore
davanti a Šamaš;
E l’immensa fatica della nostra impresa
m’ha fatto venir un certo languorino.”
Così i due amici presero le zampe del temibile Toro Celeste,
le zampe che facevano tremare la terra,
le portarono a Uruk e così parlò Gilgameš:
“Guardate, sudditi: queste sono le zampe del temibile Toro Celeste; 
le zampe che facevano tremare la terra;
Qualcuno di voi sa forse trarne delizioso cibo?”
- E qui, queste righe che seguono... ecco, proprio queste: qui c’è la ricetta!
- La... ricetta? Del... Toro... Celeste?
- No, mica di tutto, solo delle zampe,
                 le zampe che facevano tremare la terra...
- Ho capito, basta!
- Lo sai che queste narrazioni sono piene di ripetizioni, no?
- Sì, ma vai al sodo, per favore. Vuoi darmi a intendere che queste che seguono sono la... ricetta delle zampe del Toro?...
- Forse non capisci. Questa non è “una” ricetta, anche se delle zampe del Toro Celeste. Questa è “la” ricetta. La prima ricetta scritta dalla vostra razza da quand’è comparsa su questo pianeta. Hai capito ora? Ma che fai? Ahó! Sveglia, su! Sveglia, dài! Su, che la dobbiamo rifare!


Certo, non è detto che questa, proprio questa sia la ricetta più antica del mondo, ma è vero che da una serie di tavolette scritte in sumerico siano emerse da oblio secolare una serie di "indicazioni" davvero interessanti.
Ne ha scritto lo storico e orientalista francese Jean Bottéro, che fu il primo traduttore del Codice di Hammurabi (1).
Questa è una ricetta persiana descritta in "Cannella e zafferano" di Lorenza Pliteri (2) e che ho ritrovato anche qui, nello splendido sito "Acquaviva scorre".

Koresh-e fesenjan, lo stufato sumerico
Ovvero: Ossobuco con melagrana, zucca e noci
Per due persone (io, il cialtroscrittore, e un gattodemone cialtrosumerico)
2         ossobuchi di manzo
1         melagrana
1         cipolla
170 g  zucca
100 g  noci (già sgusciate)
1 punta di cannella in polvere
un pizzico di zafferano
olio evo e sale q.b.
Rosolare in una padella la zucca a pezzettoni con poco olio, fino a farla dorare mantenendone però la consistenza.
Sgranare la  melagrana e spremere il succo di 3/4 dei chicchi con uno spremiagrumi o uno schiacciapatate, facendo attenzione a non decorare di carminio le pareti.
Tritare finemente le noci, unirvi il succo di melagrana e aggiungere anche la cannella e lo zafferano.
Affettare finemente la cipolla e farla appassire in un tegame con poco olio, a fuoco bassissimo.
Incidere il bordo degli ossibuchi o praticare dei tagli con le forbici, così da non farli arricciare in cottura.
Unire alla cipolla gli ossobuchi e farli rosolare, quindi unire la zucca e la pastella di noci e melograna e un pizzico di zucchero qualora questa risultasse troppo aspra.
Salare leggermente, coprire il tegame  con un coperchio, abbassare la fiamma al minimo e cuocere per almeno 90 minuti, mescolando la carne ogni tanto e controllando che non si asciughi, nel qual caso aggiungere un paio di cucchiai di acqua calda.
Dopo l'ora e mezza di passione - ci è voluto senz'altro meno a uccidere il Toro Celeste - spegnere e lasciar riposare una decina di minuti coperto.
Disporre la carne sul piatto e cospargerla con i chicchi di melograno tenuti da parte.


Non sembra forse la faccia der poro Enkidu che guarda il suo amato Gilgameš dalle profondità senza ritorno degli Inferi?...

Detto sumerico del giorno
L'uomo, per quanto alto egli sia, non può raggiungere il cielo.

Oggi ascoltiamo 
Nazem El Ghazali - Fog el Nakhal
https://www.youtube.com/watch?v=4dcFvxXV6l8

NOTE
1) Jean Bottéro, "La cucina più antica del mondo" ed. Orme (2013); "Textes Culinaires Mesopotamiens" ed. Eisenbrauns (1995).
2) ed. Ponte alle Grazie (2011. Collana, manco a dirlo: "Il lettore goloso")

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