domenica 9 novembre 2014

Krapfen boemi al papavero

Ovvero: Bochánky s mákem

Quando penso a Praga non vedo la città.
Penso ai tetti spioventi a tegole rosse di Malà Strana e rivedo quel tenero barbaro di Bohumil Hrabal, già mezzo ciucco, che passeggia per i vicoli con due secchi di birra verso casa, verso la sua solitudine troppo rumorosa.
Penso al coloratissimo Vicolo dell'Oro e non riesco a non associarlo all'angoscia asfittica di Franz Kafka, che pure vi abitò e immaginò qui l'incubo glaciale e terribile di risvegliarsi trasformato in un mostro.
Scruto i lugubri pinnacoli del castello e mi rivengono in mente le leggende medievali della Città d'Oro che Angelo Maria Ripellino ha raccontato così bene, con gli esseri fantastici che si mescolano naturalmente agli umani, con re Rodolfo II che invita a corte John Dee, il mago che parla enochiano con gli angeli, ma anche il suo compagno cialtrone, John Keely.
Penso agli scorci della Staré Město, e nella mente i muri a mattoni delle case medievali e le lapidi consunte del cimitero ebraico diventano gli scenari espressionistici e allucinati dove passeggiava il golem di Gustav Meyrink.
Insomma, Praga è davvero magica...
- Io quando penso a Praga mi vengono in mente questi:


- Sì, Leppagorre, fanno tanto Boemia d'altri tempi, con la contadinella col viso rubizzo e il grembiule ricamato. Ma non farti illusioni, qui i semi di papavero costano un occhio e non mi va di assecondare tutte le tue voglie strampalate, anzi stramparlone, come direbbe er sor Bohumil.
- Vieni, vieni...
- Non tirarmi per la manica, che mi prendono per matto.
- Come se già non lo facessero.
- Grazie, eh? E dove mi porti?... Ah, però... Quasi quasi...
- Eh? E poi non dire che non ti sono utile.
- E come hai saputo che qui li vendono?
- Me l'ha detto Recchiamozza, il gattone di Largo Argentina.

 

- Se, vabbè... Bonanotte!
- Aspetta! Dove vai?
- A comprarne due confezioni, no?

Krapfen boemi al papavero
500 g   farina
25 g     lievito di birra (fresco o secco)
un cucchiaino di zucchero
250 ml latte
50 g     burro
50 g     zucchero
1          uovo
1          tuorlo
Sciogliere il lievito in poco latte tiepido per farlo attivare.
Quello secco in grani va sciolto in poca acqua tiepida e un cucchiaino di zucchero e lasciato riposare finché si formi una densa schiuma in superficie.
Impastarlo quindi con poca farina il latte sufficiente a formare una pastella sostenuta, o un panetto morbido, e farlo lievitare al calduccio per un quarto d'ora, una ventina di minuti, mezz'ora.
Al raddoppio, insomma.
In una terrina versare la farina restante, il lievito, il burro pomata, lo zucchero e un pizzico di sale. Lavorare dapprima col cucchiaio di legno e quando avrà poi preso un minimo di consistenza scatafrombolare il tutto sulla spianatoia e lavorare energicamente per almeno dieci minuti.
"E tricchete e tracchete, e su e giù la monica annaaava"
    oppure
"If I can only reach you, If I could make you smiiile"
A scelta.
Far riposare il panetto, così provato da tanto sbattimento muscolare, ma soprattutto da così pessimo accompagnamento musicale, al riparo nella nostra terrina, coperta da un piatto o da un canovaccio.
Tempi? Lo devo dire? Al raddoppio!
Quindi da 20 minuti, mez'ora se fa caldo fino a un'ora e passa se la temperatura è sotto i 25° C.
Intanto preparare il ripieno
150 g   semi di papavero
1         uovo
buccia grattugiata d'un limone
3 cucchiai di miele
Far rinvenire i semi di papavero in un bicchiere d'acqua calda per almeno un quarto d'ora. (1)
Colarli quindi attraverso un panno pulito, strizzandolo un po' per eliminare il liquido in eccesso.
Versare in una terrina e aggiungere il miele, l'uovo e la buccia di limone.
Mescolare l'immondo pappone e passare alla lavorazione dei craffen:
Smaneggiare la pasta e ricavarne un rotolo, che andrà diviso in 16 parti uguali.
Sul piano infarinato stendere col mattarello ogni pezzo in un disco di circa una decina di centimetri di diametro ed alto più o meno mezzo centimetro.
Versare al centro del disco di pasta un cucchiaio di ripieno, quindi richiuderlo, inumidendo leggermente il bordo, ricavandone una palletta, che verrà spennellata di burro fuso e disposta su una teglia imburrata o coperta di carta forno.
Far rilievitare i craffen almeno una ventina di minuti, qunidi cuocere per meno di mezz'ora a 180° C.
Almeno fin tanto che la superficie sia bella dorata.
Appena usciti dal forno spolverizzarli con dello zucchero a velo.


Et voilà, il craffen boemo è servito.


E con con gli occhi chiusi, tra un sorso di tè e un morso di craffen rivengono in mente le piroette linguistiche del maestro Hrabal, quel suo:
Da trentacinque anni lavoro alla carta vecchia ed è la mia love story. Da trentacinque anni presso carta vecchia e libri, da trentacinque anni mi imbratto con i caratteri, sicché assomiglio alle enciclopedie, delle quali in quegli anni avrò pressato sicuramente trenta quintali, sono una brocca piena di acqua viva e morta, basta inclinarsi un poco e da me scorrono pensieri tutti belli, contro la mia volontà sono istruito e così in realtà neppure so quali pensieri sono miei e provengono da me e quali li ho letti, e così in questi trentacinque anni mi sono connesso con me stesso e col mondo intorno a me, perché io quando leggo in realtà non leggo, io infilo una bella frase nel beccuccio e la succhio come una caramella, come se sorseggiarsi a lungo un bicchierino di liquore, finché quel pensiero in me si scioglie come alcool, si infiltra dentro di me così a lungo che mi sta non soltanto nel cuore e nel cervello, ma mi cola per le vene fino alle radicine dei capillari.

Verrebbe quasi da piangere.
Di contentezza.

NOTE
1) La ricetta originale prevede di tritare finemente i semi di papavero. Ora, a parte che non sempre si ha a disposizione un macinino da caffè da usare per i semi di papavero, e frantumarli nel mortaio è comunque una vera e propria pena del purgatorio, credo che non sarebbe male lasciarli così come sono.
È piacevole schiacciarli nel morso, e la loro consistenza granulare contrasta con la morbidezza della pasta brioche. E se anche tra i denti ne rimanesse annidato qualcuno a tradimento, suvvia, non è che la cosa sia poi così disdicevole. Credo lo sia di più scaracchiare a terra o frugarsi attentamente le narici in cerca di chissà quali tesori nascosti. O no?...

Detto ceco del giorno
Zakázané ovoce chutná nejlépe

Il frutto proibito ha il sapore più dolce


Oggi ascoltiamo
Queen - Bohemian Rhapsody

https://www.youtube.com/watch?v=fJ9rUzIMcZQ

2 commenti:

  1. Quando penso a Praga penso ai muri grigi della prima volta nel 79, l'attesa alla frontiera chiusa all'alba, la perquisizione con il cuore che batteva forte, il desolato motel in cui eravamo alloggiati, il gelato un solo gusto in piazza San Venceslao (se ne volevi tre dovevi fare il giro delle tre gelaterie e prendere un gusto diverso da ogni gelataio) le faccia triste dell'ex allenatore di pallavolo del moroso di mia sorela che aveva conosciuto tutta l'Europa ed era bloccato lì per non lasciare la sua famiglia, al pranzo di Pasqua non so più quante portate di bontà alla fine del Ponte Carlo, 18000 lire in 10 persone con tutti i camerieri che si inchinano alla nostra uscita perché lasciamo 2000 lire di mancia che mi fanno sentire male per quello che io ho e loro non hanno, il cambio nero, i dolci alla panna a casa di conoscenti di lì. I muri che cominciano a colorarsi nel 93, il turismo dilagante e lo splendore ritrovato del 2010, L'oro dei campi di colza in fiore sotto i cieli pesanti e plumbei della Boemia come se il sole si fosse rovesciato, la mia camera al B&B nel parco di Praga

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    1. In nemmeno dieci righe la storia di un paese che voleva solo essere Europa.
      Non riesco a dirti altro.
      E non potrò mai ringraziarti abbastanza per questi ricordi.

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