venerdì 12 settembre 2014

Amaretti sospirati

La prima volta si sono spatasciati miseramente diventando dei dischi cristallizzati che avrei voluto usare come orecchini, se solo avessi avuto i buchi ad entrambi i lobi, o anche come disco dilatatore labiale del genere che usano le giovani Surma o Mursi africane, se non avessi già da tempo passato l'età del pulsellaggio e mi avvicini invece verso l'inesorabile Valle delle Ombre...


La seconda sembravano grumi di cera smoccolata e sedimentata da decenni di messe funebri.
Avevano solo la parvenza di una forma, anziché la classica, rassicurante semisfericità tipica del biscotto...

La terza ci ho giocato a freesbee per il salotto, rompendo due ninnoli de pora mamma e spaventando un
passante, che s'è visto atterrare davanti ai piedi un disco (non)volante di rara bruttezza in tutto il Cosmo conosciuto...

Insomma, questo è uno di quei casi in cui avrei davvero gettato la spugna, accompagnata da annesso bestemmione da camallo ligure, soprattutto dopo la vista di numerosi filmati sulla rete dove delle giulive signore ed aggraziate (!) giovinotte ci tenevano a mostrare tutte le fasi della lavorazione dei loro meravigliosi, saporitissimi e, soprattutto, facilisssimi amaretti.
Come ci tenevano, infine, a far vedere come fossero venuti bene!
Dei veri amaretti, eh? mica cavoli!
Le avrei soffocate con le mie mani, altro che, strozzandole con manciate dei loro preziosi, deliziosi, perfetti manicaretti, le maledette!...

Poi ci si è messo anche, tanto perché la confusione non era già abbastanza, anche il mio amato e venerato Pellegrino "baffone" Artusi. Che di ricette ne propone ben due.

626. Amaretti I
Zucchero bianco in polvere, grammi 250.
Mandorle dolci, grammi 100.
Mandorle amare, grammi 50.
Chiare d'uovo, n. 2.
Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco, poi tritatele finissime con la lunetta. Lavorate col
mestolo lo zucchero e le chiare per mezz'ora almeno, e aggiungete le mandorle per formarne una pasta
soda in modo da farne delle pallottole grosse quanto una piccola noce; se riuscisse troppo morbida
aggiungete altro zucchero e se troppo dura un'altra po' di chiara, questa volta montata. Se vi piacesse dare agli amaretti un colore tendente al bruno, mescolate nel composto un po' di zucchero bruciato.
Via via che formate le dette pallottole, che stiaccerete alla grossezza di un centimetro, ponetele sopra le
ostie, o sopra pezzetti di carta, oppure in una teglia unta col burro e spolverizzata di metà farina e metà
zucchero a velo; ma a una discreta distanza l'una dall'altra perché si allargano molto e gonfiano, restando
vuote all'interno.
Cuocete in forno a moderato calore.

627. Amaretti II
Eccovi un'altra ricetta di amaretti che giudico migliori dei precedenti e di più facile esecuzione.
Zucchero bianco a velo, grammi 300.
Mandorle dolci, grammi 180.
Mandorle amare, grammi 20.
Chiare d'uovo, n. 2.
Le mandorle spellatele e seccatele al sole o al fuoco; poi pestatele fini nel mortaio con una chiara versata in più volte. Fatto questo mescolateci la metà dello zucchero, mantrugiando il composto con una mano. Dopo versatelo in un vaso e, mantrugiando sempre perché s'incorpori, aggiungete una mezza chiara, poi l'altra metà dello zucchero e appresso l'ultima mezza chiara.
Otterrete, così lavorato, un impasto omogeneo e di giusta consistenza che potrete foggiare a bastone per
tagliarlo a pezzetti tutti eguali. Prendeteli su a uno a uno con le mani bagnate alquanto per formarne delle
pallottole grosse come le noci. Stiacciatele alla grossezza di un centimetro e pel resto regolatevi come per i precedenti, ma spolverizzateli leggermente di zucchero a velo prima di metterli in forno a calore ardente, e dico forno perché il forno da campagna non sarebbe al caso per questa pasta.
Con questa dose otterrete una trentina di amaretti.

Non che mi abbia chiarito le idee, il Maestro. Anzi...
Non capivo il PERCHÉ.
Perché? In cosa sbaglio?
Mi parevo il personaggio di Nanni Moretti, l'annaffiatoio in mano di fronte alla pianta stenterella e il suo estenuato: "Vuoi più luce? più sole? Che vuoi? Dimmelo!"
Poi mi son detto: "Ma possibile che non vengano? Mettiamoci un po' a tavolino!"
Come al mio solito mi sono smazzato e messo in tabella una ventina di ricette in tutte le loro varianti, dalle quali ho dedotto che:
- le quantità di zucchero e di mandorle tritate si equivalgono (quasi) sempre;
- tale quantità è (generalmente) circa tre volte il peso dell'albume. Ma anche qui vige il caos più totale, l'anarchia più incontrollata, la bolgia ctonia senza fine: tale quantità varia da 75 a 150 g per albume (che sappiamo già a menadito pesare, mediamente, i suoi benedetti 35 g);
- l'impasto va fatto riposare (chi lo fa 20 minuti chi 4 ore, comunque...) perché deve risultare abbastanza asciutto da essere facilmente lavorabile;
- le mandorle amare (o le armelline, ovvero i semi delle albicocche) vanno in proporzione da 70:30 a 95:5 per ogni 100 g totale di mandorle dolci.

Che confusione!
"Sarà perché ti amo?"
No, di sicuro ti odio a morte, maledetto caos primordiale da cui ognuno tira fuori, dal suo sorridente forno bollente la sua placca cosparsa interamente da quelle belle "sisette" screpolate che non avrebbero nemmeno le mummie del British Museum!
Uff!
Ma visto che son tignoso, come diciamo spesso qui, mi sono messo a piedi pari (ovvero ben comodo e di punta, come ci si sistema a tavolino) e ne ho ricavato i miei:

Amaretti
Per ogni albume, che pesa mediamente 35 g ca. :
100 g    zucchero (o zucchero a velo)
100 g    mandorle (anche non pelate)
30 g di mandorle amare, o armelline, o anche dell'essenza di mandorla amara. O anche niente, tiè!
buccia di limone grattugiato (un terzo del frutto).
Macinare le mandorle dolci e amare con un macinino oppure con un tritatutto, ma in tal caso occorre aggiungere un paio di cucchiai di zucchero per evitare la macinazione estragga l'olio dalle mandorle rendendo la farina pastosa e, quindi, inutilizzabile.
Non dovrà essere eccessivamente fine ma, anzi, leggermente granulosa.
In una ciotola versare la farina di mandorle, lo zucchero e la buccia grattugiata di limone.
Aggiungere poco alla volta gli albumi d'uova, leggermente sbattuti.
In molte ricette, anche in Rete, compare la dicitura "albumi montati a neve fermissima", che è un controsenso, visto che poi li si dovrà "mantrugiare", come direbbe er sor Pellegrino, con il resto degli ingredienti.
Amalgamate il tutto fino a ottenere un composto lavorabile.
È quindi consigliabile di versare l'albume d'uovo poco alla volta fino a raggiungere la giusta consistenza.
Non si sa mai...
Foderate le teglie (ne servirà una per ogni dose di albume) con carta da forno.
Stendere un serpente di pasta e ricavare delle palline poco più grandi di una noce, e rotolarle quindi nello zucchero (o anche nello zucchero a velo).


Disporre le palline sulla teglia distanziandole, senza schiacciarle, cosa che avverrà da sé in cottura.


Qui c'è la questione riposo: alcune ricette dicono di far riposare l'impasto venti minuti almeno prima di preparare le palline, altri di far riposare le palline sulla teglia dalle due alle ventiquattro ore...
A quanto pare il fatto è che non conta "quanto" tempo infine riposi l'impasto (il sor Pellegrino le schiaffa in forno e via), ma che asciughi quel tanto da perdere l'umidità in eccesso.
Volendo si possono decorare con una mandorla intera o mezza ciliegia candita.
Cuocere a 180 gradi per circa venti minuti.


Il fondo degli amaretti deve dorarsi ma non risultare bruciato.

Ora, che dovrei fare io, con finalmente un piattino dei "miei" amaretti?


Bravi, piangere come un vitello.
Anzi, come un padre che veda finalmente venire alla luce le sue deliziose, dolcissime e sospirate creature.
Quindi asciugarsi con dignità, o quel che ne resta, il bordo dell'occhio, e riporle con amorevole cura in una scatola di latta.


Si dice così, ma solo per scrupolo, ben sapendo che avranno vita breve.
Breverrima, direbbe Leppagorre.

Detto romano del giorno
Fà come l'antichi, che se magnaveno le cocce e buttaveno li fichi.

Cioè, non ci capivano niente…


Oggi ascoltiamo
Elton John - Believe

https://www.youtube.com/watch?v=ABSXJiYQFuI

4 commenti:

  1. l'amaretto spatasciato resterà per sempre nel mio cuore e la valle delle ombre sto par di.... salvo che non la si intenda alla veneta
    di più non posso fare che sennò me moro

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    1. Anche alla veneta, perché no? ;-)
      Che tu abbia letto la ricetta, vista la amadofobia, è già tanto per me.
      Grazie, cara...

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    2. pensa che la torta alle mandorle di mia nonna Erminia è uno dei ricordi più celestiali della mia infanzia sarà perchè non ci sono più nè la nonna nè le mandorle nè tanto meno l'infanzia

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    3. C'è, c'è tutto, almeno nella tua mente e nel tuo cuore...

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