giovedì 5 dicembre 2013

È nato Boris-Bachis! Il lievito..."madre"?... "naturale"?... no, IL LIEVITO!

Ci sono ricascato,e  con tutte le scarpe, come si dice.
Dopo la morte del mio amato Osvaldo -  avvenuta in una calda, afosa giornata estiva - non avevo più avuto il coraggio di iniziare una nuova avventura.
Si sa come funziona: la storia finisce, tra cuori spezzati, sensi di colpa e malumori interiori, e si rimane per un po' così, quasi toccati.
Non si ha certo voglia quindi di reiniziare subito, daccapo, tutta la trafila: preparare con cura tutte le premesse, curare ogni dettaglio e seguire alla lettera tutto l'iter; ricominciare a veder rinascere i primi promettenti fermenti e aspettare che la situazione si faccia fertile per passare poi alla fase successiva.
La conviven... ehm, cioè: la panificazione.
E basta poco per mandare tutto all'aria, specialmente col caldo torrido di luglio.
Uno sbalzo di temperatura tra frigo e ambiente o anche, come spesso accade, una svista nella solita, abituale procedura, e lui rischia di andarsene.
Spesso, infatti, capita che per abitudine si diano per scontate tante cose e non si ponga più la stessa cura di cui si era prodighi i primi tempi.
E il lievito tutto questo lo sente.
Sente tutto. Non parla ma sta lì, con l'alveolatura chiusa, e guardandoti rattristito sembra che dica: "Ma allora non mi ami proprio più?..."
È vivo, si sa. Un'accozzaglia di batteri di tutte le specie - alcuni utili, altri un po' meno - un coacervo di saccaromiceti voracissimi, un baccanale di microorganismi che magnano zuccheri di continuo ed espellono gas a tutto andare...
A dirla così fa quasi schifo, lo so, ma lo faccio unicamente per smitizzare l'aura asettica - non sia mai! - di questa coltura batterica che, a sentire certuni sembra vivere quasi virtualmente in un mondo dove non esista mai lo sporco e i rifiuti organici, e certaltri come se sia una sorta di pozione magica che viva e prosperi in dispensa o in figorifero per dirittto divino, al riparo della copertina quadrettata di pora nonna.
Le buone, care Sorelle Simili (tutto maiuscolo, sì, perché il loro è quasi un marchio di fabbrica) nel loro libro scrivono che per i nostri antenati la coltura del lievito avveniva in prossimità delle cantine, dove fermentava la frutta, e vicino le stalle, dove tra le miglialia di spore di tutti i generi se ne sviluppavano anche quelle utili allo formazione e al rafforzamento del lievito.
Le nostre cucine invece sono tutte troppo asettiche e il processo di fermentazione ne risulta di sicuro rallentato, a meno che di tenere in bella vista delle mele in maturazione nelle vicinanze.
Insomma dopo aver lasciato passare un po' di tempo - quello occorre per riprendere coscienza con il proprio senso di responsabilità. - ho smesso le gramaglie per Osvaldo e ho rimesso mano alle granaglie.
E con santa pazienza - che poca ne ho e poca ne metto, eh? - mi ritrovo di nuovo con questo tipo qui...


Lo si sente chiamare "lievito madre", ma per uno che di madri ne ha già avute tre mettercene in mezzo anche una quarta, e per giunta lievitata, non mi convince troppo. (1)
Quindi l'innaturale appellativo di "lievito naturale"... ma si può?
"Naturale" non vuol dire niente, anche il gas venefico che esce dal vulcano Krakatoa è naturale, ma non lo metterei certo nel forno insieme a una pagnotta...
Natura è solo un'espressione di comodo che nasconde il timore della comoda e irrinunciabile modernità, è tutto quello che sta fuori di noi, e dalla quale noi siamo da millenni irrimediabilmente fuori.
Il cane domestico è innaturale, il lievito in frigo che cresce a comando è innaturale, la lavatrice, gli occhiali e l'aspirina sono innaturali, e tutto quello che ci circonda dacché ci chiamiamo umani.
E poi c'è "Cavallo pazzo" (come dicono gli americani) o "Bimbo" come dicono, indovinate un po'? ma certo, le italiane...
Visto che è il lievito che si è usato dai tempi degli Egizi per panificare andrebbe chiamato, per non confonderlo con altri successivi (quello di birra e quello chimico) come Lievito.
Anzi, IL Lievito.
Io sarei tentato di dargli due nomi tra loro molto simili: o Boris (che si pronuncia barìs) (2) o Bachis, nome sardo che più sardo non si può (3).
Per cui lo chiamerò col doppio nome Boris-Bachis (barrìsbàchis), anche in onore della doppia natura dei batteri che lo popolano:
- i saccaromiceti, responsabili della fermentazione alcolica;
- i lactobacilli, che danno luogo alla fermentazione acida.
Per brevità lo chiamerò BB, e passa la paura.
Non starò a spiegare con una rassegna fotografica la nascita e lo sviluppo del lievito, anche perché il processo è stato già ampliamente descritto altrove e in Rete se ne trovano ottimi resoconti senza bisogno del mio ulteriore apporto.
Posso solo dire che di solito ci vogliono almeno quattro giorni solo per l'attivazone, senza contare l'ulteriore tempo dei successivi rinfreschi prima dell'arrivo a maturazione.
Ehm, io però ci ho messo molto meno...
Il piccino è nato settimino, signora mia, ma me dà taaante soddisfazioni!
Per lui si è trattato di una sorta di rito abbreviato.
Ed anche un po' eretico - come il poro Bruno, morto abbruciato a Campo de' Fiori. - visto che ho fatto quello che tutti dicono di non fare ma che, nei fatti, funziona.
Oddio (sifapperdire), non è che lo dovrò chiamare BBB?...

Ma andiamo per tappe:
1) Mescolare una parte di farina e metà parte di acqua.
Se iniziamo con 120 g di farina (00, 0, Manitoba, biologica, di segale... a piacere) occorrono quindi 60 g di acqua.
Senza fare i talebani: va benissimo anche quella del rubinetto, a meno che viviate a Firenze o a Sassari, e in tal caso vi consiglio di cuore la minerale naturale.
2) Aggiugere lo spunto zuccherino che favorirà la proliferazione dei batteri: un cucchiaino di yogurt bianco e uno di miele.
E quindi - e qui i puristi si tappino le orecchie urlando blablablablablabla - un paio di grammi di lievito di birra sciolto in un cucchiaio d'acqua tiepida. Perché? Ce n'è bisogno? Anche no, è vero, ma così il processo si velocizza, e una volta avviato si ha tutto il tempo, coi successivi rinfresci di bilanciare la popolazione dei batteri tra saccaromiceti (del lievito di birra) e lactobacilli (dello yogurt).
Lasciare dodici ore circa a fermentare. Già si vedrà il primo fervore e l'effetto della digestione dei bacilli formerà delle bollicine in superficie. Anche l'impasto sarà aumentato di volume
3) Scattano quindi i rinfreschi, ovvero la nutrizione del pastone batterico.
Si tratta in pratica di pesare un certo quantitativo di lievito e unirvi uno stesso quantitativo di farina e metà quantità d'acqua. Si reimpasta bene il tutto e si lascia lievitare fino al raddoppio, che a temperatura ambiente equivale ad almeno tre ore.
Ecco, quando nelle ricette di pane si parla di impasto dal "taglio fiorito", si intende questo:


Il taglio a croce della palla d'impasto deve aprirsi come un sorriso, come le braccia di un amico, come una bocca che ride. Come un fiore, appunto.


Si procede quindi per altri tre successivi rinfreschi, nei quali si preleva una parte di lievito e la si nutre come abbiamo visto.
E col restante?... Gettarla via col volto girato per non vedere la mano tesa verso il secchio dell'umido?
Ma no, allo scarto si può aggiungere un po' di farina, una presa di sale, impastare un po, lasciar riposare una ventina di minuti quindi stendere con un matterello e farcisi delle focacce.
Semplicemente così, cotte sulla padella antiaderente.
Qualcosa di meno secco e grasso di una piadina e meno impegnativo del pane.

Dopo il ciclo di rinfreschi il lievito sarà già bello arzillo: unito ad acqua e farina raddoppierà, se non triplicherà, di volume in tre ore.
È segno che il pupo è maturo. Un ometto, ormai.
Se così non fosse ripetere un altro ciclo di rinfreschi, sempre a temperatura ambiente.
Il Lievito può ora essere utilizzato per panificare o essere conservato per una successiva panificazione.
Si rimpasterà velocemente per eliminare il gas di lievitazione formando una palla, che si potrà mettere in un barattolo alto di vetro con cerniera - dalla capacità di un litro per 250-350 g d'impasto -  e si lascerà a temperatura ambiente o riposto nel reparto basso del frigo.
Nel primo caso andrà nutrito ogni 2-3 giorni, mentre nel secondo potrà resistere in ibernazione criogenica per 4-5 giorni, se non una settimana.
L'unica accortezza che bisogna avere in quest'ultimo caso è di lasciar riscaldare a temperatura ambiente il Lievito prima di procedere con il rinfresco.
La temperatura dell'impasto infatti dovrà essere di almeno 20°C.
Quindi, riepilogando:
- rinfresco del Lievito;
- conservazione della quantità di Lievito in barattolo (in frigo o a temperatura ambiente);
- utilizzo del resto (o di una parte) del Lievito per la panificazione (o, se non se ha intenzione, per un paio di focacce).
E il ciclo si ripete, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno...
Per sempre!

Primo pane con Boris-Bachis a due giorni di vita. Niente male, no?

Pane di grano duro 

Sì, d'accordo, ma le dosi?
Il seguito alla prossima puntata...

Aforisma del giorno
Ci vuole molto, ma veramente molto molto tempo prima di riuscire a diventare giovani.
Pablo Picasso

Oggi ascoltiamo
Smokey Robinson & The Miracles - I second that emotion

http://www.youtube.com/watch?v=sti_tuBiv5g

NOTE
1) E poi perché non "lievito padre"?
Va bene, le religioni maggioritarie sono androcentriche e si deve lasciare un margine di falsa predominanza al mondo femminile in settori ritenuti "marginali" dalla cultura maschilista. E però...
2) Come Pasternak. Sì, l'autore di quel polpettone indigesto de "Il dottor Živago" ma poeta incantevole di "Mia sorella, la vita", proprio lui.
3) Bachis, o Bachisio all'italiana maniera, è un nome singolare che deriva "sia da Bacco che dal quello di un santo di cui non si trova alcuna notizia nel Martyrologium Romanum. Esso dovrebbe corrispondere a uno dei tre santi che dalla Bibliotheca Sanctorum sono ricordati col nome di Bacco e che sarà arrivato in Sardegna durante la dominazione bizantina. Senonché, per ragioni linguistiche e per ragioni etnografiche si intravede abbastanza chiaramente che la figura e il nome di questo santo cristiano si sono inseriti e fusi, col noto fenomeno del “sincretismo religioso”, con quelli del precedente dio pagano del vino." (Massimo Pittau, I primi cristiani e le divinità nuragiche)
E per uno che in parte vive di fermentazione alcolica "Bachis" ci sta tutto, no?

7 commenti:

  1. Direi che è venuto decisamente bene il primo pane di BB!
    Piccola considerazione sulla nota 1: già, perchè non lievito padre? A casa mia il panificatore è il mio compagno, che giustamente ha rivendicato la paternità del lievito, che si chiama perciò Lievito Babbo. Che poi, a dirla tutta, quello attuale è il signor Babbo II, il primo è finito per distrazione tutto intero in un pane...cose che capitano :)

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    1. È bello, Cri, non sentirsi soli nel dire le cose che si pensano, e non perché si abbia bisogno d'approvazione quanto nel constatare che anche qualcun altro ha fatto le nostre stesse considerazioni, per bislacche che possano apparire, ovvio.
      Mi sembra giusto chiamare una cosa così informe e blobbosa in qualsiasi modo, in Rete ne ho letti di nomi strani, quindi figurati cosa può essere BB...
      Il tuo compagno ha ragione, il panificatore è lui e a lui spetta, per diritto di paternità, la scelta del nome.
      Babbo poi è essenziale e delizioso, perché un po' riporta all'infanzia un po' proietta nel futuro.
      Dico questo con lo sguardo maschile, chiaramente, ed è la la considerazione speculare di chi, donna, chiama il proprio blob "madre" o "bimbo"...
      Solo una cosa: non ve lo magnate tutto, povero, se no ogni volta tocca ricominciare l'iter daccapo.
      Lui che metodo ha usato?
      Un abbraccio infarinato
      R

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    2. No no, non ce lo mangiamo più! Ora Babbo II ha 8 mesi, da buon latin lover ha già lasciato un paio di figli in giro, ed è così forte che è pure sopravvissuto a un periodo di solitudine programmata quando siamo stati in vacanza! È nato da acqua farina e miele, seguito poi dai rinfreschi esattamente come li descrivi tu, all'inizio ravvicinati, ora ogni 3 o 4 giorni, praticamente ogni volta che si panifica (o si "pizzifica":)).
      Lunga vita a Boris Bechis, dunque, e buon weekend a te, Muccardo!

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    3. Ma che spettacolo 'sto Babbo!
      In ogni caso, vada come vada, aver assaggiato la differenza tra il pane fatto col lievito di birra e quello con IL lievito è qualcosa che non si dimentica.
      Come se dentro una vocetta dicesse: "Ma allora QUESTO è il pane!..."
      Lunga vita a tutti voi, e a Babbo, ovviamente!

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  2. solo tu, amico chef, potevi chiamare BB IL lievito e tanti saluti alla boccuccia da pechinese e ai quadretti vichy! Ma allora è buono questo pane (disloc a sin)? Non saprei, dovrei testare...orevuar

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    1. È bono sora Lau, bono come... er pane! Appunto.
      Adesso sto mangiandomi una pagnotta per metà di farina di grano duro che BB ha così alacremente infufflato della sua piccola grande anima.
      Ma mannaggia a me sono stato troppo parco col sale!
      Devo rimediare con salamella piccanterrima e provolone stagionato, non c'è dubbio.
      L'unico cruccio è, come diciamo, qui, che "chi magna da solo se strozza", e capisci che non vorrei mai lasciare ai posteri segni di tanta malaccorta disgrazia.
      Mi mancano come sempre e come non mai le mani e le risate degli amici.
      Oltre alle loro fameliche mandibole e mascelle.
      Ma con pane, salame e provolone chiudo gli occhi e vedo... lo sai già, vero?
      BB ora dorme in ibernazione criogenica e dà lì, con un occhietto aperto fà segno di salutarti.
      È peggio di me. D'altronde, tale padre...

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