sabato 3 maggio 2014

Sformatini "universali" e "pesce" ripieno

Mi piacciono le ricette "aperte", quelle con cui si può spaziare con gli ingredienti su diverse dimensioni: sapori, consistenze e tipi di preparazione.
E mentre con la pasticceria le regole sono un po’ più rigide e non si può quindi sgarrare di molto senza “uscir fuori con l’accuso”, come si dice nel gergo delle carte, in molte ricette di cucina sono invece permesse infinite (o quasi) variazioni.
Basta citare quelle a base di pasta o di riso, per esempio. O ancor più le minestre.
Ma anche i timballi e le torte salate non scherzano mica.
Per caso mi imbattei… no, non “in un cargo battente bandiera liberiana”, sic Manuel Fantoni docet (1) ma in una rivista in cui venivano proposti degli appetitosi “Sformatini di carciofi”.
E siccome sono più curioso di un gerbillo nepalese (2) mi sono messo alla ricerca di ricette simili.
Solitamente quando mi diletto in simili ricerche compilo tabelle comparate per confrontare le dosi e gli ingredienti utilizzati, ma anche per capire “la Legge” che sta dietro quel ricco ventaglio di preparazioni.
Un po’ come per la Quattro-quarti: una volta capito che le dosi devon esser quelle e il procedimento è invariabilmente lo stesso, la si può riconoscere anche mascherata da contessa Mircalla (3).
Alla fine dei giochi, per gli sformatini vi è sempre lo stesso procedimento, ed è richiesta una stessa “base”, alla quale si può aggiungere, applicando la nostra fantasia (più o meno malata che sia), veramente di tutto.

Base per sformatini
500 ml    besciamella
quindi:
    500 ml latte
    50 g    burro
    50 g    farina
2    uova
40 g    formaggio di media stagionatura (Asiago, Caciotta, Caciotta, etc. A seconda del gusto)
Ingrediente X.
Preparare la besciamella. Il procedimento è ormai stranoto e non posso far altro che citarmi addosso.
Una volta pronta lasciarla intiepidire, quindi aggiungere le uova, il formaggio, grattugiato o a pezzettini minuti.
Poscia l’ingrediente X...
Versare il composto negli stampini, individuali o meno, imburrati e infarinati (a meno che siano di silicone, in qual caso lasciarli così, lindi e pinti).
Cuocere a fuoco moderato, i soliti 180°, per 40 minuti circa, a doratura.

 
E l’ingrediente X?
Per quanto riguarda la ricetta che lessi nella rivista, questo consisteva in un chilo di carciofi, mondati, tagliati a spicchi e stufati per 15 minuti in un tegame assieme a 50 g di burro.
È facile capire che, se si preferiscono le verdure, al posto dei carciofi si possono utilizzare broccoli, broccoletti, spinaci, cipolle, peperoni, piselli, carote, melanzane, e chi più ne ha più ne metta.
Qui sta il bello.
Se invece si vuole utilizzare la carne o il pesce nulla ci vieta di imbesciamellare bacon a dadini, o macinato di manzo (o maiale o tacchino, o misto) aromatizzato alle spezie, o merluzzo (o altro pesce bianco, magari del baccalà) insaporito alle erbe, o pollo arrosto avanzato dalla cena prima (magari sminuzzato e ripassato nella cipolla, o nell’aglio, o anche in tutti e due. Con il sottofondo di spezie tropicali, magari: noce moscata, cumino, cannella, macis, pepe...).
E se invece si vuole usare il formaggio, sappiamo già che esistono centinaia di tipi di formaggi adatti alla bisogna, l'importante è che siano di media stagionatura, qunidi né troppo asciutti né troppo sierosi: gorgonzola, provolone, scamorza (magari affumicata), caciotta laziale (o toscana), pecorino sardo…
E basta, altrimenti la salivazione rischia di farmi andare in corto circuito la tastiera.

Però, se nel contempo avanzasse anche della pasta violata, o finanche della pasta brisée, che farne?
Lasciarla ad ammuffire tristemente in frigo come Cenerentola davanti al camino? No di certo.
Allora, da brave fatine – di cento chili ma pur sempre fatine – bisogna armarsi…
No, non di bacchetta: con la bacchetta ci giriamo il sugo.
Armarsi, piuttosto, di insaccati e/o di verdure da farne un saporito ripieno.
Deporre la pasta in una ciotola ovale non troppo profonda.
Quindici o venti centimetri di larghezza (sì, ovvio, il diametro più lungo…)

 
Un letto di prosciutto cotto, o di coppa emiliana, o di speck, o di funghi, se la carne ci infastidisce, o di formaggi se i funghi ci sono intollerabili, o di sole verdure se anche i formaggi ci provocano urticaria fisica o etica.
Verdure… Devo ripetermi?
Broccoletti – magari ripassati in padella con aglio, e magari peperoncino, che ve lo dico a fà – o carciofi stufati – sì, di rimanere appesi sul carrello delle verdure o in frigo – o broccoli romaneschi – anche qui aglio, ma anche pancetta d’accompagno, e in tal caso senza letto d’affettati, ovvio - o...


Richiudere i due lembi più lunghi verso l'interno, quindi ripiegare anche uno dei due più piccoli.
Il rimanente tagliarlo in modo che, ripiegato anch'esso, assuma la forma di una cosa di pesce.


Un chicco d'uvetta ammorbidito fungerà da occhietto, e altri pezzetti di pasta da pinne dorsali e caudali, da fissare con un po' d'albume, o anche con solo una pennellatina d'acqua.
Qui l'allegra compagnia in attesa che si compia il loro (grato) destino.




Finire nelle panze di persone che sappiano apprezzarli.

Aforisma del giorno
Le cose note mi rassicurano. Quelle ignote mi incuriosiscono. Solo quelle impossibili mi atterriscono.

R.D.

Oggi ascoltiamo
Lucio Dalla - L'ultima luna - 1979

https://www.youtube.com/watch?v=ephDzivVr0I

NOTE
1) Manuel Fantoni è l’ormai mitico personaggio del gigione nel film "Borotalco" di Carlo Verdone (1982), interpretato dal bravo Angelo Infanti.


È il prototipo, se non il vero e proprio archetipo, del seducente Don Giovanni, dell'immaturo Peter Pan, dell’inguaribile cialtrone, o der cazzaro, come soavemente diciamo in area capitolina.
Dall’incipit del monologo - Sergio Benvenuti, ossia Verdone, non parla mai, irretito dalla sua verve - la dice tutta: “Ma quale verità. La verità non esiste! La vita è tutta un palcoscenico!… Ma sì, è fatto di grandi attori e di comparse”


2) Il gerbillo è un simpatico roditore della famiglia dei Muridi, sottofamiglia dei Gerbillinae. È ormai considerato, al pari dei criceti e dei conigli nani, un animale da compagnia.


Non so se esistano davvero gerbilli sugli altipiani nepalesi, in tal caso potrebbe trattarsi della Tatera indica, ma immagino che se ci fossero sarebbero curiosi come scimmie, vista la poca varietà del paesaggio locale. Di sicuro, però, esiste il Gerbillo della Mongolia, che nelle steppe sconfinate spazzate dal vento non se la deve passare meglio del cugino nepalese in quanto a ennui esistenziale.
3) E cos’è la Sacher se non una Quatto-quarti in cui un velo di glassa al cioccolato nasconde il peccato di aver inglobato un ulteriore quarto al cioccolato e mezzo barattolo o più di marmellata d’albicocche?

2 commenti:

  1. non lo so se il tuo gerbillo è più curioso del mio gatto ma te lo concedo, comunque questa storia delle besciamelline te la rubo immantinentemente

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