Ogni volta che entrava nel locale di Monsieur Foqué tutti gli sguardi convergevano magneticamente su di lei ed era come se nella sala le voci e il chiacchiericcio si attenuassero al suo passaggio. Lei avanzava quasi facendo finta di non notare lo scompiglio provocato semplicemente dalla sua presenza, che attirava l’ammirazione degli uomini e l’invidia delle donne; era come un’apparizione luminosa, più delle lampade che diffondevano una luce allegra e sfacciata nella sala del caffè.
Per lei la parola “splendida” era senz’altro la più appropriata.
Madame Altière frequentava il Café de Surprises quasi ogni giorno, ci veniva a prendere un tè con qualche sua amica o, se la giornata era così grigia e cupa, una rassicurante cioccolata calda accompagnata da uno dei tanti dolci che Monsieur Foqué preparava con le sue mani.
Ogni volta che la vedeva entrare Armand temeva che lei potesse sentire il battito del suo cuore, e restava affacciato alla porta del laboratorio con gli occhi sgranati e la bocca aperta a bearsi di così tanta grazia.
Ma la signora non sembrava neppure notarlo, come del resto non sembrava notare nessun altro nel locale, e passandogli davanti Monsieur Foqué gli sussurrava un “Et allors?” che lo faceva sussultare e tornare in fretta e in furia alle sue occupazioni.
La signora si sedeva con grazia sulla poltroncina e con un sorriso lieve lieve ordinava al cameriere quello che desiderava.
Armand sapeva tutto di lei, almeno tutto quel che un aiuto pasticcere poteva sapere di una signora della - come si diceva allora - buona borghesia.
Sapeva che era rimasta vedova giovanissima, durante una delle tante guerre franco germaniche, e sapeva che viveva da sola, e pare che frequentasse solo poche amiche fidate. Ma sapeva soprattutto che amava il tè senza zucchero né latte e né limone, che amava i pasticcini di pasta frolla tanto friabili da sciogliersi in bocca, e le paste in cui una mousse au chocolat carezzava la lingua e l’anima.
"Oggi è più bella del solito!..." pensava, perso in quell'incantesimo.
Certo, Armand era di parte ma in effetti oggi la massa dei suoi indomabili capelli rossi che sembrava avere vita propria risaltavano ancor di più sul collo del suo abito scuro.
Cosa non avrebbe fatto solo per poterle parlare…
Quei giorni, mentre pensava a lei, aveva quasi fatto bruciare le brioches e nei frollini invece si un pizzico aveva messo una manciata di sale rendendoli immangiabili.
M. Foqué lo redarguiva senza troppa convinzione e quando lo faceva tornare coi piedi per terra e lo vedeva sbrigarsi nelle faccende che aveva perso per strada, lo seguiva con un mezzo sorriso nascosto sotto i baffi da tricheco. Aveva un debole per quel giovane talentuoso, che gli ricordava se stesso di qualche decennio fa, e sapeva che oltre a un lavoratore instancabile era anche un valido pasticcere e avrebbe potuto farsi strada se solo non fosse stato così distratto e svagato.
“ Be’, caro Armand - gli disse un giorno - credo che per la prossima settimana potremmo cominciare a offrire ai nostri clienti qualcosa di nuovo, di diverso, che ne dici? Magari un dolce che nessuno ha fatto mai... Pensiamoci. Dobbiamo stare sempre un passo avanti per essere i migliori!”
L’orgoglio di Monsieur Foqué era smisurato ma era comprensibile: veniva da una famiglia modesta, dove col duro lavoro aveva saputo farsi valere e far notare le sue qualità. Non era un vero e proprio maestro pasticcere ma sapeva come gestire al meglio il locale che aveva messo su con tanta fatica e tanti sacrifici, un caffè che era diventato la meta delle persone più in vista della città. Avrebbe potuto fare il giardiniere, l’impresario di pompe funebri o l’avvocato con lo stesso successo, vista la serietà, l’impegno e un’abnegazione smisurate che sapeva mettere sempre in ogni cosa.
Sapeva che Armand conosceva bene il suo lavoro ma non solo: sapeva che il ragazzo era anche in grado di avere un’inventiva che tante persone non riescono ad avere, quel coraggio di osare oltre il già visto e la curiosità di provare cose nuove che non era poi così comune. Era il discrimine tra l’artigiano e l’artista, lo sapeva bene, solo che Armand era troppo preso dai suoi sentimenti per rendersene conto. Andava, per così dire, guidato…
“Pensa qualcosa che possa sorprendere i nostri clienti, qualcosa di mai assaggiato prima, qualcosa di leggero, friabile insieme a qualcosa di soffice e cremoso… Non so… tu che dici?… Pensa come sarebbe soddisfatta la bella M.me Altière se le venisse servito qualcosa fatto espressamente per lei…” - e gli lanciò un'occhiata divertita.
Per poco Armand non fece cadere a terra la bastardella in cui stava sciogliendo dl cioccolato, e se anche Monsieur Foqué non lo avrebbe di certo apostrofato con un “Ganache!” non ci avrebbe comunque fatto una bella figura.
Nei giorni che seguirono cominciò a sperimentare, con i quattro elementi della pasticceria: uova, farina, zucchero e grassi. Come un alchimista d’altri tempi passò ore nel cercare di escogitare qualcosa che fosse degno del palato della sua amata M.me Altière. Impastò, caramellò, montò a spuma, glassò; sembrava che ogni momento del suo tempo libero fosse impegnato in una spasmodica ricerca di quel particolare dolce che potesse far sorridere di piacere la sua bellissima dama. Era stremato, non riusciva a venirne a capo: o si riduceva a rielaborare la pasta frolla o dava nuovi accostamenti all’impasto della quatre-quarts, ma oltre non riusciva ad andare.
Monsieur Foqué cercava di seguirlo e di consigliarlo ma non essendo un maître pâtissier non riusciva ad andare oltre le vette della sua notevole esperienza. Qui ci voleva un colpo di genio.
Una notte si addormentò su una seggiola, con la testa sul banco da lavoro, sfinito e sognò…
Sognò la splendida signora che entrava nel locale, ma era come se fosse avvolta da una nuvola. Non una nuvola soffice ed eterea, no, ma una nube solida, croccante e friabile, una leggera e fragrante nube che spandeva nell’aria un delicato profumo di uova e farina.
La donna s’avvicinò al laboratorio, lo cercò con lo sguardo e, con un gesto che avvolgeva quella nube profumata, gli sorrise.
Armand si svegliò di soprassalto, con le guance in fiamme e gli occhi stralunati.
Uovo! Solo l’uovo poteva dare quella leggerezza!
Si mise al lavoro e fece diverse prove. Il caffè era chiuso da un pezzo e nessuno poteva stargli attorno mentre trafficava tra gli ingredienti e le attrezzature.
Non le piace il dolce, non subito… Ci vuole un guscio che racchiuda il "vero" dolce…
E pesò, mescolò, cosse e infornò finché, alle cinque del mattino, tirò fuori dal forno una teglia di piccole pepite, leggere come nuvole, gonfie e croccanti e delicatissime.
“Sembrano choux! – pensò Armand, ridacchiano tra sé con gli occhi gonfi di sonno – Ora devo solo pensare a come farcirli, questi cavolfiori!”
Stette un altro paio d’ore a trafficare tra creme, panna e ganache varie quando, riempite le pepite di semplice crema pasticcera, si sentì soddisfatto ed orgoglioso. E si addormentò in un angolo fino all’arrivo di Monsieur Foqué e degli altri colleghi.
Inutile dire che il maître fu non solo soddisfatto ma entusiasta del capolavoro di Armand e volle che tutti ne assaggiassero la fragranza e la bontà.
Quel pomeriggio, all’arrivo di M.me Altière lo stesso Monsieur Foqué in persona si premurò di accoglierla e di farla accomodare, dicendole che c’era una sorpresa per lei, solo per lei.
La signora era un po’ confusa ma comunque lusingata da tante attenzioni, e quando si sedette Monsieur Foqué le fece portare del tè, il suo preferito, e un piattino con tre splendide beignettes, delle frittelline - così le chiamò il Maître – con diverse farciture. Due erano delle rotonde nuvole di pasta mentre una era leggermente allungata e glassata con una sottile pennellata di cioccolato.
Appena M.me Altière assaggiò un beignet le guance le si arrossarono, gli occhi si socchiusero in un sorriso di piacere.
Non si sentiva così felice e appagata da quando… da quando? Nemmeno lei avrebbe saputo dirlo.
Sapeva solo che sarebbe stata così, in quello stato di perfetta beatitudine per sempre.
Non era solo qualcosa di nuovo e di inaspettato, ma qualcosa di più… d’imprevisto, come un innamoramento, un lampo, un éclair.
Cercando di riscuotersi a fatica da quella sensazione di languore e allo stesso tempo di frenesia sensuale che l’avvolgeva cercò con lo sguardo Monsieur Foqué, che era poco lontano e aveva registrato con visibile soddisfazione tutte le reazioni dell’ospite.
Quasi balbettando M.me Altière espresse l’apprezzamento per quel dolce che non aveva mai assaggiato prima, e volle fare i suoi complimenti al Maître il quale, schernedosi con un leggero sorriso, le disse che il merito non era il suo ma del pasticcere Armand, che dalla porta del laboratorio, lontano, oltre la sala, stava assistendo a tutta la scena.
La dama volle conoscere personalmente l’autore di un dolce così prelibato e quando si trovò davanti Armand, tutto lustro per l’occasione e rosso in viso da far pena, capì che in quella nuvola di pasta e crema non c’erano soltanto i quattro elementi della pasticceria, ma anche un quinto, il più importante, quello senza il quale non si riesce a far combinare mai gli altri quattro: l’amore.
Non sappiamo cosa si dissero Armand e M.me Altière, d’altronde si sa: a volte un bigné è meglio di mille parole.
Sappiamo solo che da allora i due divennero molto, molto amici e sei mesi dopo decisero di sposarsi.
Monsieur Foqué, visto il successo che aveva avuto quel nuovo dolce, decise di far diventare socio il novello pasticcere, che divenne il più famoso di Francia.
Bigné, choux (1), éclair...
Parole diverse che alla fine indicano tutte la stessa cosa: una scorza friabile e croccante che racchiude un cuore di crema o di panna.
A parte la leggenda romanzata, la pasta choux ha una lunga tradizione culinaria, sia per uso dolce che salato.
Qui, manco a dirlo,ne faremo un uso dolce. Dolcissimo.
Sciù
Dose per 15-18 sciù (a seconda di quanto si facciano grandi)
150 g farina
120 g burro
4 uova
250 ml acqua
Un pizzico di sale.
Far bollire l'acqua con il burro e il sale, togliere dal fuoco e versare insieme tutta la farina, mescolando bene con la frusta.
Rimettere sul fuoco e mescolando cuocere il composto finché sfrigola e tende a staccarsi dalle pareti per appallottolarsi.
Togliere dal fuoco e far intiepidire; se avete una pentola col fondo spesso poggiatela in una scodella dove avrete messo un dito d'acqua.
Versare ora le uova, una ad una, mescolando con cura e facendone assorbire bene una prima di aggiungere la successiva.
Far riposare qualche minuto, versare a mucchietti con un cucchiaio, o anche con la saccapposcia (2) sulla teglia ricoperta con carta forno, distanziandoli di 3 cm ca.
Eccoli quasi pronti:
Cuocere a 180° per 25-30 minuti.
Devono asciugare perfettamente all'interno e spesso non è facile azzeccare il tempo di cottura.
Le prime volte consiglio di farne un po' di più e verificare col proprio forno quale sia l'esatta tempistica.
Farli raffreddare per bene.
Una teglia di sciù richiede pressappoco un litro scarso di crema, pasticcera e/o d'altro tipo.
Dopo due anni che non ne facevo ho deciso di strafare.
Ho preparato della crema pasticcera soda, nella dose da 250 ml di latte:
Crema pasticcera soda
250 ml latte
40 g farina
75 g zucchero
1 uovo intero
Stessa procedura della pasticcera solita: mescolare uova e zucchero, aggiungere la farina, stemperare col latte e far addensare a fuoco dolce.
Ho diviso in due questa crema e in una metà ho mescolato 50 g di cioccolato fondente, facendolo sciogliere per bene, quindi ho messo le creme a raffreddare in due recipienti coperti da pellicola per alimenti applicata a contatto della superficie della crema, per evitare così il formarsi della fastidiosa pellicina. Con questa dose di crema ho farcito 8 sciù: 4 bianchi e 4 al cioccolato.
Si può usare la saccapposcia con il beccuccio sottile o anche la siringa da pasticceria oppure, più brutalmente, tagliando la calotta dello sciù e riempiendolo a suon di cucchiaini colmi.
Per gli altri ho preparato qualcosa di diverso. Una cosa che mi ricordasse l'infanzia e cosa nuova.
La prima è una...
Diplomatica allo zabaione
Sì, lo so, da noi viene detta Chantilly, ma propriamente una crema mescolata a panna montata andrebbe chiamata Diplomatica. Che farci? Incombe sempre lo spirito della Maestrina dalla Penna Rossa...
Si procede come per il mirtiglione, con le seguenti dosi:
1 tuorlo
30 g zucchero
15 g farina
50 ml marsala dolce
Lavorare il tuorlo con lo zucchero, aggiungere la farina e poi, a poco a
poco, facendolo assorbire bene, il liquore. Cuocere a fuoco basso, meglio ancora a bagno maria, girando e rigirando sempre, sino a far addensare la crema, che potrà essere usata solo una volta fredda.
In 125 ml di panna da montare ho versato la crema ormai diaccia - come direbbe Mastro Artusi - e ho montato a spuma omogenea la Diplomatica.
Con questa dose ho farcito altri 4 sciù, avendo l'accortezza di mettere in ognuno dei bigné un'amarena sciroppata Fabbri (3).
Senza è solo metà del piacere.
Quand'era domenica mio padre tornava da lavoro - sì, l'edicola era aperta anche di domenica, magari anche solo per mezza giornata - portando un consueto pacchettino legato col filo di rafia.
Sapevo già cosa contenesse: un diplomatico per mamma, una pasta al liquore per lui, diversi sciù alla crema e al cioccolato e lui: lo sciù allo Zabaione Chatilly. Con annessa amarena, ovvio.
Per altri 4 sciù ho preparato una Diplomatica con un altro tipo di liquore: alla lavanda.
Stesse dosi e stesso procedimento di quella allo zabaione, solo che al posto del marsala ho messo 40 ml di liquore alla lavanda.
Si può preparare lasciando in infusione un paio di giorni quattro cucchiai di fiori essiccati di lavanda in 200 ml di alcool e poi preparare uno sciroppo di 200 ml d'acqua e pari peso di zucchero.
Verrà un liquore molto, molto profumato, da usare quindi con molta attenzione.
Anche in questa ho messo l'amarena sciroppata Fabbri, che ci sta... un amore, appunto.
Per la copertura si possono decorare solo con una spolverata di zucchero a velo, oppure preparare una glassa all'acqua.
Si mescola dello zucchero a velo con poca acqua, versata poca per
volta e mescolando fino ad ottenere un composto denso, che potrà essere spalmato con
un cucchiaino sulla superficie dello sciù.
Questo tipo di glassa
ci mette qualche ora per asciugare, mentre se invece dell'acqua si
utilizza dell'albume, in un'oretta si avrà già la glassa asciutta.
Queste glasse possono essere profumate con aromi e colorare a piacere.
Se invece dell'acqua si usano un paio di cucchiai di Alchermes si otterrà una bella glassa rosa al sapor di cocciniglia. Ottima per gli sciù alla lavanda.
Quelli
ripieni al cioccolato possono essere spalmati con poco cioccolato
fondente fuso, che asciugandosi diventerà croccante, oppure con una
glassa all'acqua (o all'albume) in cui sia stato sciolto dello zucchero a
velo mescolato a un cucchiaino di cacao .
Far asciugare la glassa e poi... chiss’è visto s’è visto!!!
Aforisma francese del giorno
Le passioni sono i soli oratori che persuadono sempre. Sono come un'arte della natura le cui regole sono infallibili; il più semplice degli uomini che nutra una passione è più convincente del più eloquente che ne sia privo.
François de La Rochefoucauld
Oggi ascoltiamo
Florent Pagny - Châtelet les Halles
http://www.youtube.com/watch?v=i3gVto7j3LI
NOTE
1) A Napoli, dove la chanteuse è una sciantosa, il gateau diventa gattó, il sartou si fa sartó, lo choux è, appunto, lo sciù...
2) Italianizziamo anche questa no? Del resto abbiamo già il paltó (magari di color bordó... )
3) Non amo scrivere il mome preciso dei prodotti, mi sempra una piaggeria bella e buona e una pubblicità non retribuita. Ma quanno ce vo ce vo! Nessun altro prodotto del genere gli sta alla pari. L'amarena sciroppata è l'amarena Fabbri, non si scappa, le altre sono solo pallide e scialbe imitazioni. Non so se dipenda dalla varietà d'amarena o dalla particolare lavorazione. So solo che hanno un sapore indescrivibile: dolce e aspro al punto giusto. In una parola: sublimi.
oh lei Monsieur mi ha fatto sognare oggi
RispondiElimina(a parte quel terribile rosa finto della glassa)
Madame, ne sono lusingato oltre ogni dire.
RispondiEliminaMi permetta però di farle notare che il rosa non è finto ma tutto "au naturel": puro color di cocciniglia...
Ma se non gradisce le preparo una glassa "au framboise" da far gridare aiuto aiuto! Meglio, no?
P.S. Grazie, tesora...