Ci sono persone che non si sarebbero mai innamorate se non avessero mai sentito parlare dell'amore
François de La Rochefoucauld
Ecco, magari non è proprio così.
Le emozioni, si sa, sono subdole, ci prendono a tradimento partendo all'attacco dalla parte più profonda di noi stessi e fanno leva su concezioni, simpatie e aspirazioni di cui nemmeno sappiamo aver coscienza.
Cos'è che ci fa amare contro ogni ragionevolezza una persona, anche quella che se avessimo un rigurgito di orgogliosa e lucida razionalità, non riterremmo mai degna d'attenzione?
Lo capiamo, con la spietata freddezza di un avvocato, solo quando ci poniamo a una certa distanza dall'oggetto.
E infatti, come disse Oscar Wilde: L'amore non è cieco, è presbite: prova ne sia che comincia a scorgere i difetti man mano che s'allontana.
Proviamo i nostri sentimenti a dispetto di noi stessi, delle norme che ci hanno trasmesso i nostri genitori e la società e, soprattutto, la pragmatica opportunità di provarli e di viverli fino in fondo.
Ma, allora... è amore... - Detto in un sussurro, con lo sguardo perso nel vuoto e la mente illuminata da una luce che già l'offuscava.
Se lo chiamiamo così, in fondo, è anche per dargli vita, come le lettere scritte sulla fronte del golem.
Il nome delle cose ce ne fa avere coscienza, dà alla nostra innata sete di catalogazione e razionalizzazione una parvenza di senso. Perché, alla fine, il senso è solo quello che noi pensiamo delle cose del mondo e di noi stessi, la vernice di umanità con cui cerchiamo di ricoprire il caos che ci circonda.
Un caos ordinato e ben evoluto al mantenimento di sé, ma pur sempre disumano caos.
Da piccolo restavo affascinato a vedere immagini di questo tipo.
Le vedevo nei fari delle auto e nei lampioni dietro un vetro offuscato dal respiro, con la notte oltre; oppure nell'intermittenza delle luci degli addobbi delle feste, con gli occhi socchiusi nell'abbandono di un'artificiosa miopia; o anche, immerso nel buio di un cinema, in quegli sprazzi veloci come lampi globulari che sbucavano tra gli inutili spazi attorno a un film.
Non sapevo, non ho mai saputo finora, che in gergo fotografico tutto questo si chiama Bokeh, dalla parola giapponese boke (暈け o ボ), che significa "sfocatura" ma che, tecnicamente (parlando di obiettivi, che è quanto di più s'è diffuso nel mondo di giapponese, oltre il sushi, i manga e le kawasaki) è la resa dello sfuocato, quanto cioè un obiettivo riesce a valorizzare le parti non a fuoco e a dare, se voluto, un effetto gradevole a un'immagine.
Certo, lo stesso termine indica anche confusione mentale (soprattutto nell'età senile), ma parlando d'amore rimaniamo comunque in tema...
Che forza questi giapponesi: hanno una parola per tutto, anche per esprimere la richiesta d'amore incondizionato che pretende dall'amante un'eterna e indiscussa indulgenza, cioè Amae (甘え).
Se mi comporto da stupido infantile con te so di poter contare comunque nella tua comprensione, visto che tanto tu mi amaeru, e quindi mi perdonerai sempre e comunque. A prescindere.
Ecco, magari non distinguono (a parole, certo) tra verde e blu, ma per i più sfumati moti dell'anima non si fanno mancare niente.
Le parole ci aiutano a vedere da altre angolazione quello che si prova, ma è pur vero che ciò che si prova c'è e sta là, senza un nome, senza la dignità di un concetto che lo designi e gli dia l'importanza che merita.
Il nome di amore dà all'amore il diritto di sentirsi tale, di affrontare le difficoltà del mondo senza l'autocensura del timore e la sfiducia di sé.
Dire che questo è amore vuol dire non solo viverlo (magari anche di nascosto dagli occhi degli altri, per paura dell'incompresione o dell'ostilità) ma anche riconoscerlo, sapere che questa cosa definsce noi, appartiene alla lista dedlle cose che ci appartengono, che sono nostre e che abbiamo il diritto di vivere.
E per cui abbiamo il diritto, e anche il dovere, di lottare qualora ci venga negata la possibilità di viverle.
Oggi ascoltiamo
Ardecore - Come te posso amà
http://www.youtube.com/watch?v=yqcHE4ZUqAY
secondo me dare un nome alle cose, alle persone, ai sentimenti significa volerli condividere
RispondiEliminaSì, certo, una volta che si riconosce qualcosa in una parola la si vorrebbe scrivere su un cartellone 6x8, o "gridarlo a tutto il mondo"...
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