Me lo diceva sempre, la pora mamma: "Sei come tu padre, te: vai sempre 'n culo alla stagione!"
Non che fosse certo dedita al turpiloquio, anzi: certe parole le ho conosciute anche molto tardi rispetto agli altri ragazzini, anche se sono cresciuto in un tipico quartiere pasoliniano...
Ma andare in culo alla stagione vuol dire proprio fare le cose al contrario di come si fanno solitamente.
Che so: vestirsi leggeri anche se fuori l'aria frizza, mettersi gli scarponi pesanti col sole torrido (a posteriori non so se indosserei ancora gli anfibi d'estate. Anche no...) e, appunto, mangiare cose invernali col caldo estivo o gelide con la bora che soffia.
E mica per partito preso, per spirito di contraddizione o in preda a chissà quale ansia di rivolta bohémien, o anche perché ci si senta punk inside. Insomma, fighi e ribelli.
No. Certe cose si fanno proprio perché ci piace farle così, e quando ci va di farle.
Lapalissiano? Ma no...
Non è mica il conformismo ottuso che fa vestire pesante nonostante il clima solo perché è novembre; un po' come quei ridicoli coloni britannici settecenteschi che indossavano il pelliccione all'altro capo del globo solo perché, si sa, d'inverno ci si deve vestire così...
Ecco, è invece una sorta di festosa anarchia verso certe regole che sono soltanto consuetudine, e non fa mai male lasciare da parte certe regole, almeno qualche volta.
Adesso leccare un cono gelato a gennaio è la normalità, ma quando lo facevo io da ragazzo (girando anche come un disperato in cerca di gelaterie che fossero disposte ad assecondare la mia "follia") la gente per strada mi guardava un po' stranita.
I miei non erano degli anticonformisti figli dei fiori ma una coppia di borghesi piccoli-piccoli, per i quali l'ansia della possibile giustizia sociale non si sposava col culto di una personalità carismatica (non per niente avevano vissuto in pieno il disgraziato ventennio di dittatura fascita), e dove la religiosità spontanea e istintiva non s'accompagnava mai a un miope e bigotto clericalismo.
Insomma, non avevo certo i genitori di Camila Rasnovich (1) ma nemmeno una coppia di codini asserviti ai Grandi Dogmi, sia quelli intrisi di certezza sul trascendente sia quelli (anch'essi messianici) proiettati verso un avveniristico futuro migliore...
D'altra parte ce ne voleva per sorbire un bel brodo (magari di gallina) a metà luglio...
Per il mio Dandoletto era più che normale farsi allegre cucchiaiate di stracciatella e sudore anche nelle giornate più torride.
E io sarei forse da meno? Ci mancherebbe.
Forse è così anche perché odio il clima estivo con tutto me stesso, e magari la mia parte biologica sarmatica fa capolino ogni tanto e, assieme a quella di Muflonia, reclama un po' di spazio espressivo.
Ai geni, si sa, non si comanda. Non ancora, almeno.
Insomma, tutto nasce dalla curiosità di provare un po' di ricette con l'utilizzo della farina tostata, o torrefatta, che dir si voglia.
Si tratta di riscaldare un prodotto, la farina nel caso nostro ma il discorso vale anche nel caso del riso in un risotto, in un forno, in padella o nella salamandra.
Che, ovviamente non è questa:
Come piacerebbe al caro Leppagorre, ma piuttosto questa:
In questo modo la struttura di alcuni amidi si modifica e avviene la cosiddetta destrinizzazione, cioè la riduzione di grosse molecole dell'amido in altre più piccole (le "destrine", appunto) che sono per questo più attaccabili dagli enzimi digestivi, e quindi più digeribili.
Ecco perché per i bimbi si usa cucinare la farinata, ossia una pappa di farina tostata con brodo e verdura o frutta, adatta ai giovani stomacini che ancora non sono pronti all'assalto di cozze al gratin e canapé con Lardo di Colonnata.
Durante la tostatura avviene anche un altro fenomeno importante, anzi fondamentale per il sapore del cibo: la carammelizzazione, ossia la famigerata reazione di Maillard), la trasformazione strutturale di alcuni zuccheri e proteine che rende più appetibili i cibi (e quindi ci fa sbavare quando sentiamo della carne che sfrigola sulla brace) e rende la crosta del pane croccate e saporita.
È insomma un esaltazione del sapore dei cibi.
Proviamo ad assaggiare le nocciole au naturel, solo sgusciate, e quindi quelle tostate.
Una lampadina da 1000 lumen apparirà per incanto sulle nostre povere capocce dalla coccia marmorea.
"Ecco perché..." - Mormoreremo con un felice sorriso da beoti stampato sul viso.
D'altronde anche il caffè e il cacao hanno bisogno della tostatura, sia per la conservazione (visto che riscaldati a secco i semi perdono parte dell'umidità, e quindi la possibilità di ammuffirsi o irrancidirsi) che per esaltare tutto il loro caratteristico aroma.
Allora mi sono detto: "Ma perché aspettare i primi freddi per assaggiare questa zuppa?"
Già, perché?
Ecco quindi, a sfregio di ogni avversa condizione climatica, la
Zwibelbrennsuppe (Zuppa di cipolle e farina tostata)
Occorrono:
100 g farina;
300 g cipolle (bionde, bianche o rosse)
50 g burro;
1 litro di acqua, ca.
sale e pepe q.b.
Si taglia a fettine sottili la cipolla e la si fa appassire in un tegame col burro... a fuoco?... Bassissimissimo!... Bravi!
Quindi si può procedere in due modi:
*) Metodo roux: si fa sciogliere dell'altro burro in un tegame, si aggiunge la farina e la si fa cuocere fino a imbiondirla. È il procedimento base di ogni besciamella classica ed è l'unico modo di preparare una salsa che grazie alla destrinizzazione non resti sullo stomaco, come abbiamo visto.
*) Metodo altoatesino-sudtirolese: in una padella si fa tostare a fuoco medio la farina, girandola spesso per non farla bruciare, fin tanto che diventi di un bel colore beige e la cucina si riempia di un delizioso profumo di cereali seccati dal sole rovente...
Ho proceduto nel secondo metodo, visto che volevo vedere in azione proprio la tostatura della farina.
Quando la cipolla e la farina saranno pronte unire gli ingredienti in un tegame e stemperare la farina con del brodo (o anche con dell'acqua calda (2) a cui verrà unito del dado granulare, o anche solo del sale) fino ad ottenere una crema, che verrà fatta cuocere per una decina di minuti circa.
Se occorre si potrà aggiungere dell'altro brodo per regolare la zuppa della densità preferita.
Salare e pepare a piacimento.
Si può unire alla ricetta anche della pancetta affumicata, che verrà fatta cuocere assieme alle cipolle, o anche delle patate lessate e tagliate a dadini, e dei dadini di pane tostato, e...
Ah, ovviamente si possono eliminare le cipolle e ottenere una semplice Brennsuppe.
E anche qui, via con le patate lessate, col pane a dadini (o grattugiato, il Grammelbrot), dell'alloro, la pancetta e... e co l'accidente che te spacca, diremmo qui...
Dedico questo piatto a una persona scomparsa troppo presto: Alexander Langer, il viaggiatore leggero che si definiva "altoatesino-sudtirolese" proprio per ribadire la molteplicità della sua (e delle nostre) identità, specifica, speciale ma meticcia.
Identità aperte e
Una persona che ha cercato di far capire il valore della diversità etnica, dell'identità aperta, del dialogo e della coesione umana nel momento più brutto della nostra storia di Europei.
E che non ce l'ha fatta.
Detto altoatesino-sudtirolese del giorno
Jeder weiß am besten wo ihn der Schuh drückt
Ognuno sa dove stringe la propria scarpa
Oggi ascoltiamo
Youssur N'dour e Neneh Cherry - 7 seconds
http://www.youtube.com/watch?v=wqCpjFMvz-k
NOTE
1) Leggete la sua meravigliosa storia familiare nell'autobiografia :"Lo rifarei", Baldini Castoldi.
2) In un composto si fanno i grumi per via della differenza di temperatura: farina fredda e latte caldo, nel più classico dei casi. Qui la farina è ancora bella rovente e accetta il brodo caldo -tiepido senza fare una piega, anzi un grumo.
jawohl, tu, Riccardo, teddo suppe? e zup-pa sia! Cono gelato sotto la neve? Fatto! Pancotto, sempre a temperatura lavica, con la canicola ? Perfetto! No, scusa perché gli hommes bleus scendono dai cammelli nel deserto e si sgocciolano il mento di granita? No té, the, tea, shai, insomma quello alla menta. In veneto quella cosa buona che descrivi tu come roux, si chiama "el tacà" definizione probabilm preteflon, rivestim ceramici & co. Appunto la farina tostata si attacca un pochino e profuma, oh se profuma. Perfetta per le mille minestre della tradizione, come la pasta con i fagioli (rigorosamente di lamon-previo mutuo) e il minestrone milleverdure. Ma io che sono una cialtrona ho anche tostato " sa fregula" (conosci????) e anche il cous cous, stavo per scrivere " in purezza" come quelli che parlano bene. Ma non lo scrivo. L'ho scritto, arg! Molto, ma molto meglio. Davvero. Eh fidati, su! Almeno prova! lau
RispondiEliminaOh, meno male che Lau c'è! (senza l'assurda musichetta da jingle di rete privata, però, eh?...)
RispondiEliminaL'omini blu, oltre ad avere occhi incredibilmente profondi si vestono pure di scuro, alla faccia del Sahara. E bevono tè, caldo tè alla menta. Anzi, tiè. Becca e porta a casa. Anzi, in tenda.
"El tacà" è una droga da cui ho cercato di disintossicarmi a fatica, molta fatica, e come tutti i "lipidizzati" (dipendenti da grassi aggiunti d'origine vegetale e/o animale. Devoto-Oli 1993) devo moderarne l'uso o rischio di tornare a metterlo anche nel cappuccino (con annessi fagioli, ovviamente).
Guarda guarda... ho giusto la cotenna del Lardo di Colonnata che mi aspetta placido e sereno, certo di fare una bella fine assieme a tanti, tanti borlotti e... al tacà!
Se conosco la fregola??? Ma ti pare che un estimatore di "Muflonia" se la lasci scappare così, impunemente? Guarda un po' qui: http://muccardo.blogspot.it/2012/09/fregola-con-le-arselle-finalmente.html
Mannaggia la pupazza... Ho fameee!
sì, sì, lau c'è e grazie per il no-jingle! Il mio riferim a "sa fregula" era ironico. Ma con il caldo svapora anche la comunicazione. Vicino a casa a mi, c'è una botteguccia che vende solo prodotti sardi. Hanno bottarga e pani, vino, mirto, formaggi, qualche salume e tante paste. Fregola piccola, media e grande, più artigianali dei piombini della slunga e "lorighittas" ma quando mi ha chiesto SEI euro per 250 grammi per quegli anelli ovali intrecciati d'amore, ahò diciamo a mi "ma è pasta! a dodici euro al kg". Ho declinato. Si è un po' risentito. Ma glielo ho confermato. Con garbo, "grazie ma no". La spianatoia di legno, Indispensabile arredo della cucina di una sigle, c'è!!!!!!!!!!!!!!! Vedo se so farmela da sola. Oh, Riccardo, la "o" ha l'accento acuto, eh...lau-senza-musica(scema)
RispondiEliminaBe' mi sembri una tipina piena di risorse e di sicuro, anche se ti sentirò bestemmiare fin da qui, alla fine ti riusciranno fregole e lorighitte meglio di quelle del negozio.
RispondiEliminaPoi magari, per sfregio, gliene porti anche un po' per fargliele assaggiare.
Anzi, anche no: dopo tutta 'sta fatica fai invece un bel ragù e tanti saluti!
Ciauuu