mercoledì 7 maggio 2014

Mentirosa

È più grave sentire nella testa le voci di esseri soprannaturali o quando si ricevono mail da (gatto)demoni presumibilmente immaginari?
Sta meglio chi sente sussurrare parole di saggezza da un roveto ardente o chi discute tra sé e... boh! sull’uso del pecorino con le cozze?
Insomma, sto meglio io oppure quella svitata di Giovanna d’Arco?
C’è chi, sul filo della sua pazzia ha compiuto le peggiori nefandezze attribuendole alla volontà d’un fantomatico essere che gliele avrebbe suggerite all’orecchio.
Perché, occorre dirlo, la follia non è responsabile, ma vigliacca e subdola, e le voci di dentro hanno  sempre buon gioco, alla fine, con chi dà loro spago.
Gli altri, sì, son capaci di fare cose davvero strane. E pericolose, a volte.
Io, invece, al massimo posso mettermi a cucinare.
Magari cose astruse, non lo nego, ma pur sempre (finora) commestibili.
Sì, sono decisamente un pazzo innocuo, e la cosa mi rasserena, anche quando poso di nuovo gli occhi su quella mail, la leggo e la rileggo e non so se ridere o piangere.
Avere un demone analfabeta è stata la fortuna di tanti sciroccati del passato, più o meno remoto.
A un pastorello cosa avrebbe potuto suggerire il daimòs interiore? Al massimo di dar fuoco al covone di fieno del vicino.
Ogni cosa, insomma, aveva il suo ambito e il suo dominio.
Qui invece il mostro – sì, occorre che lo chiami tale. Anche se… – si allarga serenamente, prende possesso di spazi che prima non contemplava, e lentamente tende ad invadere la realtà, o quella che noi crediamo tale.
Philip K. Dick, che di disturbi della psiche se ne intendeva, scrisse che “la realtà è quella cosa che non passa anche quando smetti di crederci”.
Ora io rileggo la mail e non ci credo, ma lei c’è. Fa parte del mondo reale.
Colpa mia che gli ho insegnato a leggere e a scrivere?
Ho forse aperto il vaso di Pandora? Le cose “di là” hanno trovato una strada per insinuarsi nel nostro mondo, per seminare in esso i semi del caos e dell’entropia?
E allora pian piano in tutto il mondo circolerà Leppagorre.
Parlerà a chiunque, farà cucinare tutti, farà dilapidare intere fortune in guanciale e culatello.
Insomma, una catastrofe.
E infine, pian piano, “El mundo será Tlön” come scrisse, quasi per scherzo, Jorge Luis Borges (1)
In attesa dell’evento mi rileggo la lettera, prendo mano agli attrezzi – di cucina, ovviamente – e inizio a impastare, mescolare e cuocere.
Metti che Tlön mi trovi impreparato…

Da:leppagorre@tiscali.it 
A:  muccardo@tiscali.it
Provenienza del messaggio: Mosca (L'indicazione della città è approssimativa)
Oggetto: Tanti saluti da me!
Caro Ri  - così mi chiama Leppagorre, tra me e me, e così riporto, testualmente - 

finalimenti sto facendo la mia tanto sospirata vaccanza a la ricerca di statue o monumenti rafigurosi di gatti. (2)
Sono in Russia, e lo so che rosichi ma come ben sai, noi gattodemoni abiamo le felicitazzioni pe viagiare. Eh, eh.
Ai visto come ò imparato a scrivere bene?
Non ti lamentare poi, che no ti aiutto a ricopiare li appunti di cucina.
Sto assieme a Behemoth, che il posto lo connosce bene, ma mi sa che mi frega perche mi sono spariti già ciento rubbli e un cotecchino che m'ero portato per fare merenda.
No so sicuro che è stato lui, e no lo posso acusare, ma ride sempre, cosa che noi gattodemoni faciamo spesso quando mandiamo giu un cotecchino intero.
Ò gia visto il gatto di Kazan, col monumento a baldracchino con quello che Behemot dice che à fatto da modello.
(3) 
Dici che non li devo credere? Se dice le cose come gioca a carte sono fregatto.
Mi à racontato la storia della zarina che è venuta e non à visto sorci e perciò s'è fatta portare a Pietrobburgo una marea di gatti Kazani per magnà i topi di lassù.
(4)

Pare che qui i gatti sono molto bravi a caturà i topi.
Ti ò fato un regalo e te lo facio gia vede: una stampa con il gatto Kazano e su scritta una cosa che quando Behemoth mela letta abbiamo riso due ore filatte: "Gatto di Kazan, mente d'Astracane e ragione di Siberia, visse dolcemente, mangiò dolcemente e dolcemente schiureggiò."
(5)


Pare che era una presa in giro dello zaro... (6)
Non è carino?
Quando poi li ò detto che tu cantavi sempre una canzoncina che faceva "Maramao perché sei morto" che era riferrita a Musolino abiamo riso ancora di piu.
Siamo stati pure a Kiev, dove c'è molta molta confussione ma che Behemoth giura d'avere visto in tempi pegiori.
Si vanta che è pieno di statue di lui
(7), ma secondo me è un altro trucco per stuppirmi.
Poi siamo andati alla Scar-Ola
(8) dove cè una statua di gatto seduto in panchina. (9)
Mi ci sono messo vicino e la gente mi stroffinnava il muso, facendomi stranutire.
Ci siamo rubati due barili de aringghe in salamoia che ci ha fatto dormire per due ore come li pitoni.
Ti mando una riceta di dolce, che poi magari la provi e vedi se ti piace e anzi ti dico subito che mi ci piace la menta quindi vedi un potté.
Adeso vado a conosce Beghemoth vero, anzi no quelo vero ma quelo del museo che lo chiamano così e ci si fanno le foto tutti.
(10)

A pesto
Leppagorre

P.S.  Cuando Beghemoth vero à visto Beghemoth l’amico mio ha fatto un salto così alto e è scapato via. Li cadevano li peli a cioche. Poverello.


La ricetta mandatami da Leppagorre non è poi così originale, ma si capisce: è così preso dalla sua vacanza...
Si tratta di una torta dove l'impasto è formato da una pasta biscotto che viene cotta a strati sottili e poi farcita di creme e glassata a piacere.
Nell'Europa dell'Est questo tipo di torte è molto diffuso, basti pensare alla famosa torta Dobos, ungherese ma ormai universale.
Questa invece è ispirata alla "Дамский каприз", ovvero Capriccio di dama, una vera golosità al cioccolato.
A me però serviva solo l'idea per farcirla alla maniera della Torta Calla, tanto per restare sul dietetico.
E alla menta, come ha suggerito - e preteso - il mio demoniaccio.
E visto che ogni demone è mentiore, potrei chiamarla:

Mentirosa
Per la pasta biscotto
2          uova
210 g    zucchero
50 g      burro (o 40 g di olio di semi)
2 cucchiaini di lievito
2 cucchiai di miele
2-3 cucchiai di cacao
farina q.b.
Si miscelano in una bastardella - Come direbbe Alessandro Fullin: "un recipiente per sbattere gli albumi o un'amica poco fidata" - posta a bagno maria tutti gli ingredienti tranne la farina e il cacao.
Si lavora con la frusta per amalgamare bene il tutto almeno per 5 minuti, e quando il composto darà gonfio e spumoso si aggiunge il cacao, incorporandolo bene.
Si toglie quindi dal fuoco e si inizia a versare la farina - ce ne vorranno almeno 3-400 g ca. - lavorando con un cucchiaio fin quando l'impasto sarà abbastanza sodo da poter essere scatafrombolato sulla spianatoia e steso con il matterello ad un'altezza di 2-3 millimetri.


Con questa sfoglia formare un rettangolo di pasta o dei dischi, a seconda del dolce che si vorrà comporre.
Nel mio caso ho ricavato 12 dischi da 14 cm più alcuni biscottini che, farciti con la meringa italiana, hanno costituito un ottimo genere di conforto.
Di dischi ne usati solo 8, ma le dosi del biscotto sono molto indicative, visto che la ricetta nasce per una torta rettangolare.
Per una torta di 20 cm di diametro dovrebbe comunque bastare.


Mettere sulle teglie rivestite di carta forno i dischi di pasta e cuocere a 180° per circa 5 minuti.
Ogni forno fa storia a sé, e infatti occorre stare attenti perché in cottura l'impasto inizia a gonfiarsi leggermente, poi cuoce rimamendo morbido, e quindi inizia ad asciugare... e troppo, biscottandosi.
Fare quindi una prova con un solo disco di pasta per capire quale tempistica seguire con il proprio forno.
Una volta raffreddato il disco deve essere cedevole, né troppo morbido né troppo biscottato.
Far raffreddare su una gratella i dischi e procedere alla preparazione della farcia.

Farcia
250 g       mascarpone
250 ml      panna
80 ml ca.  sciroppo di menta
50 g ca.    gocce di cioccolato
Iniziare a montare la panna insieme al mascarpone.
Appena inizia a prendere consistenza aggiungere, poco alla volta, lo sciroppo di menta.
La quantità richiesta di sciroppo è indicativa poiché dipende dal produttore.
Possono esserne sufficienti solo 50 ml o arrivare a 100 ml.
Nel dubbio, terribile ma solubile, assaggiare.
Indi farcire.
Si parte da un disco base che si spennella con poco sciroppo di acqua e zucchero, quindi  si spalma una generosa bicucchiaiata di farcia, si tempesta di gocce di cioccolato e si procede col disco seguente fino all'ultimo, che andrà anch'esso farcito.
Spalmare la farcia anche sui bordi in modo omogeneo, aiutandosi con una spatola.
Mettere in frigo e preparare la decorazione.
Sono sufficienti 150 g ca. di cioccolato fondente.
Ritagliare un foglio d'acetato lunghi quanto la circonferenza dei dischi di biscotto, quindi spennellarlo con del cioccloato fuso a bagnomaria.
Far rapprendere un minuto in frigo, quindi passare un secondo strato di cioccolato.
Circondare la torta con l'abbraccio cioccolatoso e far rapprendere in frigo.
Togliere con delicatezza il foglio d'acetato attorno alla torta.
In superficie basterà aggiungere dei trucioli di cioccolato: grattugia a denti larghi e via.

Una delizia.
Reale, questa sì.


Detto romano del giorno
Er savio se vince co' la raggione e er matto cor bastone.

Oggi ascoltiamo
Queen - I'm Going Slightly Mad
https://www.youtube.com/watch?v=Od6hY_50Dh0

NOTE
1) Nel racconto "Tlön, Uqbar, Orbis Tertius", dalla raccolta “Finzioni”, il capolavoro di Borges.
2) Non lo sapevo ma il mondo è pieno di statue di gatti, soprattutto in Russia. E nelle fogge più insolite, poi:

Questa è sulla facciata d'un teatro a Nižnij Novgorod, tra Mosca e Kazan'. Una divertente galleria è qui.
3) Sulla centralissima via Bauman, è stato costruito nel 2009 dallo scultore Igor Bašmakov.

Qui in fase d'opera.
4) La storia risale ai tempi di Pietro il Grande, che si mangiò le mani quando s'accorse che antiche mappe e preziosi dipinti della sua collezione erano stati rosicchiati dai topi. Poi notò che grazie al micetto olandese regalato alla figlia Elisabetta non v'era più anima viva di roditore nei paraggi, e così San Pietroburgo iniziò a popolarsi di gatti, specialmente quelli provenienti dalla regione di Kazan', dove la zarina Caterina II aveva notato la totale assenza di roditori. C'è da dire, però, che la zarina non s'era accorta di ben altri particolari, come i fondali dipinti in stile Cinecittà che da lontano raffiguravano prosperi villaggi  ma nascondevano in realtà le miserie del suo regno.
I "gatti dell´Hermitage" sono dei veri e propri “Guardiani delle Pinacoteche”, status concesso loro da Caterina con tanto di diploma. Ognuno di loro possiede un passaporto elettronico, ossia un chip sottocutaneo come lasciapassare per il museo di San Pietroburgo.
A sovrintendere al loro benessere c´è addirittura una “vicedirettore del servizio di sicurezza” come è pomposamente definita la signora Tatjana Nikolaevna Danilova.
I gatti sono amati, nutriti, coccolati, e curati quando si ammalano. I dipendenti del museo li conoscono ognuno per nome, scelto con accuratezza per rispecchiarne il carattere.
I gatti dell’Ermitage sono sopravvissuti alla Rivoluzione d’Ottobre e hanno continuato il loro lavoro anche durante l’epoca sovietica. Non resistettero tuttavia all’assedio di Leningrado, tra il 1941 e il 1945, quando la popolazione affamata li  mangiò tutti. E quindi la città fu invasa dai topi. Ma appena concluso l’assedio, a Leningrado arrivarono dalle regioni centrali della Russia due interi vagoni carichi di gatti, che costituirono il nucleo centrale di un nuovo squadrone di cacciatori di topi.
Il numero dei gatti non ha smesso di aumentare fino a raggiungere nella seconda metà degli anni Sessanta un livello senza precedenti. I felini a quel punto avevano invaso tutti i sotterranei, le stanze e i corridoi del museo e l’amministrazione del museo ricevette l’ordine di sbarazzarsene, cosa che fece. Ma qualche anno dopo, le guardie con la coda hanno dovuto essere richiamate, perché nella sua lotta per la tutela delle preziose opere il museo non poteva fare a meno di loro.
(Notizie tratte da qui e qui).
5) «Кот казанский, ум астраханский, разум сибирский. Славно жил, сладко ел, сладко... бздел».
6) Proprio lui, Pietro il Grande, con i suoi baffi diritti e gli occhi sporgenti. Almeno pare.
7) Non bisogna credere in tutto quello che dice un gattodemone. Se poi è Behemoth, allora...
Comunque la sua statua c'è, un po' bruttina a dire il vero, sulla parete del museo "Casa di Bulgakov" ucraina, sull'Alexandrovsky spusk.


Questa, invece, in piazza Zolotovorotsky, non è dedicata a Behemoth, checcé ne dica lui:


Si tratta invece di Pantjuška, il persiano grigio di Margarita Sičkar, proprietaria del ristorante "Pantagruel". Il gattone era davvero molto popolare perché s'aggirava continuamente per i tavoli come un cameriere premuroso (o come un gatto subdolo, direbbero alcuni...). In ogni caso i clienti l'amavano molto, tanto che quando nel 1998 il gatto morì in seguito a un incendio scoppiato nel ristorante, venne subito raccolto il denaro sufficiente per fare una statua di bronzo in suo onore, proprio davanti al locale.
8) Joškar-Ola, capitale della Repubblica Federativa Russa di Mari-El.
9) Donato alla città dall'imprenditore Sergej Jandubaev. Costruito da un'idea di El Leonid Markelov, pesa 150 kg. È diventato subito un'attrazione cittadina, tanto che gli studenti della Facoltà di Giurisprudenza hanno già diffuso la credenza che strofinare il muso del gatto prima d'un esame porti fortuna.


10) Al museo Bulgakov, sulla Sadovaja, proprio al famigerato numero 50, dove nel romanzo "Il Maestro e Margherita" succede davvero di tutto, compreso il ballo di Satana.
Questa fu in realtà una delle case di Bulgakov, e per anni è stata meta di pellegrinaggi da parte degli appassionati del romanzo, tanto che le autorità si sforzavano di imbiancare i muri dell'androne e del pianerottolo ricoperti ogni volta da scritte, poesie, disegni e graffiti vari.
La chiesa ortodossa vi organizzò addirittura una processione per cercare di benedire la zona, a suo dire maledetta dal demonio...
Oggi è un museo in nome dello scrittore e ovvio che come mascotte non poteva mancare un gattone nero.
Il nome? Ma Behemoth, no? Che domande!


Il gattone pare molto a suo agio nel ruolo di guardiano-mascotte...
E come tutti i gatti, consapevole della sua superiorità, fa anche il vanitoso...

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